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Le società di Riina nel Salento

Antonio Nicola Pezzuto il . Mafie

© Publifoto/LaPresse

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Con Decreto della Prima Sezione Penale del Tribunale di Palermo, eseguito dai Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS), sono stati sequestrati beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro a Salvatore Riina. L’uomo “noto capo dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra”, come scrivono ed evidenziano nel provvedimento i giudici, è detenuto in carcere dove sta scontando una pena all’ergastolo “inflittagli in via definitiva perché più volte condannato per reati di strage, associazione mafiosa ed omicidi”.

Gli accertamenti patrimoniali effettuati nei confronti del Riina e dei suoi familiari sono compendiati nella nota, allegata alla proposta, del ROS dei Carabinieri datata 14 ottobre 2016. Il brillante lavoro degli investigatori ha fatto emergere “l’assoluta incompatibilità delle risorse reddituali lecite del proposto e del suo nucleo familiare rispetto a qualsiasi possibilità di acquisizione di cespiti, investimento o accantonamento di capitali”.

L’analisi bancaria effettuata dagli inquirenti evidenzia che i redditi dichiarati dal Riina e dai suoi familiari non erano sufficienti “a garantire neppure le esigenze primarie di sostentamento dei relativi nuclei familiari”. Basti pensare che Antonina Bagarella, moglie di Riina, dal 2007 al 2013, a fronte della totale assenza di redditi ufficiali dichiarati al Fisco, ha emesso assegni circolari e vaglia postali per oltre 42.000 euro destinati, esclusivamente, al sostentamento in carcere dei congiunti detenuti. Di più: Antonino Ciavarello, genero di Riina, ha versato in contanti, tra il 2003 e il 2010, la somma complessiva di € 136.328,03, di cui € 97.293,40 nel periodo compreso tra il 2003 e il 2008 sul c/c 38053.36 acceso presso la banca Monte dei Paschi di Siena, € 25.314,63 tra il 2007 ed il 2010 su carta Postepay, ed € 13.720, di cui ben 21 banconote da 500 euro, versati nell’arco di soli due mesi del 2010 sul c/c 300779657 acceso presso Unicredit.

Tra i cespiti sequestrati ci sono anche le quote del capitale sociale di tre società intestate ad Antonino Ciavarello, genero di Riina perché ha sposato la figlia del capo dei capi, Maria Concetta, con la quale risiede a San Pancrazio Salentino in provincia di Brindisi.

Vediamo nei dettagli di quali aziende si tratta e dove sono localizzate.

La Clawstek s.r.l. ha sede a San Pancrazio Salentino e opera nel settore delle riparazioni meccaniche di autoveicoli. È intestata al Ciavarello che detiene il 95% dell’intero capitale equivalente a 5.700 euro. Questa società è stata costituita il 30 gennaio del 2014 con un capitale sociale di 6.000 euro “sottoscritto ed interamente versato dallo stesso Ciavarello Antonino per la quota di Euro 5.700 e da Marchionna Stefano, nominato anche legale rappresentante, per la restante quota di Euro 300”. In data 11 febbraio 2014 la società ha aperto un’unità locale a Brindisi, più precisamente in via E. Fermi, nella zona industriale.

Le indagini patrimoniali, condotte dai Carabinieri del ROS, hanno appurato “come il nucleo familiare di Riina Maria Concetta e Ciavarello Antonino non disponesse dei capitali necessari per la costituzione della società in questione, né per l’avvio della relativa attività posto che alla data del 31 dicembre 2013 il saldo progressivo tra entrate ed uscite era negativo per oltre 277 mila euro”, scrivono i Giudici nel Decreto di sequestro.

La seconda azienda riconducibile a Riina nel Salento è la Rigenertek s.r.l. operante nel settore del commercio per corrispondenza di autoricambi. È stata costituita il 18 gennaio 2013 con un capitale sociale di 500 euro interamente sottoscritto e versato da Antonino Ciavarello. Questa società, avente sede a San Pancrazio Salentino, ha operato fino al 14 aprile 2015, “quando la stessa è stata posta in scioglimento anticipato e liquidazione con la contestuale nomina a liquidatore del già citato Marchionna Stefano, che dal 20 gennaio 2014 ha rivestito la carica di legale rappresentante. Nei tre anni in cui ha operato la Rigenertek, solo l’esercizio 2013 si è chiuso con un utile (pari a € 94.091,00), mentre l’esercizio 2014 ha registrato una perdita di € 122,00 (pari alla differenza tra il valore della produzione di € 858.624, 00 ed i costi della produzione ammontanti ad € 858.362,00); infine, l’esercizio 2015 si è chiuso con una perdita di € 115.121,00”.

