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Mea culpa per leggi elettorali incostituzionali

Rocco Artifoni il . Istituzioni

scheda-elezioni-politiche-755x515Tutti hanno riconosciuto a Matteo Renzi di aver mantenuto – almeno in parte – la parola: perso il referendum costituzionale, si è dimesso da Presidente del Consiglio dei Ministri. Non ha lasciato la carica di segretario del Partito Democratico né si è ritirato dall’attività politica – come aveva dichiarato – ma almeno ha dimostrato un po’ di coerenza.
Non si può dire altrettanto di Maria Elena Boschi, che aveva pubblicamente affermato che avrebbe condiviso la sorte di Matteo Renzi, mentre invece è rimasta nella compagine di Governo, seppure cambiando poltrona.
Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che ha amputato pesantemente la legge elettorale “Italicum”, cancellando anzitutto il ballottaggio, sarebbe un atto di decenza politica che anche Maria Elena Boschi, presentasse le dimissioni, visto il ruolo centrale ricoperto per l’approvazione della riforma costituzionale ed elettorale.
Certo il problema non riguarda soltanto lei, ma una maggioranza parlamentare che ha votato la fiducia ad una Governo sulla legge elettorale declamata come la più bella del mondo, con la presunzione che altri Paesi europei l’avrebbero presto copiata.
In realtà, ci troviamo di fronte ad una legge elettorale che è stata “rottamata” prima ancora di essere messa alla prova. Che cosa si potrebbe dire di un’autovettura appena acquistata dal concessionario e subito portata alla demolizione senza averla nemmeno provata in strada?
Resta il fatto che la sentenza della Consulta ha stabilito l’illegittimità del secondo turno senza alcuna soglia minima per accedere al ballottaggio. Questo giudizio della Corte era facilmente prevedibile, poiché era già stato espresso nelle precedente sentenza relativa al “porcellum”, laddove è stata censurata “l’assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio di maggioranza”, poiché in questo modo si determina “un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.)”.
Difficile invece prefigurare l’evoluzione dello scenario politico e il percorso che porterà probabilmente a breve i cittadini italiani al voto, poiché le leggi elettorali di Camera e Senato, entrambe risultanti dalle due sentenze della Consulta, sono disomogenee.
“C’è un premio per la lista alla Camera, al Senato ci sono le coalizioni. Le soglie di sbarramento sono diverse, il 3 per cento alla Camera e l’8 per cento al Senato che può ridursi al 3 per cento in caso di coalizione ma quando si supera il 20 per cento. Ci sono le preferenze di genere alla Camera e la preferenza unica al Senato. Ci sono capolista nominati alla Camera e non al Senato, le pluri candidature con sorteggio alla Camera che non sono previste per il Senato”, ha giustamente segnalato il presidente del Senato Pietro Grasso.
Non va dimenticato che tutto ciò nasce dalla scelta del Parlamento e del Governo Renzi di approvare soltanto la legge elettorale della Camera, dando per scontata la vittoria nel referendum costituzionale.
Pertanto, una delle considerazioni più pertinenti è arrivata dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino: “Mi pare che sia sotto gli occhi di tutti che ci siano due leggi elettorali frutto del lavoro della magistratura. Non è normale un Paese in cui la magistratura detta tempi e modi all’amministrazione, vuol dire che la politica non ha fatto il suo mestiere”.
Se questo è l’esito evidente di una incapacità di legiferare in modo adeguato su una materia fondamentale e sensibile come il sistema elettorale, in cui non si è riusciti a rispettare nemmeno i principi costituzionali, significa che siamo rappresentati da una classe politica di pessima qualità.
Non possiamo dimenticare che prima dell’”italicum” abbiamo sperimentato il “porcellum” e che il suo principale estensore, Roberto Calderoli, non si è dimesso nemmeno dopo la precedente sentenza della Consulta. Ma se anche di fronte alla nuova sentenza della Corte Costituzionale nessun politico di primo piano farà il “mea culpa”, avremo la conferma che in fondo nulla è cambiato.
Grazie alla saggezza dei Costituenti possiamo contare sulla garanzia del giudizio della Consulta, ma a causa della miopia degli elettori persistiamo nel fornire una delega in bianco a politici incapaci e soprattutto irresponsabili, perché non rispondono quasi mai delle scelte sbagliate, assumendone fino in fondo la responsabilità personale.

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