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Studenti in viaggio: dalla Lombardia alla Calabria

Ester Riccardi il . Calabria, Lombardia

bergamo 1Un gruppo di studenti del Liceo Scientifico Statale “Edoardo Amaldi” di Alzano Lombardo (Bergamo) ha intrapreso a novembre un viaggio per il progetto “Legalità e Cittadinanza”, mirato alla conoscenza dei territori calabresi spesso vittime di pregiudizi e tabù, su cui incombe la pericolosa presenza della ‘ndrangheta. In molti ci siamo gettati a capofitto nell’iniziativa, nemmeno troppo consapevoli forse di ciò che avremmo imparato e scoperto: in particolare un territorio difficile, ma straordinario dal punto di vista naturalistico. Col senno di poi credo che, avendo ascoltato diversi racconti, testimonianze, moniti e avvertimenti, si sia insinuato in molti di noi un senso di responsabilità che ci porterà inevitabilmente a sentirci parte attiva della società, a non comportarci come semplice spettatori di una realtà. Ricordando le parole di Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia e ora gestore di una sanitaria a Reggio Calabria, sorta in un edificio confiscato, la nostra generazione vedrà il cambiamento, vedrà scomparire a poco a poco le mafie, vedrà uno stato libero dall’ignoranza, dall’omertà, dalla rassegnazione.

In molte occasioni ci è stato detto che il tasso di disoccupazione giovanile ha dei livelli tali che per molti la soluzione è andarsene. Tuttavia c’è chi come Don Pino De Masi (referente di Libera per la Piana) e Giuseppe Politanò (responsabile del centro polifunzionale di Polistena) sceglie di restare, facendo proprio il motto “Cambiare per restare, restare per cambiare” dimostrando che un cambiamento nella punta dello Stivale è possibile solo se ogni uomo intraprende questa strada, partendo da se stessi e non guardando ciò che fanno gli altri. Di fronte al potere della ‘ndrangheta, ognuno ha il diritto di restare nella terra natia per rivoluzionarne il territorio e l’assetto. Si tratta di andare contro corrente e sempre a testa alta, di non rassegnarsi, di cercare la libertà.

bergamo 2Sono tanti anche se spesso poco conosciuti i calabresi che ogni giorno resistono alla brutale presenza della ‘ndrangheta, non regalandogli per esempio i propri guadagni e quindi non sottomettendosi come Tiberio Bentivoglio. Attraverso il racconto di uno degli attentati che ha subito probabilmente per la prima abbiamo capito, SENTITO la paura che si prova in quelle situazioni. Della sua testimonianza poi colpisce la sua profonda fiducia nelle istituzioni, nonostante proprio da queste spesso la sensazione è che sia stato lasciato solo. Assieme alla moglie, grazie all’aiuto di Libera, che l’ha accolto a braccia aperte al pari di una famiglia, ha avuto però la forza di non piegarsi, di reagire e ribellarsi perché “cacciare gli ‘ndranghetisti è difficile e pericoloso ma non impossibile”.

Proprio lo straordinario legame della famiglia di Tiberio con Libera richiama un valore riscoperto durante il viaggio: il bene comune di fare comunità come direbbe a gran voce Don Giacomo Panizza, fondatore a Lamezia Terme del “Progetto Sud”. Lui, i mafiosi, li chiama “cattivi maestri” che producono, attraverso la forza e rigidi comportamenti sociali, una cosiddetta “pedagogia mafiosa”, che può essere combattuta solamente tramite una sfida educativa. A tal proposito Suor Carolina Iavazzo, stretta collaboratrice di Padre Pino Puglisi ed ora direttrice del Centro di Educazione alla Legalità a Bosco di Bovalino ci avvisa che non basta non fare il male, ma bisogna seminare il bene, partecipando attivamente nella società. Il suo racconto prosegue con l’immagine di tre diverse strade che si possono scegliere di imboccare: il sentiero bianco, del bene; quello nero, del male; quello grigio, il più pericoloso, scelto dalle persone vigliacche, senza un credo né un’appartenenza, che si interessano esclusivamente ai fatti propri.

Toccante, profonda e amara invece la vicenda di Stefania, figlia di Vincenzo Grasso ucciso a Locri nel 1989. Ci ha tenuti col fiato sospeso dall’inizio alla fine, incapaci di reagire di fronte a un racconto così intenso, ricco di emozioni e spunti sui quali riflettere. Stefania come moltissimi familiari di vittime innocenti di mafia rappresenta l’ennesimo valore che ci è stato consegnato: la memoria. Stefania infatti non si è fermata al dolore e alla rabbia, che pure rimangono, ma affinchè la scelta di vita del padre non venga dimenticata  da anni parla ai giovani di come la ‘ndrangheta ha colpito la sua famiglia, purtroppo tragicamente, e intende convincere i suoi ascoltatori che vincere la mafia è possibile solo comportandosi correttamente per essere persone felici e serene, avendo coscienza critica, quella che è alla base del rispetto delle regole, sapendosi rialzare e avendo fiducia nelle istituzioni.

Infine Convincere. La quarta parola che ha catturato fortemente la nostra attenzione. Convincere nel senso di persuadere e vincere insieme: così si è concluso l’intervento di Vincenzo Linarello, presidente di GOEL, gruppo associativo che nasce nel tentativo di creare un sistema di sviluppo del territorio fondato sulla giustizia sociale ed economica. La ‘ndrangheta, che approfitta dell’indifferenza della società civile e punta alla depressione sociale, è intimorita dalla mobilitazione nazionale, dalla comunità, dal gruppo compatto. Da qui si capisce l’importanza della “festa della ripartenza”: iniziativa di Goel che porta ogni volta che un membro del gruppo viene colpito ad accendere i riflettori, fatto che la ‘ndrangheta teme, e ad riscattarsi gridando che più vengono colpiti più si rafforzano.

bergamo 3Siamo rimasti estremamente colpiti dalla determinazione con cui coloro che ci hanno regalato le loro preziose testimonianze sono stati in grado di ripartire in seguito a minacce ricevute o attentati subiti. Siamo stati in un piccolo miracolo, per citare il giornalista Michele Albanese, il quale senza mezzi termini ci ha invitato a unirci alla lotta di civiltà: un combattimento culturale e sociale, che è la lotta alla mafia, partendo dai soprusi subiti nella quotidianità, nel nostro piccolo mondo di ogni giorno, dalle ingiustizie a cui assistiamo o siamo vittime, dalle prepotenze e prevaricazioni da cui siamo oppressi. L’obiettivo comune è unico: fare in modo che  giustizia e onestà non siano eccezioni di pochi, ma quotidianità di molti, nell’invitante prospettiva che il contributo di ciascun singolo sia “un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità”.

Il viaggio ha dimostrato ancora una volta come esperienze di questo tipo sono fondamentali. Le conferenze possono essere la base, ma non saranno mai sufficienti a sviluppare una profonda consapevolezza in grado di smontare quei pregiudizi così ben radicati. L’esperienza sul campo è irrinunciabile e il fatto che tutto questo avvenga in gruppo e quindi che ci sia la possibilità di condividere le proprie riflessioni e ascoltare quelle degli altri arrichisce più di qualsiasi altra lezione frontale.

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