Anche i costi sostenuti per la costituzione di questa società e per l’avvio della relativa attività imprenditoriale non sono giustificati dalle disponibilità finanziarie lecite del nucleo familiare di Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, considerato che il saldo progressivo tra entrate ed uscite del relativo nucleo familiare era passivo per oltre 261 mila euro e che nel solo anno 2013 il saldo tra entrate ed uscite è stato negativo per oltre 16 mila euro.

La terza società sequestrata, l’AC Service s.r.l., ha sede a Lecce e opera nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio di autovetture e relativi ricambi e accessori. È stata costituita il 2 ottobre 2015 con un capitale sociale di 5000 Euro sottoscritto e versato per intero da Antonino Ciavarello che rivestiva anche la carica di legale rappresentante. Nel corso dell’esercizio 2015 risulta che il valore della produzione è stato pari a zero euro mentre i costi della produzione ammontano a 1.448 euro e il Ciavarello ha effettuato un finanziamento di 500 euro a favore della società. I Giudici del Tribunale di Palermo ritengono “significativo che la AC Service s.r.l. operi nel medesimo settore della Rigenertek s.r.l. (posta in liquidazione appena pochi mesi prima della nascita della AC Service s.r.l. e che, nel corso del solo 2015, presentava debiti tributari per € 162.203), ed ancora che la sede legale della stessa coincida con l’unità locale della suddetta Clawstek s.r.l.”.

È evidente che i capitali investiti nella società non hanno provenienza lecita visto che il nucleo familiare di Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, al 31 dicembre 2014, presentava un saldo progressivo tra entrate e uscite, negativo per oltre 279 mila euro. Su questa situazione economica non può incidere, come vorrebbe dimostrare il Ciavarello, la circostanza che il 22 giugno 2015 ha ereditato dal padre, pro quota, insieme alla madre e alla sorella, alcuni immobili di scarso valore che non producono reddito.

Le indagini hanno quindi documentato, in relazione alle citate società, l’esistenza del “requisito della sproporzione”, considerato che nel periodo preso in esame, il saldo progressivo cumulato dal nucleo familiare di Salvatore Riina, composto dalla moglie Antonina Bagarella, dalla figlia Maria Concetta, dal figlio Giovanni, dal figlio Giuseppe Salvatore e dalla figlia Lucia, risulta negativo per oltre 480 mila euro.

Per quanto riguarda la riconducibilità  delle quote del capitale sociale delle società intestate al Ciavarello, i Giudici ritengono che “deve ritenersi ampiamente suffragata, oltre che dallo stretto rapporto di affinità esistente tra il formale intestatario ed il Riina Salvatore, anche dalla prima evidenziata, assoluta indisponibilità di risorse in capo al Ciavarello che possano avvalorare l’ipotesi alternativa di un investimento autonomo da parte di quest’ultimo”.

Le stesse considerazioni vengono fatte nel Decreto a proposito degli eventuali saldi attivi dei rapporti bancari.

“Ed infatti, tutti gli intestatari dei suddetti rapporti bancari (cioè i figli di Riina, il già citato Ciavarello Antonino ed i figli minorenni di quest’ultimo e di Riina Maria Concetta) risultano essere componenti dei suddetti nuclei familiari oggetto di analisi patrimoniale, e quindi versano nell’intero periodo esaminato in situazione di evidente sperequazione, al punto da non avere la disponibilità di redditi sufficienti a fare fronte anche alle sole spese necessarie per il sostentamento degli stessi; ne consegue che in tale situazione qualsiasi, pur minimo, accumulo di risorse risulta del tutto ingiustificato, sicché la richiesta di sequestro appare sul punto fondata”, concludono i Giudici della Prima Sezione Penale per le Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo.

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