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“E’ in gioco il futuro”: Riflessioni sul percorso curato da Libera e il progetto Policoro di Anagni-Alatri

di Walter Bianchi il . Lazio

“Occorre fare rete!”, è l’imperativo che da sempre accompagna gli intenti e i propositi degli operatori occupati in ambito sociale. Consci di quanto sia importante una sinergica collaborazione per raggiungere ottimamente obiettivi, altrimenti difficilmente perseguibili, è nata la collaborazione di Libera con il progetto Policoro di Anagni-Alatri. Prima esperienza condivisa nel Lazio, creata per affrontare le difficoltà giornaliere seguenti la crisi occupazionale e lavorativa, piaga sempre più dilaniante in Italia tanto da segnare negativamente le esistenze di milioni d’individui (il tasso di occupati dai 15 ai 65 anni è pari al 55,7%, dati ISTAT del 30 gennaio 2015). Con il progetto, dipanatosi in 9 incontri, si auspicava pertanto di segnare in modo positivo il futuro dei partecipanti, o quantomeno di dare loro una nuova speranza, fornendo i riferimenti, minimi necessari, e gli strumenti per riflettere sul concetto di auto imprenditorialità perseguibile attraverso il sistema cooperativistico. Un modello di organizzazione lavorativa, forse, sottovalutata per le potenzialità che presenta. Limite macroscopico se analizzato sulla base degli importanti principi etici e morali su cui spesso si struttura l’azione di cooperazione, che ha nella più alta considerazione la dignità dei singoli individui a cui propone i propri servizi.

I seminari tenuti da diversi relatori, provenienti dalle varie realtà che hanno collaborato attivamente alla realizzazione del progetto (Coldiretti, Confcooperative, MLAC oltre la già citata Libera), sono stati seguiti per intero da 28 partecipanti. Questi si sono avvalsi, inoltre, delle testimonianze di alcuni operatori del settore cooperativistico già attivi in provincia, che hanno permesso un’analisi più accurata e realistica del quadro sociale e lavorativo del frusinate.

Nonostante sia stata la prima esperienza, così configurata, i risultati possono ritenersi apprezzabili, come testimoniato dal maggior numero dei partecipanti. Soddisfazione manifestata sia per la comprensione degli argomenti sia per l’opportunità offerta nel creare nuove relazioni sociali e lavorative. Un inizio senza dubbio incoraggiante, che può certamente offrire degli spunti per migliorare nella progettualità e nella realizzazione d’iniziative come queste, che si auspica di poter ripetere e ripresentare (in questa e altre diocesi della provincia).

Interessante e formativo è stato il confronto con coloro i quali sono intervenuti, sia tra i relatori sia tra i partecipanti, utile a capire quanto ci sia la necessità di tracciare nuove strade e segnare diverse proposte lavorative.

Il sistema cooperativistico, in tal senso, si è dimostrato certamente un’opportunità pur con una valenza, troppo spesso, da “ultima spiaggia”. La ragione per cui non sia valutata come principale scelta, verso cui orientarsi per rispondere alle esigenze occupazionali, è da individuarsi tanto in una spiccata propensione nel ricercare forme lavorative dipendenti – subalterne a proposte (e rischi) imprenditoriali di terzi -, quanto in una mancanza di aiuti (economici e strutturali) cui accedere per un valido start up delle cooperative. Si aggiunga la notevole influenza di una cultura individualista, ormai radicata, da cui deriva una percezione distorta degli altri individui, percepiti come una minaccia anziché come parte di un’unica comunità coesa e proiettata al bene comune, su cui contare per migliorare la propria condizione.

La sfida futura consisterà nel riscoprire insieme il valore del “noi”, della collaborazione e della fiducia verso il prossimo. Valori che certamente possono e potranno rappresentare la base fondante di nuove forme lavorative più umane e soddisfacenti, specie se non svincolate da alti valori etici e morali. Alla corsa sfrenata verso l’accumulazione di denaro, rispondente alla filosofia secondo cui “pecunia non olet”, si dovranno preferire buone pratiche, redditizie (nel rispondere ai bisogni primari della vita) ma lontane da sentimenti arrivisti e speculativi.

Nota a parte merita l’idea di riutilizzo dei beni confiscati. Dagli incontri tenuti è apparso evidente come questi siano percepiti ancora come “minus valore”, piuttosto che come utile risorsa strutturale da cui far nascere la propria esperienza lavorativa. Determinante è la concezione della realtà criminale, che nelle sue forme stereotipate e reali, è avvertita come una minaccia troppo forte per l’incolumità dei singoli.

