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Vimodrone, intitolazione biblioteca Lea Garofalo

Redazione il . Brevi

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La biblioteca comunale di Vimodrone (MI) è stata intitolata alla memoria di Lea Garofalo, uccisa dalla ‘ndrangheta nel novembre 2009 per aver denunciato il coinvolgimento di alcuni suoi familiari nella criminalità organizzata.
La Giunta comunale ha dato così seguito alla volontà dei cittadini, chiamati dall’Amministrazione stessa a scegliere tra una rosa di sei figure di donne vittime innocenti della mafia. Alla consultazione hanno partecipato 400 cittadini, il nome di Lea Garofalo ha totalizzato 158 preferenze, la maggioranza.
La nuova sede della Biblioteca comunale verrà inaugurata sabato 10 dicembre 2016, alle ore 10, alla presenza del Prefetto di Milano e del Presidente di “Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, Don Luigi Ciotti, al quale il sindaco Antonio Brescianini,a nome dell’Amministrazione comunale, conferirà la cittadinanza onoraria, come da delibera approvata all’unanimità dal consiglio comunale.
“L’Amministrazione comunale è impegnata da anni nella promozione di campagne di sensibilizzazione sui diritti e doveri dei cittadini, nella prevenzione ed educazione alla legalità, nelle scuole e a favore dei cittadini stranieri, contrasto del gioco d’azzardo e alle dipendenze, attraverso i propri mezzi di comunicazione e i periodici locali” – ha dichiarato il sindaco Antonio Brescianini. “Con questa iniziativa il Comune di Vimodrone intende restituire a Lea Garofalo memoria e onore per il suo coraggioso atto di ribellione contro la mafia e per affermare la propria volontà di legalità e giustizia, anche attraverso la diffusione della cultura, intitolandole la nuova sede della Biblioteca comunale e vuole rendere omaggio a tutte le vittime innocenti delle mafie, che hanno pagato con la vita la propria scelta di giustizia”.

Lea Garofalo (Petilia Policastro, Crotone 1974 – Milano, 24 novembre 2009) si ribellò alla cultura mafiosa e scelse la via della legalità, pagando con la propria vita. Cresciuta in un ambiente dominato da uno scenario di ingiustizia, morte, vendetta, nel quale la strada pareva definitivamente tracciata.
Lea Garofalo si ribellò, rifiutando di accettare la regola del silenzio omertoso. Divenne testimone di giustizia, decidendo di riferire all’Autorità giudiziaria quanto aveva appreso e conosciuto sui collegamenti tra le famiglie malavitose appartenenti alla ‘ndrangheta che comandavano il territorio di Petilia Policastro e, trasferite a Milano, controllavano il mercato della droga, condizionando l’economia e lo sviluppo sociale e civile, Entrò nel sistema di protezione per i collaboratori di giustizia, con tutti i drammi e i disagi che ne derivarono. Costantemente in pericolo, si spostò, insieme alla figlia Denise, in diverse città italiane. Affrontò la solitudine, la paure e le difficoltà economiche, lottò perché la figlia potesse studiare e costruirsi un progetto di vita.
Nel novembre del 2009, fu sequestrata e uccisa dalla famiglia del compagno e padre della figlia Denise. Il corpo di Lea viene infatti portato a San Fruttuoso, un quartiere di Monza, dove viene poi dato alle fiamme per tre giorni fino alla completa distruzione.

Il coraggio di Lea

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