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Dalla parte di Libera, insieme a Enza Rando

Lorenzo Frigerio il . Emilia-Romagna

enza-randoLo scorso fine settimana si è verificato a Modena un grave episodio che definire intimidatorio è forse troppo poco. Nell’immediatezza abbiamo pubblicato il comunicato stampa di Libera, condividendone in toto i contenuti. Ora intendiamo ritornare sull’accaduto per sottolineare alcuni aspetti della vicenda. Nel cuore della notte tra il 25 e il 26 novembre, l’ufficio di Enza Rando, vicepresidente di Libera e responsabile nazionale dell’ufficio legale dell’associazione guidata da Don Luigi Ciotti, ha subito una violazione da parte di ignoti.
Nulla di rilevante è stato asportato, nulla di prezioso è stato rubato, ma sono stati platealmente aperti gli armadi contenenti la documentazione legale di Libera, in particolare le costituzioni di parte civile che l’avvocato ha curato in questi anni di duro lavoro. I fascicoli sono stati controllati, immaginiamo che il contenuto in qualche modo, anche se non materialmente asportato, sia stato visionato o fotografato. Gli autori dell’effrazione sono entrati indisturbati e, altrettanto indisturbati, se ne sono andati. Ora gli accertamenti sono in corso e vedremo cosa riusciranno a scoprire gli inquirenti.

Modena, lo scorso 25 novembre
Nell’attesa degli sviluppi delle indagini, riflettiamo innanzitutto sul particolare momento in cui questo fatto è avvenuto.
Solo poche ore prima, venerdì 25 novembre, sempre a Modena, si era tenuta un’importante e affollatissima manifestazione organizzata da Libera, con la partecipazione, oltre che di Don Ciotti e della stessa Rando, di Federico Cafiero De Raho, procuratore capo di Reggio Calabria e di Franca Imbergamo, un tempo in prima linea in Sicilia e ora in forza alla Procura Nazionale Antimafia.
“Come cambiano le mafie. Idee e nuovi percorsi di contrasto” era il titolo della manifestazione che è servita a raccontare l’evoluzione delle mafie in questi ultimi anni; i rapporti con la massoneria e l’area grigia che favoriscono il proliferare delle cosche anche nelle regioni del nord; il ruolo dei cittadini e dell’associazionismo nell’opporsi alla cultura mafiosa che mette radici in territori, un tempo ritenuti immuni.
La sala che ospitava l’incontro era piena in ogni ordine di posti. Ai tanti modenesi si sono aggiunti molti referenti di Libera provenienti da ogni parte d’Italia, tanti famigliari delle vittime innocenti di mafie che, in questi anni, hanno ricevuto assistenza legale dalla Rando; la presenza degli uni e degli altri ha quindi aggiunto un ulteriore sapore alla manifestazione.
Per una sera, infatti, è come se l’intera associazione si fosse stretta in un simbolico abbraccio attorno ad Enza Rando, che nei mesi passati era stata fatta oggetto di una virulenta campagna stampa, tesa a sottolineare una presunta e pretestuosa incompatibilità tra il suo ruolo all’interno dell’associazione e la sua attività professionale.
Una polemica scatenata dagli articoli del quotidiano “Prima Pagina” e rilanciata sui social nel cuore di agosto, culminata nella querela del direttore Giuseppe Leonelli nei confronti del referente provinciale di Libera, Maurizio Piccinini, che aveva evidenziato come le ombre gettate dal giornale modenese nei confronti della Rando favorissero oggettivamente il gioco delle mafie, screditando l’operato della vicepresidente di Libera.
Non abbiamo mai dato conto di questo scontro consumatosi a Modena, da metà agosto fino alla fine di ottobre, quando il giornale ha terminato le sue pubblicazioni per motivi economici.
Pensavamo di fare il gioco di chi voleva denigrare l’attività professionale di Enza Rando, offrendo loro un’ulteriore cassa di risonanza tramite Libera Informazione.
Abbiamo sbagliato, anche se è facile dirlo ora con il senno di poi.
Abbiamo sbagliato, perché avremmo dovuto anche noi rintuzzare sul nascere le accuse di chi paventava problemi di libertà e di opportunità nell’attività professionalmente cristallina svolta dalla Rando nel territorio dove risiede abitualmente, quando non è in giro per l’Italia nei maggiori processi di mafia, per curare la costituzione di parte civile dell’associazione di cui è vicepresidente. Avremmo dovuto respingere al mittente l’accusa di strumentalizzazione del proprio ruolo, per sottolineare, invece, il lucro cessante di una professionista che, proprio per il suo impegno civile, deve rinunciare a cause ben più remunerative dei limitati rimborsi spese che Libera può garantire.
Avremmo dovuto spiegare anche noi al direttore di “Prima Pagina” che il diritto di critica è legittimo, ma non può spingersi fino a mettere in dubbio l’integrità morale e professionale di chi, come Enza Rando, ha dimostrato in decenni di carriera e impegno civile di non avere come obiettivo il proprio tornaconto, bensì il bene collettivo.
Ora ci sarà un altro luogo in cui discutere tutto questo, dopo la presentazione di due querele per diffamazione a mezzo stampa presso la Procura della Repubblica di Modena da parte di Libera e della stessa Rando.
Il popolo di Libera ha colto quindi l’occasione del 25 novembre per assicurare il proprio affetto e vicinanza ad Enza Rando. E non sono stati gli unici a presentarsi a Modena, animati dallo stesso spirito. In primis, don Luigi Ciotti: ma crediamo non ci sia bisogno di spiegare perché.
Interessa, invece, sapere perché Cafiero De Raho e Imbergamo abbiano avuto lo stesso moto nei confronti di Enza Rando. Se l’amicizia e la collaborazione tra le due donne risale ai tempi dell’università, con Cafiero De Raho il legame è più recente ma non meno forte.
Entrambi, però, sono voluti essere presenti a Modena non solo per la solida amicizia, ma anche per dire quanto il lavoro di Libera e, in particolare, quello di Enza Rando siano efficaci nella costruzione di percorsi di contrasto alle mafie.
L’adesione all’iniziativa modenese sulla scorta di tali ragioni da parte del popolo di Libera e di alcuni valenti magistrati non è però passata inosservata. Da qui il segnale lanciato all’avvocato: è come se, nel momento di massima solidarietà nei suoi confronti, questi ignoti che hanno visitato il suo studio avessero voluto dire a lei, a tutti di fare attenzione perché per quanti amici e solidarietà si possano avere, ci sono anche loro…