Da un’osservazione oggettiva del quadro generale non stupisce che risulti difficoltoso prendere spunti e reputare positivamente gli esempi provenienti da altri territori e realtà che hanno trovato nell’unione, d’intenti e motivazioni, la soluzione per un riscatto sociale ed economico avvalendosi anche delle opportunità offerte dalla legge 109/96 (legge per cui si possono gestire i beni per finalità sociali). I beni confiscati sono apparsi essere un’opportunità solo nei casi in cui si “presentano in zone sicure e tranquille” e più generalmente fonte di minacce esterne e pericolo, da cui fuggire.

Dai gruppi di lavoro sono emersi cinque progetti strutturati per lavorare in diversi settori: agricolo (2), culinario (1, attraverso la riscoperta dei sapori locali tradizionali), cura e sostegno per gli anziani (1) e per ragazzi, under 18, disabili, normo-dotati o con difficoltà sociali. Progetti posti al vaglio di Coldiretti e Confcooperative a cui verrà chiesta una valutazione sulle potenzialità degli stessi affinché possano essere promossi e finanziati,  o, nei casi peggiori,  un aiuto per migliorarli, attraverso consulenze specifiche, affinché possano divenire realtà concrete.

Per apprezzare meglio gli sforzi e l’impegno profuso, sin dall’inizio, nel percorso compito ci vengono in soccorso le parole dell’animatrice del Progetto Policoro, Ilenia Scerrato: “ L’idea di realizzare questo seminario nasce da un’esperienza diretta con il sistema cooperativistico. Nel luglio 2014 insieme ad altre 15 persone, conosciute tramite progetto Policoro, costituimmo una cooperativa. Dalle fatiche incontrate nel capire cosa fosse una cooperativa, nello scrivere lo statuto,  quali fossero le competenze di notai e degli uffici della camera commercio e, soprattutto, percependo l’importanza fondamentale della progettazione, è venuta fuori l’idea del seminario. L’intento era facilitare la strada a coloro i quali decidevano di intraprendere un percorso simile, fornendo in blocco quelle informazioni che, noi al contrario, avevamo faticosamente raccolto qua e la. I legami con Libera nascono perché spinti nell’offrire esempi concreti. Dai primi contatti con il referente provinciale per avere maggiori informazioni sulla presenza di beni confiscati nel nostro territorio e sulla relativa modalità di gestione, è proseguita la concretizzazione dell’idee del seminario. Inizialmente l’obiettivo finale era stato individuato nel riutilizzo di un bene cambiato poi in corso d’opera, anche realizzando quanto fossero determinanti negativamente le lungaggini burocratiche e temporali. Libera è stata quindi la filiera che ci assiste dall’inizio e che tuttora ci accompagna anche in altre idee. L’idea del riutilizzo del bene confiscato nasce anche per l’esperienza maturata su un campo di volontariato di “Estate Liberi” tenuta a Sessa Aurunca nel luglio 2014. Una cooperativa ha riutilizzato quel bene per creare diverse attività: giardino sensoriale, palestra, conserviera, coltivazione del terreno etc. Questa esperienza è stata molto significativa perché ci ha mostrato come nonostante le difficoltà (ex proprietari e burocrazia) è possibile avere questi beni e soprattutto riutilizzarli nel sociale”. Dello stesso avviso è Marzia La Guardia , animatrice del Policoro nella diocesi di Anagni-Alatri durante il triennio precedente, che stimola nel migliorare la progettazione condividendo i suoi dubbi “Questo corso è stato organizzato per i giovani ma la maggior parte dei partecipanti aveva un’età “matura”…allora viene da chiedersi: cosa vogliono i giovani, cosa si può fare per loro? Come stimolarli? Forse bisogna agire sul cambiamento di mentalità e fornire strumenti è la tappa successiva?

A conclusione dei lavori,  il vescovo della Diocesi di Frosinone-Veroli- Ferentino sua Ecc.za Mons. Ambrogio Spreafico e il vescovo della Diocesi di Anagni-Alatri sua Ecc.za Mons. Lorenzo Loppa, hanno salutato i partecipanti e espresso il loro compiacimento per il corso, visto il gran numero di filiere e di cooperative coinvolte, con  l’augurio che possa essere di giovamento per un futuro lavorativo soprattutto in questo periodo di forte crisi economica in cui è importante mettersi in gioco regalando un messaggio di speranza ai partecipanti.

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