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Diari dalla Bolivia

a cura di Libera* il . Internazionale

Giramondi quest’anno è alla quarta edizione, e, dopo Argentina, Messico e Colombia, visiteremo uno dei paesi latinoamericani più vivaci a livello sociale, dove appunto le organizzazioni e le associazioni oggi partecipano al processo politico a vari livelli. Partiamo in sedici volontari da Roma, di cui otto fanno parte del gruppo Giramondi e altri otto giovani al progetto Atrevete!Mundo che, oltre a voler conoscere le realtà sociali, farà diverse esperienze di volontariato.

A seguire i diari

Il  26 aprile siamo ancora nella a regione de Los Yungas e il nostro risveglio avviene a causa rumore della pioggia battente. Ma è questione di poco.  Verso le 9 del mattino ha già smesso e il sole asciuga le strade, cancellando le pozzanghere e portandosi via l’umidità. Per rientrare a La Paz ci attende nuovamente il percorso fatto il giorno precedente, per circa due terzi su strada sterrata. Ripercorriamo la strada immersa nella lussureggiante natura di questa regione, con le consuete pause in piccoli villaggi dove non mancano mai almeno un paio di chioschetti che vendono “saltenas” (panzerottini di pasta frolla ripieni di sugo e carne), pollo fritto, “refrescos” (bibite gassate o succhi di frutta). In Bolivia c’è il trionfo dello street food e sicuramente non si corre il rischio di restar digiuni! Questa volta però decidiamo di concederci un pranzo a base di pesce: in prossimità di un lago a circa un’ora da La Paz, infatti, lungo la carretera de Los Yungas, c’è la possibilità di mangiare trote appena pescate e almeno dieci ristorantini in fila offrono menù a base di trota fritta o bollita, l’immancabile riso e brodo di pesce. Arriviamo a La Paz nel tardo pomeriggio e trascorriamo una serata tranquilla, consapevoli che l’indomani ci attende una giornata ricca di incontri. Il primo incontro del 27 aprile è con la CSUTCB (Confederacòn sindical ùnica de trabajadores campesinos de Bolivia), ossia il sindacato dei coltivatori boliviani. E’ una delle cinque organizzazioni che hanno dato vita al MAS (Movimiento al Socialismo), il partito di Evo Morales che guida il paese dal 2006. Veniamo accolti da Mario Chumbi, presidente della Comisiòn Tierra del CSUTCB.  Il sindacato è particolarmente forte in questo paese, considerando la vocazione fortemente agricola della Bolivia in cui vivono 3 milioni di campesinos (contadini) e ci sono 850mila piantagioni. Inoltre la concezione ancestrale della Pachamama fa sì che i campesinos abbiano un rapporto particolarmente stretto con la propria terra. Non a caso otto mesi fa è stata fondata la “Autoridad por la madre tierra”, che risponde all’obiettivo di Evo Morales di riportare al centro dell’attenzione il tema della terra e della sua sacralità.
La figura del “campesino” nasce in Bolivia nel 1953 in seguito alla riforma agraria. Questo rappresenta un punto di svolta importante poiché non solo si prende coscienza a livello governativo dell’importanza del lavoro agricolo (mentre in precedenza tutte le attenzioni erano dedicate alla vita commerciale di La Paz e alle miniere della zona di Potosì). Il modello di organizzazione e produzione agricola è basato sulle “comunità”, a cui i campesinos aderiscono in quanto possessori della terra ma anche in virtù di una appartenenza collettiva a un determinato gruppo  sociale. Uno dei dibattiti che attualmente sta investendo il mondo agricolo riguarda l’introduzione delle colture transgeniche, che il governo vorrebbe estendere al fine di aumentare le esportazioni di prodotti agricoli all’estero. Uno dei problemi insiti in questa strategia consiste nel fatto che le colture transgeniche richiedono territori molto ampi e un conseguente disboscamento. Esteban Sanjinez, ricercatore della fondazione Tierra, spiega che la deforestazione sta diventando sempre più massiccia soprattutto nelle aree di Santa Cruz e del Beni e che solo lo scorso anno sono stati eliminati 350 ettari di boschi. Il secondo incontro della giornata è dedicato al tema della memoria: visitiamo la “ASOFAMD – Casa de la Memoria”, l’associazione che riunisce i familiari dei desaparecidos durante le dittature boliviane che si sono succedute dal 1964 al 1982. Veniamo accolti da Nila Herèdia, leader dell’associazione e ministro della sanità durante il primo mandato di presidenza di Evo Morales.
Dei desaparecidos boliviani si sa poco all’estero, a differenza del clamore suscitato dai deseparecidos argentini e cileni. Eppure anche qui il Plan Condor – che ha visto la collaborazione dei dittatori di vari paesi dell’America Latina per perseguire a livello internazionale i dissidenti politici – ha fatto molte vittime. Il numero dei desaparecidos boliviani si basa unicamente sulle denunce fatte all’ASOFAMD, e ammonta a circa 154 persone. Ma ragionevolmente potrebbero essere molte di più. La ASOFAMD si batte per la costituzione di una Commissione Verità e Giustizia e, pur collaborando con la Plataforma de luchadores sociales por la justicia e la memoria historica, non crede nel valore del risarcimento alle vittime delle dittature e ai familiari dei desaparecidos. Un altro tema su cui si sta spendendo molto l’ASOFAMD è la condizione di Garcia Mesa, l’ultimo dei dittatori boliviani che ha subito un processo di 7 anni essenzialmente legato alle connivenze con il narcotraffico e che ora potrebbe tornare in libertà dopo aver scontato due terzi della pena.  L’ASOFAMD vorrebbe un nuovo processo che ponesse stavolta l’accento sulla violazione dei diritti umani e sulle sparizioni forzate avvenute sotto la sua dittatura. Inoltre l’associazione sta cercando di coinvolgere anche i giovani nella sua battaglia nella  ricerca di verità e giustizia e ha avviato attività di sensibilizzazione nelle università. Ricardo,  giovane attivista dell’ASOFAMD, ci racconta che non è facile convincere i giovani dell’importanza di approfondire questo pezzo di storia oscura boliviana benchè complessa e dolorosa. Ma attraverso attività come cineforum e spettacoli teatrali sta pian piano divulgando l’importanza di conoscere bene il passato per costruire le basi del futuro.

