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Sul reato di aiuto al suicidio

Rocco Artifoni il . L'analisi

suicidio assisitoI fatti sono noti. Marco Cappato, esponente del partito radicale, è finito sotto processo per aver accompagnato Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, 40 anni, non vedente e tetraplegico a causa di un incidente d’auto, in una clinica svizzera dove, nel febbraio 2017, ha messo fine alle sue sofferenze con la pratica del suicidio assistito.

Recentemente la Corte d’Assise di Milano ha assolto Cappato dal reato di istigazione al suicidio,  promuovendo un ricorso alla Consulta per verificare la legittimità costituzionale della norma per quanto riguarda il reato di aiuto al suicidio, previsto dall’art. 580 del codice penale.
Alcune organizzazioni della società civile legittimamente si sono presentate parte civile a difesa dell’art. 580: si tratta del Movimento per la Vita, dell’Associazione Vita è  e del Centro Studi Livatino.
Nell’ultimo giorno utile presso la Consulta si è costituito parte civile anche il Governo, con un atto firmato da Maria Elena Boschi, Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una decisione alquanto discutibile per due evidenti ragioni. Anzitutto si tratta di un Governo dimissionario, rimasto in carica per il disbrigo degli affari correnti; ma intervenire sulla costituzionalità delle norme non pare proprio un compito ordinario.
In secondo luogo, seppure l’intervento del Governo sia possibile, non si capisce per quale ragione avvenga. L’Esecutivo ha il dovere di applicare le norme vigenti, la possibilità di proporre modifiche, ma non è ragionevole che si ponga come difensore (o al contrario censore) della costituzionalità delle stesse.
Quando si tratta di questioni di coscienza, come ad esempio le tematiche delicate come il fine vita, i Governi dovrebbero astenersi per principio dall’entrare nel merito. Le associazioni sono parti della società ed è normale che possano prendere posizione, ma il Governo rappresenta tutti i cittadini e soprattutto in casi come questi dovrebbe rimanere neutrale.

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