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La Repubblica che si ferma a Nicosia

Pietro Orsatti il . Sicilia

libri_libertariA settant’anni dalla strage di Portella della Ginestra a Nicosia sembra essersi fermato il tempo. A farne le spese la città, gli organizzatori de Le giornate di Davì – rassegna libraria e luogo di dibattiti e cultura – e i cittadini di un paese siciliano che non si meriterebbe quello che è accaduto e sta accadendo in queste ore.

La Repubblica italiana si è fermata a Nicosia. La storia è stata riscritta per puro calcolo politico con un metodo che sembra riportare indietro di decenni la storia. Le giornate di Davì, una rassegna splendida alla seconda edizione e organizzata e interamente finanziata senza nessuno contributo pubblico da Aldo La Ganga – imprenditore e con un passato “movimentista” e anche un passaggio come amministratore negli anni Novanta come assessore allo sviluppo economico e al turismo sull’onda dalla “primavera siciliana” di quel periodo – con una strategia calcolata fino al minimo dettaglio è stata affossata, eliminata e cancellata.

Come avevo già raccontato nei giorni scorsi, l’iniziativa fino a poche settimane fa prevista nella piazza centrale e per le presentazione dei vari titoli all’interno del Comune è stata trasferita nei locali della sede, abbandonata da anni, dell’ex tribunale di Nicosia posta in zona tutt’altro che centrale. Inoltre l’esposizione delle case editrici presenti, gli stand e l’area per gli spettacoli teatrali e musicali è stata di fatti negata vista l’evidente inagibilità logistica dei locali dell’ex tribunale a questo scopo.

Per quale ragione? Per dare spazio nella piazza e nei locali del Comune a una manifestazione di commemorazione delle imprese sportive del barone Stefano La Motta. Feudatario latifondista, separatista del ramo eversivo – che la documentazione dell’epoca consente di leggere come movimento infiltrato e guidato da elementi fascisti della Repubblica di Salò -, indicato come uno degli esponenti dell’organizzazione guidata da Finocchiaro Aprile come uno di quelli che ricercò e prese contatto con Salvatore Giuliano fino ad organizzare nella propria casa Palermo il fatidico incontro in cui il movimento separatista arruolò il bandito e la sua banda dandogli addirittura il grado di Colonnello dell’Evis, l’esercito clandestino del separatismo, appunto.

Mi sono trovato alcune settimane fa coinvolto nella polemica su questa vicenda per due ragioni: la prima che ho pubblicato proprio quest’anno un libro per la casa editrice Imprimatur editore (“Il bandito della Guerra fredda”) su Giuliano e la strage di Portella della Ginestra; la seconda è perché ero stato invitato a presentare questo libro proprio a Nicosia all’interno della rassegna Le Giornate di Davì. Quando mi sono reso conto che la sede del Comune e la piazza antistante al Palazzo della Città, sede già richesta e concessa alla rassegna era stata data invece a una mostra commemorativa sul barone La Motta non ho potuto astenermi dal segnalare e commentare questa scelta da parte dell’amministrazione di Nicosia.

Ieri sono andato puntualmente alla presentazione organizzata nella nuova sede della rassegna concessa dal Comune dell’ennese nel giorno dell’inaugurazione. Sono arrivato con largo anticipo, sono andato nel B&B a fare una doccia e a cambiarmi e sono giunto nell’ex tribunale immediatamente dopo il discorso di inaugurazione del vicesindaco Anna Maria Gemellaro che ha concentrato, in mia assenza, un duro intervento su quello che avevo dichiarato pubblicamente e a viso aperto sulla non adeguatezza della scelta politica esercitata dall’amministrazione di commemorare nel palazzo che rappresenta la massima autorità politica e amministrativa della città il barone nel settantesimo anniversario della prima strage di Stato della storia repubblicana, quella di Portella della Ginestra. Appena giunto ho cercato il vicesindaco per chiedergli non tanto una giustificazione del suo intervento quantomeno irrituale, ma per dirle chiaramente che ci sarebbe stata la necessità di darmi la possibilità di un confronto pubblico. Lei mi ha invitato ad avere un eventuale chiarimento a quattrocchi che io ho rifiutato specificando che ogni chiarimento doveva essere pubblico come pubblico era stato il suo intervento. Ed ho aspettato l’orario della mia presentazione pazientemente.

Arrivato il mio tempo ho dato la possibilità ancora prima che iniziasse la presentazione del libro al vicesindaco di parlare ancora in modo tale che potesse ripetere i giudizi da lei avanzati sulla mia presa di posizione, pubblica, di settimane prima per poter dare finalmente la possibilità di un chiarimento e di dibattito sulla sua scelta di patrocinare e concedere la sede del comune a una mostra commemorativa con tanto di convegno al suo illustre concittadino. L’unica cosa che ha detto è che non metteva in dubbio la mia professionalità e le ricerche documentali alla base del mio lavoro. Punto. Nessun altro riferimento invece sulle altre valutazioni fatte in mia assenza nel suo precedente intervento. Ho iniziato la presentazione concentrandomi ovviamente sull’aspetto fascista e sul ruolo avuto da Giuliano in relazione al separatismo e ho concluso ribadendo le mie valutazioni sulla scelta operata dal Comune di Nicosia sia di marginalizzare una grande rassegna libraria a costo zero per la città per dare spazio e visibilità invece a una commemorazione – non a costo zero per la città – a un personaggio non solo controverso ma storicamente indicato come uno dei protagonisti di quel pezzo della storia italiana drammatico e doloroso e che ancora presenta ferite aperte per la nostra democrazia.

Poi è intervenuto uno degli “storici locali” motivando invece per quali ragioni il barone fosse per Nicosia tuttora una sorta di icona – il latifondista e separatista buono e generoso che addirittura portò ben tre giocatori del Palermo calcio nel paese dell’ennese fondando sia lo stadio che la società sportiva – che ha affermato che io trattavo come gli Zulù – una delle etnie e monarchie più avanzate della storia tradizionale dell’attuale Sud Africa – i cittadini tutti di Nicosia, dal fondo della sala è intervenuto uno scalmanato che ha dato in escandescenze perché si era messa in dubbio la generosità baronale e poi l’assessore alla cultura del Comune non esattamente in modo pacato voleva intervenire interrompendo la manifestazione per prendere la parola mentre invitato pochi minuti prim a dire la sua aveva rifiutato. A questo punto a lato del palco sono stato costretto a discutere con l’assessore che non aveva certo un atteggiamento rilassato nei miei confronti. Fine della serata. Fine di fatto di un processo che possa proseguire senza provocare una sorta di guerra di religione per portare cultura e letteratura e dibattiti a Nicosia.

Domani il barone La Motta sarà commemorato – sportivamente – nella sede del Comune.

Mentre scrivo è il 26 maggio 2017, settant’anni fa esattamente si procedeva a presentare la relazione degli esami medico legali sui corpi delle vittime della strage di Portella della Ginestra. Il peccato originale della Repubblica.

Nicosia, il revisionismo per via sportiva della Storia

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