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Asinara: scorci di condivisione

Francesca Cincera e Olga Frescura il . Dai territori

Il mare, gli asini, il bunker, dieci ragazzi che hanno voglia di mettersi in gioco e l’appoggio dei volenterosi responsabili che hanno reso possibile l’esperienza: ecco gli ingredienti fondamentali di questo campo di Libera all’Asinara. La giornata si apre, dopo i soliti rituali mattutini, con un’oretta di formazione gestita da Lorenzo, coordinatore di Libera Informazione; dopo questo momento di condivisione, divisi in due gruppi ci si alterna tra il lavoro al bunker di Cala d’Oliva, il relax sulle spiagge meravigliose dell’isola e le passeggiate sulle colline brulle popolate da capre, mufloni, asini e cinghiali. La giornata si chiude con un cineforum a tema, a cui si aggregano anche alcuni turisti che passano di lì quasi per caso; abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Alberto Nobili, magistrato della procura di Milano, che ci ha regalato un prezioso contributo al termine del film ”In un altro Paese”.
La prima volta che siamo entrati nel bunker è stato di sera, molto suggestivo. Dal giorno seguente toccava a noi fare da guide; il lavoro si divide in due parti: guidare i visitatori lungo il percorso del bunker e promuovere l’azione svolta da Libera, soprattutto riguardo i temi della memoria e dell’impegno, nuclei portanti dell’associazione.
Questo tema è stato molto sentito anche nella formazione mattutina: la discussione, infatti, si apre a partire dal ricordo di una persona che ha perso la vita per combattere la mafia e l’illegalità; finora abbiamo ricordato Rita Atria e Beppe Montana, oltre alle numerose vittime della strage di via Palestro. Il percorso si snoda partendo dagli anni Ottanta e Novanta, giungendo a toccare i punti salienti delle trattative stato­mafia di quel periodo.
La formazione ci aiuta anche ad approfondire ciò che andiamo sinteticamente ad illustrare ai visitatori del bunker, perlomeno a quelli che non sembrano interessati solo a vedere la cella dove Toto Riina alloggiò per due anni e mezzo secondo la disposizione di legge del 41 bis.
La storia del bunker ha inizio molto prima della cattura di Riina; alla fine degli anni Settanta, infatti, fu voluto proprio dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ed era composto da quattro celle, adibite alla detenzione dei capi del terrorismo Rosso e Nero. Negli anni Novanta, quando si raggiunge il clou dello stragismo di mafia con Capaci e via d’Amelio, le celle vengono ridotte a due e viene costruito un parlatorio: si aspetta l’imminente arresto dei due capi di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano e Totò Riina (anche se il primo non vi metterà mai piede perché il carcere verrà dismesso nel 1998).
Far comprendere ai visitatori anche solo una piccola parte dell’intricato sfondo di tutte queste vicende non è affatto facile, e il sole cocente di certo non aiuta; alcuni turisti hanno però qualcosa di nuovo da regalarci, qualcosa che è in buona parte in grado di dare un senso al nostro impegno e alla nostra fatica; un ringraziamento sincero, la condivisione di esperienze personali legate al volontariato, uno sguardo realmente interessato a ciò che stiamo dicendo: sono questi gli elementi che ci permettono di essere soddisfatti di noi stessi e del lavoro che stiamo facendo. Inoltre, ci siamo dovuti adattare a tutte le esigenze, soprattutto a quelle linguistiche; se all’inizio potevano sembrare ostacoli, si sono invece rivelate opportunità ulteriori per metterci in gioco (in poco tempo abbiamo tradotto la nostra traccia espositiva in inglese, francese e spagnolo).
Sicuramente questa esperienza ci lascia qualcosa di estremamente positivo; nonostante le difficoltà che lo stare in gruppo comporta, la convivenza e in generale il campo sono modi per allargare i nostri orizzonti, confrontandoci con abitudini diverse dalle nostre, ma anche con un luogo che ci è estraneo. Questa è quindi per noi un’esperienza di formazione e un’occasione di crescita, sia personale che come gruppo, anche solo partendo dalla necessità di coordinarci tra di noi ad esempio per cucinare per tutti i volontari, oltre che per essere sintonizzati sugli orari e sulle esigenze del campo.
L’isola dell’Asinara è un posto magnifico: così selvaggia e meravigliosa a volte toglie il fiato, soprattutto se vista dal camminamento che sovrasta il bunker di Cala d’Oliva. Insomma, un posto da vedere se mai dovreste averne l’occasione. Un grazie speciale va sicuramente a Ivo, Giampiero, Lorenzo e Marcella, che ogni giorno hanno fatto l’impossibile e anche di più per assicurarsi che tutto andasse per il meglio.

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