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Castelvetrano e le sue ombre

Rino Giacalone il . Sicilia

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I primi particolari agghiaccianti su come la mafia si è infiltrata nel tessuto politico e amministrativo della città.

Il diavolo si nasconde nel dettaglio. La mafia è simile, la sua presenza inquinante nel tessuto sociale può capitare che la si colga in qualcosa di non eclatante.

A Castelvetrano, comune siciliano in provincia di Trapani con 32mila abitanti, non sono stati però dettagli a determinarne lo scioglimento per inquinamento mafioso e, per di più, a pochi giorni dal rinnovo elettorale amministrativo. Castelvetrano, dove le teorie lombrosiane potrebbero trovare crudele conferma, segnando il destino di tanta gente per causa di pochi. Lombroso, lo sappiamo, aveva varato una sua teoria su come riconoscere un criminale dai tratti personali, dalle caratteristiche anatomiche. A Castelvetrano più che la fisionomia pesano le parole. Noi non la pensiamo come Lombroso, che, pur essendo diventato il padre della moderna criminologia, ha quasi scritto una sentenza di condanna per le popolazioni meridionali, avendo soprattutto individuato tra esse le presenze criminali più forti, riconoscendole però dalla fisionomia.

Più che la forma del viso, la misura del cranio e altre cose del genere, oggi pesano le parole e i comportamenti, spesso sono così tanto leggeri da mettere in pericolo noi stessi e la società. Qualificandoci come mafiosi.

Lo ha scritto a chiare lettere Rita Atria, la ragazza morta suicida dilaniata dal dolore per la strage di via D’Amelio e la morte di quel magistrato al quale si era affidata fuggendo via dalla sua famiglia mafiosa e dalla ambigua città di Partanna. Per sconfiggere la mafia devi prima combattere e sconfiggere quella che porti dentro. Ci sono parole, affermazioni, che segnano il cammino in maniera inesorabile…una corsa verso il…diavolo. La mafia, che così non si nasconde più nel dettaglio ma è riuscita ad allargare ed estendere la sua presenza finendo per confondersi, camuffarsi meglio, Stato e antistato, mafia ed antimafia.

I giorni di campagna elettorale a Castelvetrano ne sono prova: un linguaggio talvolta sguaiato e spavaldo, parole che se dette da un mafioso provocherebbero condanne di favoreggiamento, in bocca a politici invece vengono lette e ascoltate come una giusta riscossa contro il destino…lombrosiano. In campagna elettorale, quella appena interrotta per via dello scioglimento per infiltrazione mafiosa degli organi politici e amministrativi del comune, si è ascoltato di tutto, dal candidato che ha inneggiato contro chi ha descritto la presenza mafiosa nel territorio, all’altro e ai suoi pari che hanno scritto al ministro degli Interni per dir male del prefetto, a un ex sindaco che ha lanciato messaggi con un frasario criptato.

Lo abbiamo sentito molto bene all’inizio del mandato amministrativo l’ex sindaco Errante, quello dei messaggi criptati, quando una frase nemmeno dal sen fuggita – vien da dire – segnò il destino del comune: “Matteo Messina Denaro non è il primo dei problemi”. Messaggio chiaro.

Peccato che nessuno se la prese a male, nemmeno il Pd che con il suo segretario provinciale Marco Campagna faceva da stampella e vice sindaco all’avv. Errante.

Affermazione finita stampata nelle centinaia di pagine che hanno portato allo scioglimento del comune di Castelvetrano, alla sospensione del voto, rinviato, se andrà bene di 18 mesi, e all’insediamento della commissione straordinaria. La relazione degli ispettori è finita sul tavolo del ministro dell’Interno Marco Minniti che ha ottenuto il consenso del Governo per sciogliere il comune. Ma si trova anche sui tavoli di un paio di pubblici ministeri, inviata alle Procure di Palermo e di Marsala.

