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Migrazioni, l’esasperante lentezza nella collaborazione di alcuni paesi africani

Piero Innocenti il . L'analisi

Alla data del 20 luglio 2016, sono giunti in Italia via mare oltre 81mila migranti, provenienti per lo più dai paesi africani, segnatamente dalla Libia e dall’Egitto. La grave e perdurante instabilità politica nella regione, nonché la minaccia di organizzazioni radicali islamiche (Isis e gruppi affiliati, Boko Haram) che non esitano a far ricorso alla violenza e all’annientamento degli oppositori, ha determinato, come noto, l’intensificazione dei flussi migratori verso il Vecchio Continente.
Dall’analisi delle nazionalità dichiarate al momento degli sbarchi è emersa una forte diminuzione di eritrei e siriani, un contenuto calo di somali, un significativo incremento di stranieri provenienti dalla Guinea, Nigeria, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Camerun, Sudan, Mali, Senegal e Guinea Equatoriale. Diminuiti anche gli arrivi di cittadini del Bangladesh,  Pakistan, Palestina e Iraq, mentre sono in aumento quelli provenienti dal Marocco, Isole Comore, Ghana, Sierra Leone, Togo, Burkina Faso, Etiopia.
Questa situazione ha indotto il nostro Paese ad iniziative (in itinere) di cooperazione, finalizzate ad agevolare le procedure di rimpatrio nei paesi di origine, accompagnate da interventi di assistenza tecnica-in termini di forniture di mezzi, tecnologie e di formazione delle polizie locali – a favore dei paesi firmatari di accordi. Così, con il Gambia, dopo la sottoscrizione nel giugno 2015 di un Memorandum d’Intesa, è stato definito un programma di assistenza che prevede, tra l’altro, un corso di formazione sui controlli alle frontiere per la polizia gambiana, avviato presso il  Centro di Addestramento della Polizia di Stato di Cesena, nonché la fornitura alle autorità di polizia di Banjul di materiale informatico e di una quarantina di fuoristrada. Una missione, svolta ad aprile scorso, ha inoltre verificato la fattibilità di un progetto per installare un sistema di rilevamento e archiviazione delle impronte digitali (AFIS, già utilizzato in Italia) e un sistema di anagrafe di tipo biometrico, che consentirebbero una sollecita identificazione dei migranti giunti irregolarmente in Italia, anche per una più agevole procedura di rimpatrio. Si vedrà, nei prossimi mesi, se dalle parole si passerà ai fatti con quelle autorità.
Anche con il Ghana un accordo di massima su di un testo di Memorandum in tema di immigrazione e rimpatri, concordato  a Roma nel dicembre 2015, non ha ancora ricevuto il nulla osta alla firma da parte del ministero degli esteri ghanese e la “pratica” è stata sollecitata a maggio scorso. L’esito positivo non è affatto scontato.
Situazione sostanzialmente analoga con il Senegal. Dopo la firma, a febbraio di quest’anno, di una dichiarazione congiunta del Capo della Polizia italiano con l’omologo senegalese, in cui veniva sancito l’impegno alla cooperazione in materia migratoria, una bozza di Memorandum con quelle autorità è ancora all’esame del Ministero degli Esteri africano.
Allo stesso modo procede, lentamente, il Ministero degli Esteri ivoriano, che ancora non ha sciolto le riserve sul testo di un accordo raggiunto a Roma, nel novembre 2015, e già emendato nel corso di una missione ad Abidian dell’aprile scorso. Nell’accordo tecnico si prevede, tra l’altro, il distacco di ufficiali di collegamento della Costa d’Avorio presso nostri uffici di polizia centrali e territoriali, in particolare nei luoghi di sbarco dei migranti. Anche in Nigeria, a febbraio 2016, il Capo della Polizia italiano ha firmato una dichiarazione congiunta con il corrispondente nigeriano in tema di rimpatri e, sul punto, si registra già qualche passo avanti.
Una “possibile futura cooperazione  di polizia in tema migratorio” pare possibile anche con l’Etiopia, dopo l’incontro di una delegazione italiana dell’ottobre 2015, sempre che si risolvano le “generiche ma esose esigenze di supporto formativo, logistico e tecnico” avanzate dalla polizia federale etiope. Non si esclude, comunque, una ulteriore missione in Etiopia,  perché, nel frattempo, la materia dell’immigrazione è passata nelle competenze del NISS (il servizio di sicurezza etiope).
Dall’ottobre 2015, dopo una missione in Sudan, una bozza di Memorandum attende la conferma da quelle autorità e, dopo una serie di limature e precisazioni, pare che, recentemente, sia stata raggiunta una intesa sulla quale si attende la conferma ufficiale. L’Italia si è resa disponibile anche a partecipare ad un progetto della Spagna (risale al novembre 2014!), sostenuto anche dalla Francia, per costituire in Niger team misti di esperti incaricati di prestare assistenza tecnica a quelle autorità impegnate nel contrasto al traffico di esseri umani. Anche in questo caso si “attendono sviluppi”. In “attesa” di conoscere se sarà finanziato con fondi dell’UE anche il progetto italiano, in collaborazione con l’Egitto (National Security Sector del Ministro dell’Interno), per realizzare un Centro di formazione regionale presso l’Accademia di Polizia del Cairo.
Che dire innanzi a queste esasperanti lentezze che bloccano accordi che, magari, verranno disattesi poco dopo a causa delle turbolenze interne di quei paesi? Qualcuno sostiene che alcuni di quei governi chiudano volutamente, da anni, gli occhi di fronte alle migrazioni dei loro cittadini, soprattutto quando vanno via i più problematici per l’ordine pubblico e anche per allegerire il “fardello” socioeconomico  che possono costituire.

 

 

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