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Mafie e criminalità organizzata in provincia di Bergamo

Osservatorio mafie Bergamo - Coord. Prov. di Libera il . Dai territori, Mafie

BannerDossierOsservatorio sulle mafie in bergamasca del Coordinamento provinciale di Libera

Sono passati esattamente otto anni da quando nella sede dell’Università di Bergamo il Coordinamento provinciale di Libera per la prima volta ha presentato alcuni dati sulla presenza delle mafie in terra orobica. Si trattava di una decina di beni confiscati e di alcuni episodi, che – seppure significativi – non restituivano un quadro particolarmente allarmante delle infiltrazioni criminali in provincia di Bergamo.
Da quell’occasione pubblica è iniziata – con la costituzione dell’Osservatorio sulle mafie in bergamasca – una ricerca più approfondita di fatti collegabili alla presenza delle mafie e di organizzazioni criminali: a distanza di otto anni il quadro si presenta in modo del tutto diverso.

Anzitutto sono stati catalogati e documentati oltre 400 eventi di mafia e di criminalità organizzata dagli inizi degli anni ’60 ad oggi. Sono state 61 le persone in soggiorno obbligato in provincia di Bergamo tra anni ’60 e ‘70, tra cui: Giuseppe Genco Russo (a Lovere), Mariano Tullio Troia (a Romano di Lombardia), Damiano Caruso (a Calusco d’Adda) e Luciano Liggio (ad Albino).

Sono stati circa 40 i sequestri di persona (attuati o sventati) che hanno interessato la bergamasca a in relazione al luogo di rapimento, di prigionia, di liberazione, di provenienza delle vittime o degli autori. Tra questi in particolare si possono segnalare: Il primo rapimento in Lombardia (Pietro Torielli, tenuto prigioniero in un cascinale a Treviglio), il primo bambino rapito (Mirko Panattoni di Bergamo) e il sequestro (di Pierangelo Bolis a Ponte San Pietro) che ha consentito alla ‘ndrangheta di “sbarcare” in Australia.

Negli ultimi tre decenni sono state scoperte 7 raffinerie o laboratori per la produzione di droga attivi in provincia di Bergamo: a Rota Imagna (eroina, ‘ndrangheta, 1990), a Predore (cocaina, narcos colombiani, 1991), a Taleggio (cocaina, Cosa nostra, 1992), a Dalmine (cocaina, Cosa nostra, 2001) a Telgate (cocaina, ‘ndrangheta e narcos colombiani, 2004), Almenno San Bartolomeo (cocaina, narcos colombiani, 2010), Romano di Lombardia (eroina, 2016).

Sono 4 i narcotrafficanti bergamaschi arrestati all’estero: Pasquale Claudio Locatelli, nativo di Almenno San Bartolomeo, trasferitosi prima in Costa Azzurra e poi in Spagna; Zeno Longhi, residente a Treviolo ma operativo in Paraguay e Colombia; Ettore Facchinetti, originario di Sorisole e broker della droga in Spagna; Salvatore Barbanera, di Bergamo e attivo in Francia e in Sud America. Oltre a Roberto Pannunzi, narcotrafficante di livello internazionale, che tra il 1977 e il 1979 ha ricoperto il ruolo di direttore del Grand Hotel di San Pellegrino.

Sono 11 i latitanti arrestati, mentre 5 si sono costituiti in provincia di Bergamo. Tra i quali: Gerlando Alberti (Rossino di Calolziocorte, 1975), Gaetano Fidanzati (residente a Parre, 2009), Orlando Held (Romano di Lombardia, 2010) e Angelo Macrì (intercettato a Orio al Serio, 2012).

Tra gli insediamenti consolidati di clan mafiosi si possono segnalare una “locale” di ‘ndrangheta attiva a Calolziocorte tra il 1974 e il 2014 e due “cosche” di ‘ndrangheta presenti a Romano di Lombardia e Carobbio degli Angeli tra il 2000 e il 2005. I clan mafiosi che hanno operato e/o sono attivi in terra bergamasca sono almeno 8 e si possono riferire alle “famiglie”: Bellocco, Facchineri, Fidanzati, Filippelli, Mazzaferro, Paparo, Pesce, Romano.

Negli ultimi dodici anni, cioè dal 2005 al 2016, si possono contare almeno 62 vicende di incendi “sospetti” o dolosi, che in particolare hanno danneggiato: ristoranti e bar, aziende agricole, studi di professionisti, abitazioni di persone già indagate per mafia e attività commerciali di persone legate a collaboratori di giustizia. È il caso di ricordare che nell’anno 2000 era residente a Bergamo Lea Garofalo, alla quale è stata incendiata l’auto sotto casa.
Si dice spesso che la mafia al Nord non uccide (neanche d’estate), ma i dati della bergamasca suonano come una smentita: sono stati rilevati 31 casi di omicidio. Tra cui: 3 omicidi legati al gioco d’azzardo, 6 omicidi collegati a vicende di spaccio o di prostituzione, 7 omicidi che si possono attribuire a vicende di ‘ndrangheta, 7 casi di “esecuzioni” rimaste irrisolte e la scomparsa di un cittadino bergamasco, che le indagini in corso collegano al clan di Matteo Messina Denaro.

Anche la geografia è indicativa della presenza mafiosa: i 400 eventi sono accaduti in 130 diversi comuni, cioè oltre la metà dei paesi della provincia di Bergamo.

Significativi sono anche i dati dei sequestri e delle denunce. Dal 2007 al 2016 in bergamasca sono stati sequestrati 8.812 KG di sostanze stupefacenti e sono state segnalate per droga 4.574 persone. Le denunce per estorsione sono in continuo aumento: nel 2005 erano state 54, nel 2010 erano salite a 78 e nel 2015 hanno raggiunto il record di 120. Anche le segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio sono in forte crescita: nel 2009 erano state 373, nel 2012 sono raddoppiate a quota 790 e nel 2016 sono arrivate a 1.895.

Nel frattempo i beni confiscati sono diventati un centinaio: gli immobili già destinati sono 26, quelli ancora da destinare sono 71 oltre a 6 aziende. I comuni in cui si trovano i beni restituiti alle comunità locali sono 37.

Di fronte a questo scenario criminale oggi a Bergamo non c’è più nessuno che sostiene che la mafia e la criminalità organizzata sia assente nella provincia orobica, anche se in realtà sono trascorsi pochi anni da quando autorevoli rappresentanti delle istituzioni sostenevano di non aver mai visto una “coppola” e che la legalità fa parte del DNA dei bergamaschi. Ma da qualche tempo sono iniziati i distinguo, come ad esempio l’editoriale del 25 maggio di quest’anno delle pagine locali del Corriere della Sera dall’emblematico titolo “Non tutto è mafia”.

Ancora oggi la consapevolezza del consistente radicamento delle mafie e della criminalità nel tessuto socio-economico della bergamasca fa fatica a trovare un convinto riconoscimento, che è la premessa indispensabile per organizzare un adeguato contrasto a questi fenomeni.

2009 11 11 – Relazione – La criminalità organizzata nella bergamasca e l’attività di contrasto della società civile

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