Peccato mortale
Nel passato del commissario De Luca c’è una macchia indelebile, qualcosa che lo ha reso ricattabile.
In Peccato mortale, Carlo Lucarelli salda il conto in sospeso che aveva con i lettori e con il suo amatissimo personaggio, raccontando cosa accadde tra il 25 luglio e l’8 settembre del 1943.
Sono giorni strani, in cui l’Italia si sveglia senza il fascismo, festeggia l’armistizio e poi si ritrova le svastiche dei tedeschi in casa. In quel caos De Luca deve indagare sul ritrovamento accidentale di un corpo senza testa. Un caso che all’inizio sembra semplice ma che in un attimo diventa complicato perché si allarga e assume risvolti politici molto pericolosi.
A cosa serve dare la caccia a un assassino in un mondo di assassini? La risposta del protagonista è sempre la stessa: «Non è una domanda che devo pormi io. Io sono un poliziotto». Ma basta questa risposta in un periodo storico così complesso? È sufficiente nascondersi dietro ai doveri del ruolo e non fare i conti con la propria coscienza?
Alcune risposte le offre proprio Lucarelli, in un appassionato articolo per «L’Espresso». Secondo l’autore oggi De Luca non avrebbe scuse, «perché ci sono momenti, credo, in cui dire “sono un tecnico, è il mio mestiere, ho fatto solo il mio dovere, che c’entro io”, ecco, forse non basta, e infatti a volte non è bastato ad evitare di finire contro un muro, in prigione o al limite sul giornale».
Carlo Lucarelli
Peccato mortale
Einaudi, Torino 2018
pagg. 256, € 17,50
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