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Cecina: cinque giorni all’insegna della ResponsAbilità

Ludovico Armenio il . Senza categoria, Toscana

“Robuste speranze ai piedi. Pantaloni fatti di impegno, le maglie che abbiano due colori: quello della libertà e della corresponsabilità. E portate un bel cappello, quello della conoscenza e dello spirito critico. Dobbiamo vestirci di tutto questo sempre. Questo il nostro impegno e la nostra speranza”si è chiuso con queste parole di Don Luigi Ciotti il “Quinto appuntamento dei giovani di Libera, organizzato dal 27 al 31 luglio, a Cecina, in provincia di Livorno.
E’ qui che oltre duecentocinquanta ragazzi da tutta Italia si sono dati appuntamento, all’insegna della ResponsAbilità, parola, o meglio parole d’ordine del raduno e componenti imprescindibili per i cittadini di domani, eredi dell’onore e onere di risollevare il nostro paese dalla situazione in cui si trova.
Sono stati quattro giorni intensi, di formazione e programmazione, ma anche e soprattutto di confronto e dialogo tra le esperienze che i ragazzi, durante i rispettivi anni sociali, hanno maturato nei propri territori.
Agli incontri hanno preso parte numerosi esperti nel campo delle mafie e della corruzione, tra cui il magistrato Giancarlo Caselli, che da procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ottenne importantissimi risultati nella lotta alla mafia, arrestando i boss Leoluca Bagarella, Gaspare Spatuzza e Giovanni Brusca, tra il 1993 e il 1999, e il professor Alberto Vannucci,docente di scienze politiche presso l’Università di Pisa, tra i massimi esperti di corruzione in Italia, oltre ai membri dell’ufficio di presidenza di Libera, sempre disponibili a ascoltare i più giovani. Insieme a Luigi Ciotti, presidente e fondatore di Libera,sono intervenuti, infatti, Enza Rando, avvocato e responsabile dell’ufficio legale di Libera, Davide Pati, che riveste un ruolo chiave nella gestione dei beni confiscati alle mafie sul territorio nazionale e Daniela Marcone, referente del settore dedicato alla memoria delle vittime della mafia, figlia di Francesco Marcone, direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, ucciso dalla mafia il 31 marzo del 1985 perché “era una persona onesta, che non avrebbe mai accettato certi tipi di compromessi, e per questo è stato isolato”. “Quando ero sul palco a parlare – dice Daniela – ho sentito il mio ruolo di cittadina e la forte responsabilità che ne deriva, e allo stesso tempo mi sono sentita accolta e ascoltata dai ragazzi, nei loro occhi vedo fiducia, speranza, la voglia di sapere, di cercare la luce della verità”.
Gli interventi degli ospiti si sono alternati con i lavori di gruppo, finalizzati all’analisi e al miglioramento delle pratiche dell’associazione sui territori, in termini di azione politica e comunicativi, un’occasione per i ragazzi presenti per relazionarsi e conoscersi:“La memoria che portiamo dentro diventi impegno concreto, attraverso la relazione, il contatto umano, il dialogo. Dobbiamo praticare la memoria, fare in modo che diventi un bene collettivo, attraverso l’arte e la bellezza, è l’unico modo per liberarci dallo sporco delle mafie, della corruzione, dell’illegalità” è l’auspicio di Daniela Marcone.
Sono molte le storie che si intrecciano durante questi giorni, storie tragiche, difficili da raccontarema che stimolano alla riflessione e all’impegno tutti i presenti.
Francesco è il figlio di Silvia Ruotolo, vittima innocente della camorra. Aveva cinque anni ed era con lei quell’11 giugno del 1997, quando la vide cadere, colpita da un proiettile vagante. E’ membro di Libera dal 2001, e quest’estate, da oltre un mese gira per l’Italia nei campi di E!State Liberi, e non si è fatto sfuggire l’occasione di partecipare al raduno: “Questi sono momenti fondamentali, di aggregazione e formazione, ma sono anche e soprattutto un’occasione per ricordare tutte quelle persone le cui vite sono state stroncate dalla mafia: in Campania, ad esempio, ne contiamo più di 350, e il novanta percento delle famiglie non ha ancora la verità sui propri cari. In questi giorni sento che stiamo rompendo il silenzio che avvolge queste vite”. Libera nasce per non dimenticare, e per accompagnare i famigliari delle vittime delle mafie nella loro ricerca della verità. Libera vuol dire “scegliere da che parte stare – ricorda Francesco – se seguire la legalità e godersi la vita, o se prendere la strada della malavita, che porta alla galera o alla morte”.
Anche Marco, diciassette anni, di Palermo, ha preso parte al raduno, anche se non per scelta: “Ho commesso dei reati e sto vivendo il percorso della messa alla prova, di cui questi giorni a Cecina sono la prima tappa. Non ho scelto di essere qui, ma è un’esperienza che mi sta cambiando: prima avevo la testa per aria, ma sto crescendo molto”. Marco ha preso parte ai gruppi di lavoro, e ha realizzato un reportage multimediale da condividere sulla piattaforma virtuale dell’associazione, e si è fatto un’idea del fenomeno mafioso: “Io vivo a Palermo, e a Palermo la mafia la senti, conosco tanti ragazzini che si insultano dandosi del pentito. Libera ha una sfida difficilissima, vuole cambiare la mentalità di un popolo. E’ una strada in salita, ma mai dire mai…”.
Storie di profonda sofferenza, che ci lasciano, però, la speranza di un cambiamento, la speranza di trasformare il dolore in un punto di partenza, in un fondamento di un percorso di rinascita civile, sociale e politica.Un percorso di cambiamento tanto difficile quanto necessario, che abbiamo la responsabilità di costruire insieme: “mai dire mai”, ecco il frammento di speranza con cui torniamo a casa.

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