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Appunti di viaggio

Giulia Mencarelli* il . Sicilia

libera Trappeto-2Avevo un sogno.
“Avevo” perché oggi una parte l’ho realizzata.
Era la ricerca, l’analisi dettagliata di queste Terre,
di capire da vicino le Storie attraverso gli sguardi delle persone.
Mi son fermata a parlare con due signore anziane di Partanna
e non solo le loro parole,
ma anche e soprattutto i loro occhi
mi mandavano segnali.
Desiderose di Segnali,
segnali di Bellezza.

Le vedevo così naturalmente stanche,
la stanchezza di vivere ancora una volta di etichette.
Esigenti di un riscatto.
Alla loro età che riscatto vorranno mai?
Potremmo semplicemente chiederci.
Lo vogliono per i loro figli, nipoti
e generazioni future che attraverseranno queste strade.

Dopo una breve chiacchierata sulla mia provenienza,
arrivo alla domanda che loro avevano cercato sin dall’inizio di evitare.
“La conoscete la storia di Rita?”
Vedo.
È inevitabile.
Troppo forte il cambiamento sul loro volto.
“Sì, una storiaccia.”
Niente di più, niente di meno.
La Mafia ha ucciso anche loro due. Ha reso debole, fragilissimo il loro sorriso.
Si riprendono quasi velocemente, spostando l’attenzione sulle principali attrazioni
del luogo. Spiagge, santuari e monumenti in particolare prendono il posto delle crude parole che cercavo di portare avanti.

Ci riprovo con Cinisi.
“Sapete questa sera andiamo alla pizzeria Impastato”.
E anche lì prendono il monopolio del discorso.
“Bellissimi posti”.
Non insisto.
Capto, con un’energia fortissima, quasi innaturale,
la loro salvezza nei miei occhi,
una parola di conforto nei miei gesti,
in particolare nella bandiera che porto.

Ed è qui che mi scontro con un qualcosa di forte, indescrivibile che non dimenticherò mai.
Quando si parlava di Rita, dalla signora più anziana, nascosta dietro a quella che prendeva, in qualche modo, posizione, sono uscite delle parole, dette sottovoce, ma subito taciute, respinte dall’altra.
E’ stato indefinibile assistere ad una scena del genere.
Una signora, seppur così anziana, con la voglia ancora di parlare,
perché è quello che è mancato in questa Terra.
Ovvero, si è parlato,
si è parlato,
per quella “montagna di Merda”,
si è parlato troppo.

Arriviamo al cimitero,
diventato ormai tappeto di colori
grazie alle nostre bandiere che il
vento della speranza non fa fermare.

In questo luogo sacro,
cara Rita,
non sei solo una lapide.
Sei una bandiera di Libera,
come quelle che oggi facciamo
vedere,
sentire,
ai tuoi compaesani.

Sei un fiore che emana ancora
tanta energia e profumo.

Sei il nostro esempio.

Il tuo viso,
Rita,
ci manda messaggi.
Il tuo viso,
Rita,
dà ancora fastidio.
Il tuo viso,
Rita,
ci fa sentire profumo di
Libertà.

Impossibile dimenticarti.

Perché non descrivere tutti e cinque i giorni a Trappeto?
Perché certe emozioni, sensazioni, storie ti si cuciono addosso in maniera troppo indelebile da essere trasmesse con le parole. Ho voluto concentrare tutto il mio bagaglio di informazioni e crescita in questo breve, ma intenso aneddoto.
Cara Sicilia, ti porterò sempre nel cuore.

*Laboratorio Giornalismo Civile, Trappeto (Pa) – Giovani di Libera

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