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Modena, filiale dei Casalesi

di Lorenzo Frigerio il . Emilia-Romagna

Presentata la ricerca etnografica sul comune di Bomporto// – Sabato 16 maggio è stata presentata presso la Casa della Legalità di Sorbara, frazione del Comune di Bomporto, la ricerca “Abitare la giustizia per battere le mafie”: lo studio etnografico è stato realizzato dal Centro Studi del Gruppo Abele, in collaborazione con Libera Informazione e la Cooperativa Sociale Aliante. A commentare i risultati dell’interessante lavoro sono intervenuti tra gli altri il sindaco di Bomporto, Alberto Borghi e Franco La Torre, che per Libera segue in Europa tutto il percorso per l’approvazione e l’entrata in vigore della direttiva che prevede il riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.

Qui l’abstract dello studio – scarica il pdf

Come la ‘ndrangheta ha saputo estendere il proprio raggio d’azione in Emilia nell’arco temporale di tre decenni, così anche la camorra – soprattutto il clan dei casalesi – ha trovato nella provincia modenese e in quella parmense il contesto ideale per l’insediamento di propri uomini e capitali. Una testa di ponte confacente alla conquista di nuove fette di mercato, portata a termine senza colpo ferire, non essendo necessario esporsi più di tanto, ma bastando vivere della luce riflessa di un’imprenditoria locale dotata di un pedigree rispettabilissimo, in grado di aprire porte fino a quel momento inaccessibili ai clan.

Analogo profilo imprenditoriale e finanziario è pertanto attribuibile alla camorra presente in Emilia-Romagna ormai da decenni. Un mosaico di clan, dai Nuvoletta/Polverino ai Sarno e ai Moccia, dalla cosiddetta Nuova Camorra Flegrea ai Mallardo di Giugliano in Campania, dalle storiche famiglie provenienti da Napoli e la sua provincia, fino ad arrivare ai casalesi, le cui presenze sono registrate e Modena, Parma, Reggio Emilia, Rimini, Ferrara e Ravenna:«Appare chiara la presenza e l’operatività di esponenti della criminalità campana sul territorio dell’Emilia Romagna, regione in cui, da anni, vengono de localizzati gli interessi criminosi di vari affiliati a clan camorristici, in particolar modo appartenenti ai casalesi. Le proiezioni camorristiche operano secondo le metodologie tipiche mafiose, non solo nei vari settori illeciti, ma anche infiltrandosi nell’“economia legale”..»1.

Gli ambiti nei quali i clan campani si sono svelati particolarmente attivi in Emilia-Romagna sono l’edilizia, la logistica, il commercio e il turismo, le aste fallimentari, l’acquisto d’imprese e attività commerciali in crisi, senza dimenticare la propensione dei casalesi per lo smaltimento illecito dei rifiuti e il condizionamento degli appalti pubblici. Sono stati in passato ma sono tuttora settori nei quali far affluire copiosamente le risorse da riciclare, provenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, le estorsioni e l’usura, le bische clandestine e il gioco d’azzardo on line.

All’interno della galassia camorrista, i casalesi sono sicuramente tra i clan più potenti di inizio millennio, in ragione dell’immensa forza e del potere acquisito muovendosi alla conquista dei pascoli italiani ed europei da Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Casapesenna, comuni dell’agro aversano, la porzione della provincia casertana che confina a nord con Napoli. Spregiudicatezza e violenza, senso degli affari e spirito animale, logiche familiari e lusso sfrenato convivono nell’epopea criminale dei casalesi, portata alla ribalta da Roberto Saviano con la sua denuncia coraggiosa2.

Non occorre ritornare diffusamente sulle cause degli insediamenti nel territorio regionale delle organizzazioni di matrice campana, perché possono riproporsi utilmente le considerazioni svolte in generale per tutte le organizzazioni mafiose in trasferta al nord.

Infatti, secondo quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia Dario De Simone, durante gli anni Settanta del secolo scorso, cominciarono a prendere residenza nella provincia di Modena muratori e manovali originari della provincia di Caserta. Sebbene la maggior parte fosse all’epoca formalmente incensurata, fu questa la prima falange incaricata di creare le condizioni per l’insediamento del clan casalese in regione, offrendo ospitalità ai latitanti e ai pendolari delle rapine. Per lo più sconosciuti al momento dell’arrivo, in realtà, la loro appartenenza all’organizzazione criminale e la capacità di intimidire, senza dover ricorrere all’esibizione della violenza, consentirono in breve tempo una posizione rispettata e temuta e crearono le condizioni per la crescita economica e finanziaria del clan.

La presenza dei casalesi, come ribadito a più riprese anche dalle diverse relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia di questi ultimi anni, è stato censita in numerosi comuni della provincia di Modena, dove alcuni dei suoi esponenti più pericolosi e blasonati dal punto di vista criminale si sono insediati in pianta stabile, in un periodo compreso tra gli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta del secolo scorso. Bastiglia, Bomporto, Castelfranco Emilia, Mirandola, Nonantola, San Prospero e Soliera, in rigoroso ordine alfabetico, sono comuni che hanno ospitato all’interno dei propri confini alcuni affiliati in regime di soggiorno obbligato. Gli investigatori concordano inoltre sul fatto che queste stesse realtà, in ragione della naturale rete di conterranei venutisi a stabilire nella zona, in seguito ai flussi migratori e lavorativi, abbiano rappresentato il miglior rifugio per alcuni dei capi storici del sodalizio, durante la loro latitanza.

Modena, Parma e Reggio Emilia sono state scelte come luogo di residenza e operatività fin da subito, ma in anni ancora più recenti i casalesi e gli altri clan campani hanno rivolto la loro attenzione anche a Rimini, Ferrara e Bologna. Nei territori dove s’insediano i casalesi sono soliti riproporre l’organizzazione del clan proveniente dall’agro aversano: quindi gerarchia ben definita, nonostante alcuni capi storici nel frattempo siano finiti in carcere; regole d’affiliazione riprese e adattate da quelle in vigore presso cosa nostra; ruoli e compiti rigidamente circoscritti; cassa comune per il pagamento degli stipendi agli affiliati e le urgenze dell’ultima ora. [..]

In una delle sue relazioni annuali qualche anno fa, la Procura nazionale antimafia lanciava l’ennesimo segnale d’allarme rispetto al tentativo in atto dei casalesi di entrare in pianta stabile nella regione:«Già nelle precedenti relazioni era stata sottolineata la pericolosità estrema delle infiltrazioni criminali di natura mafiosa riconducibili al clan dei “Casalesi”, che, come noto, costituisce uno dei più agguerriti, ma anche finanziariamente potenti, aggregati strutturali della camorra. Tale pericolosissimo “cartello” da anni, infatti, ha ormai stabilmente proiettato la propria sfera di influenza criminale anche in Emilia-Romagna»3.

La fazione dei casalesi che s’impone inizialmente in Emilia, in particolare nel modenese, è quella originaria di San Cipriano D’Aversa, patria di Antonio Bardellino e Antonio Iovine. Nella gestione del traffico di droga, delle estorsioni e del controllo del gioco d’azzardo ad imporsi come referenti della fazione sanciprianese sono Raffaele Diana detto “rafilotto”, Giuseppe Caterino detto “peppinotto” e Bruno Lanza. La gestione delle attività edili invece era in mano al fratello di Giuseppe Caterino, Aurelio. [..]

 

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