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Riforma costituzionale: a mio modesto parere/2

Chiara Somarè il . Istituzioni, referendum e costituzione

Molte critiche alla riforma istituzionale si indirizzano sulla legge elettorale e sugli effetti che apporterebbe alla modifica della Costituzione, quello che in gergo è stato definito il “combinato disposto”. Secondo alcuni, la maggioranza che viene conferita con il doppio turno, il ballottaggio e il premio di maggioranza consentirebbe ad una minoranza di persone di governare il Paese. Viene poi censurato il fatto che, poiché si tratta di persone nominate dai partiti, possono avere ingresso in Senato persone “impresentabili”, oppure che il doppio lavoro dei Senatori-rappresentanti degli enti locali porterebbe necessariamente gli eletti a svolgere male il lavoro, in quanto non avrebbero il tempo necessario per approfondire gli  argomenti di cui devono occuparsi.
Per argomentare a favore del sì e replicare alle ragioni del no sopra sinteticamente riportate parto da una visione più generale per poi esporre delle motivazioni puntuali sugli argomenti proposti.
La sfiducia nelle Istituzioni che ci rappresentano (Parlamento e Governo) è grande e crescente ed è la conseguenza della condotta dei partiti e dei parlamentari che, avvalendosi degli spazi lasciati da Istituzioni non ben disegnate, le hanno occupate, contribuendo alla frammentazione del Paese, dando ingresso a politiche di corto respiro e rivolte ad interessi di gruppi, il tutto aggravato dalla insufficiente selezione della classe dirigente del paese.
Le pratiche parlamentari del trasformismo, del voto segreto, dell’ostruzionismo, del ripetuto voto di fiducia e dell’uso indiscriminato dei decreti legge, dello spirito di fazione che spesso ha animato ed anima i nostri rappresentanti sono oggetto, da lungo tempo, di critiche ed hanno contribuito a delegittimare le istituzioni rappresentative, delegittimazione che ha trovato sfogo anche nel dilagante astensionismo.
Altri comportamenti attuali sono espressione della delegittimazione dei partiti, il rivolgersi alla Magistratura perché questa si pronunci, censurando come illegittime le scelte degli avversari, come è accaduto per la formulazione del quesito referendario, oppure con la propaganda a favore della tesi del no, esercitata da alcuni esponenti di primo piano dei partiti che richiamano la presenza di persone “impresentabili” nelle liste, quasi che detta presenza non sia da attribuire a precise scelte effettuate dalle medesime persone che la censurano e che dovrebbero allontanare gli “impresentabili” dalla scena.
Questo mio esercizio vuole essere un tentativo di sintesi, per falsificare, nel senso popperiano del termine, le tesi del no, tenendo conto della loro critica, ma cercando un superamento della stessa.
La mia esperienza personale di elettore è stata negativa per quel che concerne il sistema proporzionale fondato sulle preferenze. Questo sistema ha contribuito al prosperare di tangentopoli, posto che i parlamentari dovevano sostenere costi importanti per farsi eleggere e i partiti si strutturavano in correnti, sempre in eterna lotta al loro interno e sempre alla mercè di minoranze (oligarchie) di partito, che sfruttavano la rendita di posizione per fare cattivo mercato.
Questo sistema sta ora cercando di mantenere la stessa organizzazione e lo stesso potere, opponendosi alla riforma per poter conservare il potere di veto che ha caratterizzato la storia di questo Paese, potere di veto che è esercitato da minoranze (con percentuali intorno al 3/4 %) che sfruttano gli spazi lasciati da un sistema molto parcellizzato.
Secondo l’opinione che mi sono formata studiando il tema, il sistema proposto ridà la parola agli elettori, che sono in grado di scegliere il programma proposto da una parte, quella prescelta dalla maggioranza, mettendo da parte le segreterie dei partiti e gli accordi tra le stesse, di cui abbiamo triste memoria.
Più il sistema torna ad essere bipolare e più peso avranno gli elettori.
Passando al tema degli “impresentabili”, occorre far mente locale ad una novità legislativa, l’introduzione nell’ordinamento del decreto legislativo 235/2013 che ha regolato l’incandidabilità delle persone che hanno subito una condanna definitiva ad oltre due anni di reclusione.
Questa regola ha già trovato applicazione nelle elezioni regionali dell’anno 2013 ed ha provocato numerose sospensioni o decadenze di consiglieri regionali o di altri enti locali e quindi non è vero che per il solo fatto della “nomina” gli “impresentabili” potranno avere ingresso in Senato.
I rappresentanti delle Regioni e degli enti locali sono sottoposti al controllo dell’assenza di condanne, inoltre l’art. 66 della Costituzione dispone che ciascuna camera vagli i titoli di ammissione dei suoi componenti e quindi sarà verificata l’insussistenza di condanne penali loro ascrivibili. L’art. 68 che disciplina l’immunità parlamentare è una garanzia di cui in passato si è pesantemente abusato, ma esistono rimedi sulla incandidabilità che ora possono essere utilizzati.
Esaminando il tema del doppio incarico, la funzione del Senato è soprattutto una funzione di raccordo delle attività legislative svolte a vari livelli di Istituzioni, quello centrale, quello locale e quello sovranazionale; attualmente il tempo dedicato a queste funzioni in Parlamento è pari al 20% rispetto al tempo occorrente per l’esame della totalità dei provvedimenti; pertanto non ritengo fondata la critica basata sulla supposta inefficienza del “doppio lavoro” di alcuni Senatori.
Molti costituzionalisti – che facevano parte del gruppo dei 35 nominati da Letta – si sono espressi a favore dell’impianto derivante dall’applicazione della legge elettorale attuale (Italicum). Tra i Costituzionalisti il dibattito è molto acceso. Uno degli argomenti critici che viene svolto è relativo al fatto che si tratterebbe in gran parte di persone “nominate” dai partiti; peraltro, la soluzione che viene prospettata da chi espone questa critica è la necessità di avere un sistema elettorale proporzionale con preferenze. Ma i capilista, in queste tipologia di elezioni, non sono sempre stati anch’essi dei “nominati” e non torneranno ad esserlo?
Occorre ricordare che la frammentazione cui conduce il sistema proporzionale accentua i fenomeni di rappresentanza degli interessi settoriali ed esaspera i poteri di veto. Il nostro obiettivo deve essere quello di disegnare buone Istituzioni, perché è stato dimostrato che dove ci sono buone istituzioni si ha migliore capacità decisionale, la spesa pubblica diminuisce e si fa minor ricorso a deficit di bilancio, con ciò avvantaggiando i cittadini più deboli, che non devono finanziare con le loro tasse i privilegi di pochi che hanno migliore accesso allo sperpero di denaro pubblico.

Bibliografia
Augusto Barbera La democrazia “dei” e “nei” partiti, tra rappresentanza e governabilità in www.forumcostituzionale.it
Sussidiarietà e bipolarismo “mite” in www.forumcostituzionale.it
Appunti per la riforma del sistema elettorale in www.forumcostituzionele.it

Lina Palmerini La “nuova” supplenza della magistratura invocata dalla politica in
Il Sole 24 ore 6 ottobre 2016

Riforma costituzionale: a mio modesto parere
La politica rende lo “scettro” al cittadino

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