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Pluralismo dell’informazione, garanzia di democrazia

Pierluigi Ermini il . Informazione

Speciale editoria

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L’art. 14 della manovra finanziaria prevede un notevole taglio ai fondi per l’editoria.

Tra i quotidiani più colpiti ci saranno testate come Il Manifesto, Libero, Avvenire e la mitica e storica Radio Radicale (una radio che in diretta dà voce da sempre alle opinioni politiche, racconta le sedute parlamentari, ci ha reso partecipi dei grandi processi che si sono svolti in questi anni in Italia).

Giornali e mezzi di comunicazione molto diversi per le idee politiche espresse, che garantiscono, proprio per la loro diversità, il pluralismo dell’informazione.

E da qui si deve partire, dal sostegno al pluralismo dell’informazione, per capire quanto sta accadendo e le ripercussioni, in materia di libertà e di garanzia dei diritti, che questo provvedimento potrà portare.

Per capire bene il senso di quanto il governo ha proposto e il Parlamento votato, è necessario spiegare che l’attuale sistema di sostegno al pluralismo dell’informazione è il frutto di un lungo percorso che ha portato alla legge n. 198 del 2016.

Questa legge ha ridefinito la platea dei beneficiari del sostegno pubblico, prevedendo quale condizione necessaria l’esercizio esclusivo, in ambito commerciale, di un’attività informativa autonoma e indipendente.

Queste aziende devono essere cooperative giornalistiche o enti senza fini di lucro, comprendendo le imprese editrici il cui capitale sia interamente detenuto da tali enti no profit.

Vengono esclusi esplicitamente dai finanziamenti gli organi di partito, i periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico, i gruppi editoriali quotati in borsa.

Vengono mantenuti i contributi per i quotidiani e i periodici delle minoranze linguistiche, per i periodici destinati a non vedenti e ipovedenti, per le associazioni dei consumatori e per i quotidiani e i periodici italiani editi e diffusi all’estero

Dunque una legge che nasce per garantire il pluralismo dell’informazione sulla base di quanto disposto dall’art. 21 della Costituzione sulla libertà di stampa.

Appare chiaro a tutti che uno stato democratico si basa sulla libertà di stampa e sulla libertà di espressione.

Non è un caso che tutte le forme di regime tendono a colpire proprio questa libertà (ricordiamo il fascismo in Italia, o più di recente quanto accade in Turchia o in Russia), perchè spinge il cittadino a pensare, interrogarsi, approfondire, conoscere.

Appare oltremodo chiaro, pensando alle testate maggiormente colpite, che niente hanno tra di loro in comune, se non quella di esprimere idee e opinioni, che proprio il pluralismo dell’informazione viene toccato da questo provvedimento, intaccando in qualche modo quella che è una garanzia costituzionale di cui lo stato (il governo e il parlamento in primo luogo) deve farsi invece garante.

E non è certo un caso che sia proprio il Movimento 5 Stelle il maggior sostenitore di questo provvedimento, dato che da sempre vede nel giornalismo uno dei suoi maggiori nemici, ipotizzando solo nella rete la possibilità di una libera informazione ( e di un notevole ritorno economico a favore della Casaleggio Associati).

Ci sono tanti modi per rendere più vulnerabile e meno democratico un paese e mettere a rischio o limitare voci come Il Manifesto, Libero, Avvenire e Radio Radicale è un modo di rendere meno libero un popolo.

Anche così, senza rendersene conto, si limitano e si perdono diritti e si rendono le persone sempre più sudditi e sempre meno cittadini.

Antonio Megalizzi, il giovane che amava il giornalismo e l’Europa

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