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Siamo tutti Federica, Paolo e gli altri. Oppure no?

Lorenzo Frigerio il . L'analisi

giornalisti-minacciatiNella settimana che ci siamo lasciati alle spalle, abbiamo vissuto alcune iniziative importanti in tutta Italia a sostegno dei giornalisti minacciati. Da Milano a Roma, da Bari per arrivare a Torino, dove l’Associazione Amici di Roberto Morrione ha organizzato un importante momento di riflessione sulla vicenda di Giulio Regeni, rilanciando la necessità della scorta mediatica a quanti sono impegnati in Italia e nel resto del mondo a dare corpo al diritto ad informare ed essere informati. Perché non c’è solo l’Italia, ma anche l’Egitto e la Turchia, tanto per citare due paesi a noi vicini, dove il tesserino di giornalista spesso è il biglietto di sola andata per le patrie galere o anche peggio.
Abbiamo assistito però anche ad uno stucchevole – per usare un eufemismo – comportamento di quel dirigente scolastico di Rosolini, che ha messo in discussione un dibattito degli studenti con il collega Paolo Borrometi, motivandolo con ragioni di sicurezza che sono sembrate invece essere il più italico degli “scaricabarile”. Ci auguriamo che l’incontro si possa fare prima della fine dell’anno scolastico, ma intanto il vulnus a un’opinione pubblica, composta da studenti desiderosi di capire cosa è la mafia, rimane per intero e non servirà soltanto fare quell’incontro per invertire la rotta.

Abbiamo poi registrato un altro attacco ad una troupe giornalistica, quella di Nemo guidata da Nello Trocchia, impegnata a documentare il potere dei Casamonica in un quartiere dove ci sono voluti dei cittadini non italiani per denunciarne gli abusi.

Insomma, tutto procede regolare, secondo il racconto del quotidiano attentato all’articolo 21 della Costituzione che ormai da qualche mese siamo costretti a registrare con brusche impennate, legate a questo o quel territorio.

Attenzione però a quello che potrebbe essere il prevalere di una stanca assuefazione a queste notizie, a sottovalutare il pericolo che la maggioranza degli italiani possa pensare che tutto sommato se quello o quell’altro giornalista si è preso una testata o uno schiaffo, forse qualcosa di male l’ha fatto, con il suo atteggiamento si è davvero reso importuno o peggio. Insomma, il rischio concreto è che a furia di gridare “al lupo, al lupo”, anche per ottime ragioni ma anche per abitudine invalsa, poi quando serva davvero, non ci sia più nessuno a fianco di chi rischia la vita per fare il giornalista.

Ecco perché crediamo che la regola da rispettare in questi casi sia quella di un opportuno discernimento, distinguendo caso per caso e provando a fare chiarezza anche all’interno della categoria, arrivando ad isolare anche i potenziali mitomani che pure qua e là ci sembrano stiano emergendo, alla ricerca di un attimo di notorietà e di solidarietà della categoria un tanto al chilo. Per questo non vorremmo mai che diventassero titoli di merito per un curriculum professionale il numero di ingiurie o delle percosse subite, né tanto meno quelle delle querele ricevute o delle minacce denunciate, vere o inventate che siano. Non si vogliono sottovalutare i pericoli di una mancata denuncia o di una tardiva solidarietà. Stiamo dicendo altro, anche perché sono proprio i 19 colleghi monitorati dal Viminale, in collaborazione con Fnsi e Ordine dei Giornalisti, come potenzialmente più a rischio, i primi a spiegarci che non si può procedere in questo modo, perché quelli a rischiare maggiormente sarebbero proprio loro.

post angeliBene ha fatto quindi Federica Angeli a mettere in guardia i tantissimi followers, che ne condividono le battaglie sui social media, dal trarre conseguenze sbagliate dalla pronuncia giudiziaria attesa per il prossimo 15 maggio. Martedì prossimo, infatti, arriverà a sentenza la denuncia che la giornalista de La Repubblica fece contro Armando Spada ben cinque anni fa, dopo essere stata rinchiusa in una stanza, a seguito delle domande scomode che gli aveva rivolto. Da quell’inchiesta su abusi e crimini in quel di Ostia, documentati anche da Tg3 e Report in tempi non sospetti, sono passati oltre 1.700 giorni, vissuti sotto scorta. Una vita difficile per sé e per la sua famiglia. Nel caso Spada fosse condannato, per espressa volontà della Angeli, la somma ottenuta come risarcimento danni andrà devoluto alla tutela dei giornalisti precari che non fossero nelle condizioni di pagarsi un legale.

La cosa più importante però è quella che Federica ha scritto in caso dovessi esserci un’assoluzione per Spada: “Non vi arrabbiate e non perdete fiducia nella giustizia. Siamo riusciti a portare avanti una battaglia importante. Ed è quello che conta rispetto a noi stessi, ai nostri principi, alla voglia che abbiamo di non abbassare la testa. Noi non l’abbiamo chinata..”. Ecco, crediamo che un simile approccio alla questione, serva a smontare la tentazione di vedere in questi colleghi giornalisti minacciati tante piccole icone di un’antimafia da esibire in ogni circostanza, per tacitare la nostra cattiva coscienza.
La solidarietà migliore che dobbiamo a chi rischia per dare notizie alla collettività è quella che passa innanzitutto dal mettersi in discussione, ogni giorno. La miglior scorta mediatica che noi si possa assicurare loro è quella di evitare di mettere sul piedistallo uomini e donne che fanno bene il proprio lavoro, sapendo che se sono costretti in un angolo da malaffare, criminalità mafiosa e altro è perché ci sono tanti altri colleghi che si girano, quotidianamente, dall’altra parte, vedendo e tacendo.
Anche di loro bisognerà iniziare a parlare e scrivere prima o poi, evitando di nascondersi all’ombra dei cronisti minacciati.
Alibi comodo e scomoda trappola allo stesso tempo per la categoria.

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