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Sacra Corona Unita: tornano le affiliazioni

Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

2017-09-20-PHOTO-00000003«La Sacra Corona Unita è viva, come un camaleonte sa cambiare le forme di manifestazione, come più volte è stato ribadito non bisogna assolutamente abbassare la guardia», dichiara il Colonnello dei Carabinieri Nicola Conforti

I Carabinieri del Comando Provinciale di Brindisi hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Lecce su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 50 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso in omicidio, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegali di arma da fuoco e spaccio di sostanze stupefacenti. Tutti i reati risultano commessi con l’aggravante del metodo mafioso.

L’ordinanza, emessa dal GIP Vincenzo Brancato, segue quella del 9 dicembre 2016, successivamente annullata dal Tribunale del Riesame “per difetto di autonoma valutazione” del Giudice per le Indagini Preliminari.

Le indagini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi nascono in seguito all’omicidio di Antonio Presta, commesso il 5 settembre 2012 a San Donaci, all’esterno del club “Le Massè”, punto di riferimento dell’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Dalle dichiarazioni di Leonardo Greco, fratello del collaboratore di giustizia Antonio, emerge come Presta importasse la droga da Rimini, dove aveva vissuto per lungo tempo con il padre Gianfranco, collaboratore di giustizia dal 1998, esponente di spicco della Sacra Corona Unita negli anni ’90: «Preciso altresì che Antonio Presta di San Donaci fa il corriere di droga con base a Rimini portando quantitativi consistenti di sostanza stupefacente per lo più hashish e marijuana», si legge nelle 486 pagine dell’ordinanza.

Il 5 settembre 2012, quindi, tra le ore 23.00 e le 23.30, alcuni individui a bordo di una Lancia Delta di colore bianco con targa tedesca esplodevano colpi di arma da fuoco contro alcuni avventori presenti all’esterno del club “Le Massè”, situato in via Walter Tobagi a San Donaci. Dall’autovettura scendeva una persona con il volto coperto, armata di pistola e fucile. Nell’agguato restavano feriti Pierarcangelo Giuffreda, Alessandro Braccio e Antonio Presta. Quest’ultimo veniva inseguito sino all’adiacente Via Tunisi dove l’assassino esplodeva prima alcuni colpi di pistola al suo indirizzo e poi lo colpiva ripetutamente al capo con il fucile mentre  era già a terra.

Sin dalle prime fasi delle indagini è risultato evidente che l’omicidio era maturato in seguito a contrasti per la gestione delle attività illecite nelle piazze di San Donaci e Cellino San Marco. È stato infatti accertato che Antonio Presta, insieme alla sorella Daniela e con il consenso dell’allora convivente di quest’ultima, Pietro Solazzo, in quel periodo detenuto, stavano assumendo il controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti a Cellino San Marco, tentando di scalzare Carlo Solazzo, fratello di Pietro, all’epoca a capo di un sodalizio criminale dedito al traffico di droga in quel comune.

In questo contesto è stato appurato che il 15 agosto 2012, Antonio Presta e la sorella Daniela incendiavano l’abitazione di Carlo Solazzo, approfittando della sua assenza. In risposta a questo episodio, Carlo Solazzo, con l’aiuto di un complice non ancora identificato, uccideva Antonio Presta.

Dalle indagini emergeva l’esistenza di due gruppi criminali inseriti in contesti mafiosi, attivi nei comuni di San Donaci e Cellino San Marco, capeggiati rispettivamente da Piero Soleti e dai fratelli Carlo e Pietro Solazzo. Entrambi i sodalizi criminali erano dediti al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti facendo leva anche sulla disponibilità di armi da fuoco per imporre la loro egemonia in quei territori.

Pietro Solazzo, dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel febbraio 2013, era entrato inizialmente in contrasto con il fratello Carlo per poi riappacificarsi tornando a pieno titolo nella compagine criminale.

I due sodalizi, attraverso i rispettivi capi, luogotenenti e gregari, agivano in simbiosi e nel pieno rispetto territoriale, evitando pericolose sovrapposizioni e sconvenienti disaccordi. Insieme gestivano le attività illecite e commettevano atti intimidatori come quello ai danni dell’abitazione del Luogotenente Francesco Lazzari, Comandante della Stazione dei Carabinieri di San Donaci, in risposta alla sua intensa attività repressiva.

La mancanza di lotte intestine tra i gruppi di San Donaci e di Cellino San Marco consentiva l’espansione dei loro interessi mediante nuove alleanze e nuovi canali di approvvigionamento di sostanze stupefacenti, soprattutto eroina, da immettere sul mercato con enormi vantaggi economici per entrambi, contribuendo al sostentamento delle famiglie e dei detenuti.

Il capo indiscusso del sodalizio di San Donaci era Pietro Soleti che si avvaleva della collaborazione dei suoi luogotenenti Floriano Chirivì (poi detenuto e sostituito dal suo fedele Antonio Saracino) e Benito Clemente. Essi gestivano il mercato dello spaccio di sostanze stupefacenti tramite il club “Le Massè” di San Donaci.

Il gruppo aveva anche un forte interesse per le armi, reperite attraverso il cittadino slavo Gennaro Hajdari, alias “Tony Montenegro”, che le faceva arrivare dall’Europa dell’Est.

Il sodalizio di Cellino San Marco, capeggiato dai fratelli Solazzo, contava anche sui luogotenenti Marco Pecoraro e Saverio Elia e su una capillare rete di spacciatori attivi anche nei paesi limitrofi.

La droga arrivava da Torchiarolo, Oria, Brindisi e Lecce.

Da una conversazione captata nell’auto di Gabriele Leuzzi il 28 maggio 2013 tra questi e Gabriele Cucci, si evidenzia il ritorno al rito di affiliazione, la “condanna buona”, così come viene definita nel colloquio.

Cucci Gabriele: alle tre (ndr. 15.00) mi faccio la condanna mia.

Leuzzi Gabriele: la condanna buona!

«La Sacra Corona Unita è viva, come un camaleonte sa cambiare le forme di manifestazione, come più volte è stato ribadito non bisogna assolutamente abbassare la guardia», dichiara il Colonnello Nicola Conforti, Comandante Provinciale uscente dei Carabinieri di Brindisi.

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