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Cupola siciliana 2.0

Rino Giacalone il . Mafie

news_img1_103295_mafia-video-intercettazioniIl volto della nuova mafia palermitana è invecchiato, ma non meno pericoloso. Sebbene certe regole nel tempo sono state tradite dai collaboratori di giustizia, Cosa nostra palermitana non le ha modificate. Sono questi due risvolti del blitz dei carabinieri “Cupola 2.0”, che ha smantellato l’appena ricostituita cupola mafiosa della provincia di Palermo. A capo c’era un gioielliere, Settimo Mineo, ottantenne. Le intercettazioni poi hanno svelato la solita mafia, delle regole ancestrali però applicate in chiave moderna. La data è certa: è quella del 29 maggio 2018 quando dopo 25 anni torna a riunirsi la commissione provinciale di Cosa nostra. L’ultima volta non era riuscita a riunirsi, era il 15 gennaio 1993, quando i carabinieri catturarono Totò Riina che stava per andare a quella riunione che così non si svolse. Lui dal carcere e dal 41 bis è però rimasto il capo e nessuno dentro Cosa nostra palermitana pensò mai a sostituirlo. Decisione invece presa dopo la sua morte. Settimo Mineo è l’uomo chiave del dopo Riina, affiancato da Gregorio Di Giovanni, Francesco Colletti e Filippo Bisconti, i vari capi mandamento della provincia palermitana, Pagliarelli, Porta Nuova, Villabate e Misilmeri. “Cado dalle nuvole” disse al giudice Falcone l’allora non anziano Mineo, arrestato dopo le rivelazioni di Masino Buscetta. Mineo era un grande nemico di Stefano Bontade, il principe di Villagrazia, ed era scampato all’agguato che costò al vita ai fratelli Giuseppe e Antonino. Poi nel 2006, il boss finì in carcere assieme al suo padrino, Nino Rotolo, nei giorni del blitz Gotha, dove furono catturati gli uomini più vicini al “fantasma di Corleone” Bernardo Provenzano. Mineo diventa capo della cupola provinciale con tanto di curriculum mafioso, per decenni è stato l’ufficiale, mafioso, di collegamento, una sorta di ambasciatore, tra le diverse cosche, da quelle di corso dei Mille a Palermo sino a Partanna Mondello. Era lui ad occuparsi di tanti affari, appalti compresi, ma anche racket, droga, scommesse. Era anche il boss che dialogava con Cosa nostra americana. Voleva andare negli Usa di recente, ma gli è stato negato il visto. «Sembra di rileggere i verbali di Tommaso Buscetta sulla struttura e le regole di Cosa nostra» ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. L’operazione «Cupola 2.0» condotta dalla Dda di Palermo e dai Carabinieri, agevolati da una fantastica intercettazione: hanno potuto ascoltare Francesco Colletti, capo mandamento di Villabate raccontare al suo autista per filo e per segno quella riunione durante la quale fu rimessa in piedi la commissione provinciale. «È una bella cosa questa… molto seria… con bella gente! Gente di paese… vecchi… di ovunque… Un bel discorso… la regola! Si è parlato solo di regole oggi». «Il capo mandamento è uno… d’ora in poi non ci dobbiamo vedere… se c’è qualche cosa… capo mandamento e capo mandamento!»… «Nessuno è autorizzato a poter parlare dentro la casa degli altri… siccome c’è un referente… Si decide là… se uno non vuole accettare si assume le conseguenze totali…». La nuova commissione si era data anche un decalogo, messo per iscritto. Una delle regole Cosa nostra la applica da sempre: «La prima di tutte c’è scritto che non ne puoi avere ingazzamenti (relazioni extraconiugali ndr), proprio è chiaro…». «Un miscuglio di modernità e arcaicità», ha chiosato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. Non c’è Matteo Messina Denaro in questa operazione. Il boss mafioso di Castelvetrano, 56 anni, 25 dei quali trascorsi in latitanza, cominciata nel giugno del 1993, sembra restare lontano dagli affari palermitani. Lui dei palermitani ha sempre diffidato, tanto che nei pizzini inviati a boss di Palermo più volte ha scritto che di certe cose dovevano essere loro, i palermitani, ad occuparsene. Probabilmente è scelta ponderata, se si fosse interessato a quella cupola forse anche lui sarebbe già finito arrestato. Mossa di sopravvivenza insomma. Matteo non c’è, ma i palermitani sono stati ascoltati a parlare di lui. Con un cugino di Matteo Messina Denaro, rimasto non identificato, alcuni degli indagati erano pronti a organizzare un mercato per la pesca dei ricci e la vendita delle uova sulle coste dell’Adriatico. Ne parlavano Guido e Marco Oddo

GUIDO: … allora ci sono duemila, duemila, duemilasettecentotrentuno isole, tra atolli e isole, una più bella dell’altra, mare pulito, vegetazione ancora intonsa … i ricci, quando vengono i turisti se li prendono dalla riva e se li metto verso là, mentre qua so che si vanno scannando …

MARCO: … inc…

GUIDO: io questo business, io voglio fare questo business, io ho una flottiglia di pescherecci là, un amico mio… mi andava cercando di fare qualche business e gli ho detto che devi fare… io adesso qui mi sono un po’ erudito sul… c’era questo marinaio, questo Marrono, il cugino di Messina Denaro, mi ha detto Guido fai un bicchiere di questo…

MARCO: dieci euro sono

GUIDO: eh?

MARCO: dieci euro sono

GUIDO: anche di più.

A leggere le pagine del fermo del blitz “Cupola 2.0” poi si ha conferma di una scelta di vita da tempo presa dal boss latitante, e cioè quella di stare il meno possibile nascosto nella sua terra. Una confidenza arrivata a Guido Oddo da parte di un cugino del boss, Giovanni Filardo, durante un periodo di comune detenzione.

GUIDO: io dall’altra parte ero assieme con suo cugino (probabilmente FILARDO Giovanni ), mi ha detto è inutile che lo cercano…che non c’è qua! Però, sai, è uno dei pochi superstiti rimasti per cuiqua c’è la sorella (MESSINA Denaro Anna Patrizia ndr.) , qua al femminile

MARCO: la sorella

GUIDO: ci vediamo al teatro, quando andiamo al teatro la vediamo, ci conosciamo perché mi ero visto con suo cugino … io a MESSINA DENARO (Francesco ndr) l’ho visto nel… l’ho visto per un discorso che avevamo prima che si buttasse latitante nel novanta, nel millenovecento novanta

MARCO: trent’anni fa

GUIDO: eh?

MARCO: trent’anni fa

GUIDO: e l’ho visto che era alla “Marinella” cioè praticamente vicino Sferracavallo. Ci siamo visti là per un discorso. C’era immischiato suo figlio (Matteo ndr) … poi non l’ho visto più…

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