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Diffamazione di politici e magistrati, Fnsi: «Quella norma va ritirata»

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Federazione Nazionale della Stampa Italiana

«Ci aspettiamo il ritiro della norma in tempi brevi e ci aspettiamo anche una parola da parte del governo sul tema delle sanzioni previste per la diffamazione a mezzo stampa. Ma non ci fermiamo a questo: è necessario, infatti, che il Parlamento riprenda a discutere di abolizione del carcere per i reati di opinione e di tutti gli altri interventi che possano rendere più civile questo Paese».

Questo l’appello lanciato dal segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, al termine della conferenza stampa indetta nella sede del sindacato dei giornalisti per protestare contro la previsione dell’inasprimento delle pene per i cronisti che dovessero essere riconosciuti colpevoli di diffamazione nei confronti di politici, amministratori locali e magistrati contenuta nel disegno di legge in materia di contrasto al fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali.

Dopo l’introduzione della portavoce di Articol21, Elisa Marincola, la conferenza stampa, organizzata da Federazione nazionale della stampa italiana, Articolo 21, Usigrai, Ordine dei giornalisti del Lazio e Pressing NoBavaglio, è stata aperta dall’intervento dell’avvocato D’Amati, che ha ricordato i diversi pronunciamenti della giurisprudenza, sia italiana che europea, secondo i quali la previsione della detenzione per i giornalisti è una pena sproporzionata: «L’apparato sanzionatorio che prevede il carcere per i giornalisti è medievale, fuori dal tempo. Piuttosto la politica e le istituzioni dovrebbero pensare a come rendere più facile il lavoro dei cronisti agevolando la consultazione di atti e documenti», ha detto D’Amati.

E se è vero che i giudici della Corte di Cassazione hanno ormai segnato con le loro sentenze un consolidato indirizzo favorevole ai giornalisti, «restano – ha spiegato Domenico D’Amati – negli altri gradi di giudizio orientamenti spesso discordanti».

Nel corso del dibattito sono state affrontate anche le questioni delle richieste danni in sede civile, le cosiddette “liti temerarie”, e i ripetuti tentativi di riproporre la questione delle intercettazioni: «Questo è solo l’ultimo tentativo – ha spiegato Marino Bisso, del comitato Pressing-NoBavaglio – di imbavagliare i giornalisti e creare una serie di impedimenti al diritto di cronaca. Anche indebolendo, come ha fatto il jobs act, le tutele dei lavoratori dell’informazione».

Della necessità di ritornare ad una informazione di qualità, che eviti anche che il giornalista possa incorrere in errori in buona fede, ha parlato Paolo Butturini, della segreteria della Fnsi. Mentre Alessandro Galimberti, presidente dell’Unione cronisti, ha rilanciato l’opportunità di individuare con chiarezza gli obiettivi da perseguire: no al bavaglio alla stampa e no al carcere per il giornalismo.

Spazio poi alle testimonianze di Vincenzo Vita, Paolo Brogi, Graziella Di Mambro e alle domande dei colleghi. Fino alle conclusioni del presidente della Fnsi Giulietti.

«Se questa norma – ha osservato Giuseppe Giulietti – è solo un equivoco, il Senato la ritiri. Se così non è siamo pronti a mobilitarci fino a scendere in piazza per ribadire quello che in Europa è ormai una certezza: il carcere per i reati di opinione va abolito. Quella di cui parliamo è una norma antinazionale, inserita nel provvedimento contro le minacce agli amministratori ma non richiesta dagli stessi promotori della legge, cioè Libera e Avviso Pubblico. Noi vogliamo ribaltare lo schema chiedendo di introdurre il reato di molestie all’informazione».

«La prossima settimana – ha quindi anticipato in chiusura il segretario Lorusso – saremo al congresso della Federazione internazionale dei giornalisti e in quella sede presenteremo come Federazione nazionale della stampa italiana un documento sul tema del carcere per i cronisti sul quale chiederemo il sostegno dei colleghi di tutto il mondo. Nessuno chiede l’impunità. Se un giornalista sbaglia è giusto che venga sanzionato, ma servono gli strumenti giusti, come il Giurì dell’informazione, e sanzioni adeguate. Sarebbe sufficiente recepire l’indirizzo consolidato della Corte europea dei diritti dell’uomo».

Diffamazione, Efj e Ifj al fianco della Fnsi

«Efj e Ifj condannano con forza il progetto di modifica del codice penale italiano che punta ad inasprire le sanzioni nei confronti di coloro che sono accusati di diffamazione ai danni di rappresentanti della classe politica, della magistratura e della pubblica amministrazione». È quanto si legge in una segnalazione inviata al Consiglio d’Europa dalle organizzazioni internazionali dei giornalisti.

«La Federazione internazionale e la Federazione europea dei giornalisti condannano con forza il progetto di modifica del codice penale italiano che punta ad inasprire le sanzioni nei confronti di coloro che sono accusati di diffamazione ai danni di rappresentanti della classe politica, della magistratura e della pubblica amministrazione». Questo l’incipit dell’appello – pubblicato sul sito internet del sindacato europeo di categoria – che le organizzazioni internazionali rivolgono alle autorità italiane insieme con la richiesta di depenalizzare la diffamazione: «Sulla questione – scrivono – Efj e Ifj hanno inviato al Consiglio d’Europa una segnalazione pubblicata sulla Piattaforma per la protezione dei giornalisti».

Dopo le proteste della Fnsi, dell’Ordine dei giornalisti e di Ossigeno per l’informazione, anche le organizzazioni internazionali dei giornalisti si mobilitano, dunque, contro il disegno di legge votato in commissione Giustizia al Senato il 3 maggio 2016 e ora prossimo ad essere portato in aula. 

«Già nel 2013 – si legge nella segnalazione – Dunja Mijatović, rappresentante dell’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ndr) per la libertà dei media, ha indirizzato una lettera all’allora ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, per ricordare che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo considera la pena del carcere per la diffamazione una sanzione sproporzionata e una minaccia per la democrazia».

Secondo Ricardo Gutiérrez, segretario generale della Efj, «in uno Stato davvero democratico nessuno dovrebbe incorrere in pene detentive per ciò che scrive o per quello che dice». Al contrario in Italia, dove le accuse di diffamazione sono sempre più comuni, si vogliono inasprire le sanzioni. 

Per questo Federazione nazionale della stampa italiana, Articolo 21, Usigrai, Ordine dei giornalisti del Lazio e Pressing NoBavaglio hanno organizzato per mercoledì primo giugno, ore 10.30, una conferenza stampa con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo rappresentato dal nuovo disegno di legge.

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