Parte civile in tutta Italia
La seconda questione che vogliamo affrontare è il merito del fastidio che l’attività professionale di Enza Rando ha prodotto in alcuni contesti, mafiosi ma non solo.
Libera ha voltato pagina e cambiato passo in anni recenti, perché con la costituzione di parte civile nei processi di mafia, ha dimostrato di non volersi accontentare dei risultati, pure eccellenti in anni di impegno per la legalità democratica, con percorsi di formazione e una miriade di azioni e iniziative svolte sui territori del nostro Paese.
Libera ha iniziato a chiedere verità e giustizia sui misteri italiani; a sollecitare l’accertamento sulla responsabilità delle cosche nella devastazione del territorio e nella corruzione della politica; a chiedere conto e ragione delle collusioni della zona grigia con la criminalità organizzata.
Facendo così, Libera ha affiancato all’originario impegno per il riutilizzo ai fini sociali dei beni confiscati alle mafie, una nuova azione volta, nei fatti, a colpire i legami inconfessabili tra istituzioni e mafie, tra politica e mafie, tra economia e mafie.
E l’ha fatto senza guardare in faccia a nessuno, senza fermarsi davanti agli inviti alla prudenza, senza indugiare nel finto teatrino del “politicamente corretto”.
Lo ha fatto innanzitutto con i volti puliti dei ragazzi e delle ragazze che, indossando la maglietta di Libera, intervengono nelle diverse aule, per ascoltare e supportare la domanda di giustizia. Ed è significativo che, tanto nel primo caso in cui ciò è accaduto – il processo per l’omicidio di Lea Garofalo a Milano – che nell’ultimo in ordine di tempo – sempre a Milano, il processo per l’omicidio del procuratore Caccia, caduto per un errore nelle maglie dell’archiviazione –, questa presenza sia stata sempre assicurata ad ogni udienza, senza che peraltro l’associazione sia costituita come parte civile.
A dimostrazione del fatto che quello che interessa a Libera non è il risarcimento del danno, ma il ripristino della verità.
Tutto questo, però, Libera l’ha potuto fare soprattutto con il volto determinato dell’avvocato Enza Rando, la cui competenza legale è pari solo alla sua passione civile. Una professionista autentica che ha messo da parte la possibilità di inseguire le laute parcelle che pure le spetterebbero, se esercitasse il suo lavoro a tempo pieno, per inseguire il sogno di un Paese migliore.
C’è in questa scelta personale un sottile filo rosso che lega l’impegno di oggi come dirigente di Libera a quello di ieri, come assessore e vicesindaco di un paese come Niscemi e presidente di Avviso Pubblico.
Una coerenza cristallina che è il tratto distintivo di Enza Rando. Caratteristica unica e certamente non comune ad altri suoi colleghi, che pure abbiamo visto in questi anni sedersi nelle aule, in rappresentanza delle istanze civili di associazioni o di icone antimafia “prêt-àporter”.
Enza Rando, a nome di Libera, ha rappresentato in quelle aule il desiderio di giustizia e verità e non l’ansia di apparire che abbiamo visto albergare in altre costituzioni di parte civile, volute magari per tacitare i sensi di colpa di associazioni, categorie, professionisti, insomma di chi non sa praticare quotidianamente la lezione delle tante vittime delle mafie che sono cadute perché, con coerenza e ogni giorno, facevano la propria parte: magistrati, uomini delle forze dell’ordine, sindacalisti, giornalisti, sacerdoti, imprenditori e tanti altri ancora.

