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Narcos e orrori messicani

di Piero Innocenti il . Internazionale

La tragica vicenda dei 43 giovani studenti messicani uccisi e bruciati dai narcos di Guerreros Unidos, il 26 settembre c.a., su ordine del sindaco di Iguala, complice la moglie, è soltanto l’ultimo dei gravissimi episodi di violenza in un paese, ormai da anni, nelle mani della criminalità. Su 2435 municipi messicani si sostiene che oltre il 70% sia sotto il controllo dei cartelli e di bande di narcotrafficanti. Ciò vuol dire che la vita quotidiana di circa 60milioni di cittadini, sul totale di 103 milioni, è fortemente condizionata dalle organizzazioni criminali, che hanno diversificato, da tempo, la loro attività. Non più soltanto commercio di stupefacenti, ma sequestri di persona, tratta dei migranti, estorsioni, omicidi. Un apparato criminale diffuso che, allo stato, non ha eguali in altri paesi dell’America Latina, forse nel  mondo, e che è fortemente colluso con le reti imprenditoriali e la politica ( garantiscono le vittorie nelle competizioni elettorali) e le forze di polizia. I cartelli tradizionali hanno subito nel tempo, in particolare nel corso del 2014, perdite importanti con la cattura –  o la morte in conflitti a fuoco con polizia o esercito – dei rispettivi leader e questo ha contribuito alle separazioni di gruppi che hanno conseguito autonomia, ma che sono entrati, inevitabilmente, in conflitto con altre bande nella spartizione dei mercati illeciti. Nel 2010 la spaccatura era toccato ai temibili Los Zetas, gruppo originariamente proveniente da un reparto speciale dell’esercito, che per un lungo periodo era stato il braccio armato del cartello del Golfo. Successivamente (2011), furono i narcos dei Cavalieri Templari a separarsi dalla Familia Michoacana, legata anch’essa, un tempo, al cartello del Golfo e famosa per omicidi efferati, con decapitazioni e mutilazioni delle vittime. Un tentativo, poi rientrato, avvenne anche nel cartello di Juarez, quando il gruppo dei sicari (La Linea), anche questi di provenienza militare, provarono a mettersi in proprio. Anche i fratelli Beltran Leyva, prese le distanze (2008) da El Chapo, il capo del poderoso cartello di Sinaloa ( perchè ritenuto responsabile dell’arresto di uno dei fratelli), avevano organizzato una struttura ben articolata che si avvaleva di cellule delinquenziali di contorno tra le quali i Los Primos, i Los Pelones e Los Guerreros Unidos,  operativi, in particolare, nello Stato di Guerrero, dove la violenza ha raggiunto livelli straordinari. Guerreros Unidos è nato nel 2010 ad opera di Cleotilde Torbio Renteria (El Tilde), arrestato da militari dell’esercito. A questo cartello si attribuiscono i più gravi delitti avvenuti nel 2104. Sarebbe stato Sidronio Casarrubias Salgado, attuale leader di Guerreros Unidos, a dare le indicazioni al suo luogotenente (Gildardo Lopez Astudillo, alias El Gil) sulla mattanza degli studenti di Iguala. I mandanti ( arrestati alcuni giorni fa) sono stati, come emerso nelle indagini degli ultimissimi giorni, il sindaco di Iguala preoccupato che il gruppo di studenti inscenassero una manifestazione di protesta al comizio della moglie Maria, sorella di due narcos dei Beltran Leyva. Sempre da questo cartello era nato, agli inizi del 2011, il gruppo delinquenziale “Mano con Ojos” dall’appellativo del suo capo che sarà arrestato nello stesso anno. Neanche il suo successore, l’ex poliziotto Oscar Osvaldo Garcia Montoya (El Compayto), durerà molto. Ad agosto, infatti, a Tlalpan,  venne catturato al termine di un’operazione di un reparto speciale interforze denominato G-60. El Compayto era accusato di una ventina di omicidi commessi personalmente e come mandante di almeno un altro centinaio, tra cui quelli di alcuni suoi collaboratori ritenuti “traditori”. Il giorno di ferragosto, appeso al ponte pedonale di Interlomas,  il cadavere, decapitato, di un uomo che faceva parte di un elenco di sei persone che El Compayto aveva deciso di eliminare poco prima del suo arresto. L’omicidio viene attribuito a “El Comandante”, il nuovo capo di Mano con Ojos che sarà arrestato a marzo del 2012. Come si vede l’alternanza nella dirigenza criminale è molto rapida. Un altro “minicartello”,  noto come “Los Rojos”,era stato individuato nel maggio 2009, a Yautepec (Guerrero), in occasione della scoperta di un laboratorio per la produzione di droghe sintetiche. Inizialmente diretto da alcuni componenti della famiglia Arellano ( in particolare dalla intraprendente Maria De Jesus alias La Chucha) anche questo gruppo era passato al servizio dei Beltran Leyva. Per qualche anno, dopo l’arresto di Gerardo Calderon Catalan, ex capo della polizia di Yautepec, accusato di aver garantito protezione ai narcos e distribuito droga utilizzando anche agenti in servizio di pattugliamento (!), i Los Rojos erano riusciti a “lavorare” silenziosamente, grazie ad una fitta rete di rapporti stabiliti con esponenti politici locali ( tra l’altro si evidenzia il finanziamento della campagna elettorale di Cornelio Agustin Alonso Mendoza, ex presidente del consiglio comunale). Le ultime notizie risalgono all’aprile 2013, con il ritrovamento del cadavere, con tre fori di proiettile nella testa, di Antonio Elì Roman Miranda, leader di Los Rojos e, accanto, quello di un altro narcotrafficante della zona conosciuto con il soprannome di “Carrete”, giustiziato anche lui. Il “testimone” era passato, quindi, ad una donna, Maria del Carmen Nava Romero, ma anche lei era durata poco: a marzo 2014, era finita in carcere.

Difficile, come si può intuire da queste sintetiche considerazioni, riuscire ad avere un quadro completo e definito delle (molte) organizzazioni e bande messicane che, con grande disinvoltura, riescono a stabilire nuove alleanze nei momenti di difficoltà o a mutare la loro struttura. Continua ad essere straordinariamente forte il condizionamento esercitato nei confronti degli apparati politici e di polizia nei vari Stati. Certo è che il Messico è sempre più soffocato da una situazione di crisi democratica, che  appare irrecuperabile.

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