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Mafia Capitale, parlano gli avvocati di Libera

a cura di Donatella D'Acapito il . Mafie

(Vincenzo Livieri - LaPresse)

(Vincenzo Livieri – LaPresse)

Pene ridotte ma accusa di mafia. Il processo d’appello a quello che è stato definito il “Mondo di Mezzo” che ha attanagliato la Capitale ha riconosciuto la natura mafiosa del sodalizio che aveva in Massimo Carminati e Salvatore Buzzi i propri uomini chiave. In attesa di leggere le motivazioni, abbiamo chiesto agli avvocati Vincenza Rando e Giulio Vasaturo, che hanno rappresentato Libera nel processo sia in primo che in secondo grado, alcune delucidazioni sulla sentenza.

D. Prima di commentare la sentenza d’appello, vorrei che raccontasse come ha vissuto e quale è stata la sua reazione davanti alla sentenza di primo grado.
R. Abbiamo profondo rispetto per ogni decisione dell’autorità giudiziaria, anche quando non condivisa. Alla lettura del dispositivo della pronuncia di primo grado, ciha colpito in particolare la reazione di taluni difensori degli imputati che hanno festeggiato, in maniera plateale, la pesantissima condanna inferta ai loro assistiti, solo perché si escludeva la matrice mafiosa delle varie attività criminali. In quel momento abbiamo compreso come l’intero processo sia stato percepito, da alcuni, in un’ottica distorta e fuorviante.

D. La sentenza di secondo grado ha ribaltato quello che era l’aspetto più sensibile del processo nato dall’inchiesta “Mondo di Mezzo”, stabilendo la natura mafiosa del sodalizio che ha inquinato l’amministrazione capitolina. Che significato (e ricadute) ha la pronuncia della Terza Sezione della Corte d’Appello? Quali conseguenze potrà avere su procedimenti che vedono coinvolte nuove associazioni a delinquere su territori non storicamente mafiosi?
R. Dobbiamo attendere le motivazioni della sentenza per comprendere in pieno il ragionamento logico e giuridico della Corte di Appello. Si può intuire, tuttavia, come nella decisione di secondo grado siano state opportunamente recepite alcune indicazioni della Cassazione che ha delineato, di recente, il profilo giuridico delle “nuove mafie”, invocando l’applicazione dell’art. 416bis anche in relazione a gruppi criminali limitati nel numero degli aderenti e nel loro radicamento territoriale ma tutti caratterizzati da una concreta forza di intimidazione e da una rilevante capacità di assoggettamento. Siamo convinti che questo orientamento giurisprudenziale sia destinato a trovare, anche in futuro, ulteriori riscontri da parte dei Tribunali che saranno chiamati a giudicare le mafie autoctone e delocalizzate che vanno purtroppo consolidandosi nel centro-nord Italia.

D.Ha destato stupore che alcune pene, rispetto alla sentenza di primo grado, siano state ridotte. Su tutte, quella comminata a Massimo Carminati. Può spiegarci – in attesa di leggere le motivazioni – perché si è arrivati a questo?
La Corte di Appello, discostandosi dalla pronuncia di primo grado, ha concesso a molti imputati le attenuanti generiche ed ha escluso, con riferimento alla posizione del Carminati, alcuni cosiddetti reati-fine, vale a dire ha assolto l’imputato per singoli episodi delittuosi. Questo ha comportato una diminuzione della pena complessiva che, tuttavia, rimane assolutamente proporzionale all’estrema gravità delle condotte poste in essere dal sodalizio mafioso.
D. L’avvocato di Carminati, Giosuè Naso, è passato dal dichiarare che c’era uno sconfitto, in primo grado, ovvero il procuratore Giuseppe Pignatone, a dire che “Evidentemente è successo qualcosa di stravagante. Ormai il processo penale è diventato uno strumento di tutela sociale, attraverso il processo penale la magistratura si arroga un compito che non le compete di moralizzare la società”. Come commenta queste dichiarazioni?
R. Ci sentiamo di ribadire la massima stima nei confronti del Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone che ha coordinato un lavoro investigativo straordinariamente efficace e meritorio. A lui va anche la nostra solidarietà per gli attacchi gratuiti e smodati che gli sono stati rivolti anche dall’aula del processo “Mafia Capitale”. Detto questo, preferiamo non commentare le dichiarazioni del difensore dell’imputato Carminati.

D. Quanto, secondo Lei, il mondo amministrativo e politico – soprattutto in una realtà come quella romana – è abituata a vedere la corruzione non come una alterazione del sistema o, come in questo caso, una spia di mafiosità, ma come uno dei tanti tasselli dell’iter burocratico o decisionale?
R. Effettivamente il tema del rapporto fra mafia e corruzione meriterebbe un più ampio approfondimento, anche in ambito accademico ed istituzionale. Sono i due volti di una stessa inquietante medaglia e rimangono la causa principale dei mali che precludono la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. Le ultime vicende giudiziarie confermano come permanga ancora una assuefazione diffusa alla corruzione, di cui non sempre si percepisce la reale portata criminale. Le mafie hanno compreso meglio di chiunque altro che la via più agevole per scalare dall’interno le Pubbliche Amministrazioni passa proprio attraverso la corruzione. I gruppi criminali ricorrono alle tangenti come ad una sorta di investimento, utile a riciclare con profitto i propri proventi illeciti. Certe intercettazioni ambientali e telefoniche degli esponenti di “Mafia Capitale” sono straordinariamente emblematiche in tal senso. La teoria del “mondo di mezzo”, in cui tutto si incontra attorno al tavolo dei grandi appalti pubblici, rivela il volto vero delle nuove mafie.
D. Cosa ha significato per Libera costituirsi parte civile in questo processo e, infine, cosa ha significato la sentenza d’Appello?
R. La scelta di costituirsi parte civile nel processo “Mafia Capitale”, così come in tanti altri processi contro le nuove e vecchie mafie, è coerente con l’impegno quotidiano per l’affermazione della legalità che da sempre caratterizza Libera. Il processo penale è, in fondo, l’espressione più alta di affermazione della giustizia e legalità. E’ bello vedere in aula gli studenti che, al termine dei percorsi di formazione condotti da Libera nei vari istituti scolastici, assistono alle udienze, esprimendo con la loro attenta presenza un sostegno tangibile a quei giudici che mettono a repentaglio le loro vite, per affrancare intere comunità dal giogo delle mafie. L’ufficio legale di Libera costituisce oramai un punto di riferimento, di elevata qualificazione professionale e di straordinaria umanità, che si pone al servizio delle vittime, dei testimoni di giustizia e dell’intera società civile responsabile, per dare voce anche nelle aule giudiziarie a coloro che non si piegano di fronte alle mafie.

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