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Gonzaga, per non dimenticare

Libera Mantova il . Lombardia

foto-matilde-montinaro-a-gonzaga-ricordo-strage-di-capaciIn questi giorni nella nostra provincia mantovana abbiamo avuto l’onore di ascoltare la testimonianza diretta di Matilde Montinaro, la sorella di Antonio Montinaro, il poliziotto caposcorta del magistrato Giovanni Falcone.

Matilde ci ha raccontato, non come è morto ma come è vissuto suo fratello, un giovane poliziotto che svolgeva con grande spirito di abnegazione il proprio dovere professionale e che quel sabato pomeriggio, il 23 maggio 1992,  aveva sentito il dovere di essere lui a sostituire un collega assente per assicurare la massima sicurezza ai magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, che stavano rientrando nell’ultimo viaggio istituzionale a Palermo. Il suo racconto, attraverso parole sommesse e chiare, ci hanno fatto toccare con mano la fatica e il dolore sempre vivo in coloro che, come lei,  hanno scelto di condividere il proprio dramma famigliare affinché da quelle morti rinasca più forte l’impegno concreto, e non la semplice indignazione, per rendere il nostro Paese più libero, più rispettoso dei diritti di ogni essere umano e in modo particolare dei più indifesi.

Ci ha raccontato dell’auto Croma chiamata la “Quarto Savona 15” che era la sigla radio della vettura della questura di Palermo, che quel sabato 23 maggio 1992, alle ore 17.58 a Capaci, sull’autostrada che collega l’aeroporto di Palermo alla città, saltò in aria con a bordo il fratello capo scorta, Antonio Montinaro e i due agenti, Vito Schifani e Rocco Dicillo.  Quell’auto scortava la Croma bianca  sulla quale viaggiavano Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo.

Grazie all’impegno dell’allora capo della Polizia, Antonio Manganelli, che aveva sempre apprezzato l’impegno di Antonio Montinaro e dei suoi colleghi,  avendo lavorato in quegli anni a Palermo al fianco di Giovanni Falcone,  nel 2013 il Ministero dell’Interno consegnò i resti della Fiat Croma della scorta alla moglie e ai figli di Antonio Montinaro. Ora, grazie all’impegno di Tina Montinaro Martinez, moglie di Antonio è nata l’associazione “Quarto Savona Quindici” e  quei resti sono custoditi in una teca di vetro. Quell’icona “Quarto Savona 15”, il cui contachilometri è rimasto intatto e bloccato, quel sabato pomeriggio, sul numero 100.287,  oggi continua a correre,  anche se più lentamente,  grazie all’impegno dei famigliari di Antonio e  viaggia su e giù per l’Italia  per testimoniare dolore e speranza. Per i famigliari di Antonio Montinaro quel dono ha permesso di “rimettere in strada” Antonio, Rocco e Vito.

Quest’anno è ripartita il primo maggio dalla Scuola allievi agenti di Polizia di Peschiera del Garda  e attraversando l’Italia arriverà a  Palermo, martedì 23 maggio, in occasione del 25esimo anniversario della strage di Capaci, per tener viva la memoria e l’impegno di quegli uomini che nell’adempimento del loro dovere, nel corso di un delicato servizio a protezione della giustizia persero la vita in quell’attentato terroristico-mafioso.

Per molti di noi, cittadini adulti, questa pagina buia della storia italiana e siciliana è anche un pezzo del  vissuto, una parte della propria vita, un evento che quel 23 maggio 1992, ci ha segnati e cambiati. Ripensando a quel sabato pomeriggio ognuno di noi adulti si ricorda benissimo cosa stava facendo alle ore 17.58. Ma per le nuove generazioni non è così. Per loro è un evento del passato, anche se della storia italiana recente. E per questo abbiamo il dovere di far toccare con mano ai giovani, di oggi e di domani, le tragedie che hanno accompagnato il nostro Paese dal secondo dopoguerra ad oggi.

Tocca a noi raccogliere l’eredità di tutte quelle vittime innocenti  e rendere concrete le parole del coraggioso e leale magistrato Giovanni Falcone :”Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”

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