Il contesto
In conclusione, analizzando il contesto in cui sono maturati i fatti, ci sembra di non essere troppo lontani dal vero, se ipotizziamo che, dietro ai volti degli ignoti che hanno violato l’ufficio modenese di Enza Rando, si nascondano i volti dei soliti noti.
I volti dei boss mafiosi: sono loro che vedono con enorme fastidio il fatto che un’associazione come Libera si affianchi allo Stato nel chiedere loro conto e ragione dei tanti delitti commessi dalle organizzazioni da loro dirette. Da quando Libera è in quelle aule, è diventato chiaro a tutti, che la partita contro le mafie non è una “storia di guardie e ladri” ma una battaglia per la democrazia nella quale impegnarsi tutti.
I volti dei politici tiepidi e dei professionisti collusi: sono loro che rappresentano quel “capitale sociale” di cui le mafie si avvalgono per infiltrarsi nella politica, nell’economia e nella società, senza destare alcun allarme, magari contando su camere di compensazione e di progettazione che la massoneria, deviata o meno lo lasciamo decidere agli esperti della materia, assicura al sud quanto al nord del Paese.
I volti dei tanti, dei troppi indifferenti: sono loro che pensano che, in fondo, chi subisce attacchi del genere se li va a cercare e non hanno mai il coraggio di ammettere con sé stessi che l’isolamento si crea attorno ad una persona, quando si lascia che le sue azioni virtuose non vengano prese a modello e seguite.
I volti dei tanti “professionisti dell’antimafia“: sono loro che patiscono, tradendo un moto di gelosia, il consenso e la competenza che Enza Rando esprime e sono sempre loro che accusano gli esponenti di Libera di essere “professionisti dell’antimafia“, finendo così per lavorare dalla mattina alla sera per dividere e seminare zizzania tra singoli e associazioni, solo per assicurarsi un posto al sole o un titolo in prima pagina…
Insomma, sono tanti i volti dei soliti noti che possiamo intravedere dietro i volti anonimi dei responsabili della violazione dell’ufficio di Enza Rando.
Fortunatamente per lei e per tutti, sono ancora di più i volti e le storie di quanti, riconoscendosi pienamente nel percorso associativo di Libera, pur tra inevitabili errori e ritardi che appartengono al corso delle cose umane, non permetteranno che Enza Rando resti sola.

Raid ignoti, solidarietà a Enza Rando

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