Atrevete!Mundo

Domenica 26 Aprile
Il primo risveglio del gruppo Atrevete nella comunità Afro-Boliviana di Yabalo, dove i ragazzi si fermeranno per alcuni giorni di condivisione, e’ inaugurato da una lunga giornata all’insegna della raccolta della “hoja de coca” ed un’escursione verso il fiume sull’altro lato della montagna. La comunità di Yabalo vive della produzione di coca come unico prodotto di esportazione nei mercati legali. Non appena si arriva nelle piantagioni, Janet,nostra guida e referente per la fondazione Yabatac della comunita’, e la zia raccontano al gruppo le tre fasi principali della produzione di coca: la prima consiste nel piantare la coca sotto un letto di paglia finché non cresca abbastanza da poterla poi piantare nel “Cocal”, ovvero una piantagione organizzata in terrazze sui pendii scoscesi delle Ande. La seconda fase consiste nella raccolta delle foglie di coca, seguita dalla terza ed ultima fase in cui le foglie vengono lasciate seccare al sole su un telo disteso su una superficie piana, per un intervallo di tempo di due o tre ore, finché non diventino secche e pronte ad essere vendute nel mercato legale di La Paz, ad un prezzo medio di 30 Bolivianos / libra (circa 4 euro). Nel pomeriggio, l’autista della comunità è venuto a prendere il gruppo Atrevete per cominciare un lungo percorso verso il fiume, attraversando una strada impervia, accompagnato da Cumbia (musica locale) e paesaggi mozzafiato. All’arrivo al rio, Janet ci ha mostrato le particolarità della zona, come alberi da frutto che nascono spontaneamente ed il fiore simbolo nazionale. Dopo aver rinfrescato i piedi nelle acque fredde del rio, siamo andati a raccogliere dei frutti nell’area circostante. Subito dopo ci si è messi in viaggio per ritornare al villaggio, pronti per una cena a base di pollo, riso e verdure cresciute nei campi della comunità. La giornata si conclude sempre molto presto per tutti qui, per ricaricare le energie in vista di una nuova giornata di lavoro. La sveglia è alle 5, e al gruppo non dispiace troppo: d’altronde, far parte di una comunita’ ha diritti e doveri,e noi siamo qui per condividerli tutti.

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