La teoria lombrosiana a Castelvetrano non trova applicazione nei caratteri fisici della persona, ma in altro, nei comportamenti, nelle relazioni, negli incarichi mantenuti quasi a vita. La relazione che il ministro Minniti ha presentato al presidente della Repubblica per ottenere la firma sul decreto di scioglimento, è impietosa quanto vera: consiglieri comunali che sono amministratori pubblici da oltre 16 anni in maniera interrotta; il sindaco uscente che svolge incarico pubblico sin dal 1997; 15 consiglieri comunali e 5 assessori presenti già come tali dal 2007, tra loro anche coloro i quali sono pubblici amministratori dal 2001. Passa attraverso molti di loro la rete di contatti con Cosa nostra, per frequentazioni e parentele, “un reticolo di rapporti e collegamenti pericoloso”. Nello scorrere la relazione si colgono tutta una serie di fatti, di episodi fuoriusciti nel tempo dalle indagini ma anche dalle cronache giornalistiche, rispetto alle quali la reazione degli amministratori è stata quella di definire i giornalisti come degli untori della città, qualcuno è stato anche tacciato di scrivere secondo antipatie o simpatie. È accaduto tante volte, anche quando fu organizzato con tanto di patrocinio comunale un torneo di calcio dedicato ad uno dei principali favoreggiatori del boss Messina Denaro. O ancora quando scoppiò il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo che parlava fin troppo bene del boss. Gli amministratori pubblici si sono difesi dicendo di proteggere la città, di tutelare la legalità e di perseguire l’illegalità, intanto però, annota la relazione degli ispettori prima e del ministro dopo, l’avvocato Celestino Cardinale, storico difensore di soggetti accusati di mafia, è stato scelto dal sindaco Errante quale consulente del comune, o ancora l’amministrazione a cuor leggero ha rilasciato licenze commerciali a parenti del boss latitante Messina Denaro, come il cognato Gaspare Como. Si sono mantenute imprese che erano state interdette nell’elenco delle ditte di fiducia del comune; soci di contabili in odor di mafia sono stati nominati e ricompensati in modo lucroso, tra i casi sollevati la nomina del dott. Simone Magaddino inserito nel nucleo di valutazione.

La relazione degli ispettori che si sono occupati dell’accesso agli atti affronta sia gli aspetti politici che quelli burocratici. A cominciare dalle scelte politiche del sindaco Errante che, eletto con una maggioranza, presto ne ha creata un’altra alleandosi con gli avversari contro i quali si era opposto alle elezioni del 2012. Ragionano i commissari su queste vicende e fanno intendere che probabilmente l’azione politica non sarebbe stata avulsa dal “condizionamento”. Citata è la nomina avvenuta nel dicembre 2016 dell’assessore Daniela Noto, avvocato, legata con soggetti indicati nelle indagini antimafia come vicini a Messina Denaro.

In questo clima è stato presentato agli occhi della cittadinanza come un delatore chi invece a rischio della incolumità, sua e della famiglia, ha deciso di sfidare mafia e mafiosi, come è toccato al consigliere Pasquale Calamia. Politica, mafia e massoneria. Intreccio criminale, Castelvetrano per gli ispettori è stata anche questo, 4 su 5 assessori sono massoni, anche sette su 30 consiglieri. A scorrere le pagine della relazione che ha portato allo scioglimento antimafia, si ha l’impressione di leggere le cronache che nel tempo sono state altresì raccontate ai lettori anche da Libera Informazione. L’antimafia recitata che certi politici individuavano, di proposito, per criticare scelte e posizioni, si trova invece proprio nei comportamenti di costoro, che una vera presa di distanza dal fenomeno mafioso “non l’hanno mai assunta” pure dinanzi a fatti clamorosi come quello che ha coinvolto l’ex consigliere comunale Giambalvo, a sua volta imparentato con mafiosi. Eclatante fu nel giorno della sua assoluzione la dichiarazione del vice sindaco Giuseppe Rizzo, lesto ad attaccare frontalmente l’azione giudiziaria senza mai essere smentito dal sindaco Errante, incappato però in una indagine antimafia, scoperto ad avere chiesto sostegno elettorale, attraverso Lorenzo Cimarosa, cugino di Messina Denaro, poi pentito e scomparso pochi mesi addietro, a persone parecchio chiacchierate, in odor di mafia e con altri gradi ricoperti nella massoneria. Come l’imprenditore Adamo.

Per la relazione il sindaco Errante è uno tra quelli che ha meno rispettato la distanza di sicurezza da mafiosi e colletti bianchi collusi. Molti sono gli omissis che compaiono nella relazione del prefetto Priolo ma è facile riconoscere i nomi celati, come potrebbero essere quelli dell’ex sindaco Vaccarino e del figlio Salvatore eletto al Consiglio comunale. Vaccarino resta un nome pesante nella storia della Castelvetrano compromessa con Cosa nostra. È un racconto impressionante sugli intrecci tra mafia, politica, massoneria e colletti bianchi. “Castelvetrano spiega cosa voglia dire flusso corruttivo magmatico”, taglia corto un investigatore. E’ vero, Castelvetrano è solo la città che ha dato i natali ai criminali della famiglia Messina Denaro, è la terra di tanti onesti che però non hanno mai parlato abbastanza o che allo stesso non sono stati ascoltati in maniera attenta. Oggi questo è accaduto, e la relazione dei colpevoli, almeno morali dello sfascio, è di quelle che lascia ancora più basiti, lamentano l’impotenza e dicono ancora di aver fatto il massimo. Ma è difficile credere loro, oggi più di ieri. Insomma la mafia a Castelvetrano…non è un dettaglio.

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