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“1200 Km per i Fantasmi di Portopalo”: in Puglia la prima tappa del viaggio in bicicletta

di Valentina Leone il . Puglia

di Valentina Leone/// — C’è un filo sottile ma resistente che lega alla vita i corpi dei 283 migranti affondati la notte tra Natale e Santo Stefano del 1996 a largo di Portopalo (Sr): un filo lungo 1200 km che Gaia Ferrara, ciclo-attivista romana, sta percorrendo con la sua bici, dalla Puglia alla Sicilia, tappa finale del percorso. Rendere giustizia restituendo memoria, tessendo una rete che tenga insieme volti senza nome inghiottiti dal mare e storie odierne, ma anch’esse, spesso e volentieri, soffocate dall’oblio.

LEGGI L’INTERVISTA A GAIA FERRARA  – Al via “1200 Km per i Fantasmi di Portopalo”

GUARDA IL VIDEO DELLA CONFERENZA STAMPA A ROMA

La regione di partenza del viaggio “1200 Km per i Fantasmi di Portopalo” è la Puglia. E la scelta non è casuale: “L’anno scorso ho conosciuto una persona che aveva lavorato nei centri di accoglienza pugliesi negli anni ’90 – spiega Gaia Ferrara – i racconti con cui sono venuta a contatto, storie toccanti su ragazze kosovare e albanesi, si sono mescolati ai ricordi che avevo del periodo degli sbarchi dall’Albania. Ero una bambina, ma ciò nonostante le scene degli sbarchi a Otranto sono immagini rimaste impresse nella mia memoria. L’essermi accostata a queste storie, insieme al forte legame personale che ho con la Puglia, ha fatto sì che questa terra diventasse il punto di partenza del mio viaggio”. Narrazioni apparentemente lontane nel tempo, sbiadite nella memoria di molti, si intrecciano, ancora una volta, con la realtà odierna: perché se gli sbarchi dei migranti albanesi, i volti emaciati di centinaia di donne e bambini salvati per miracolo al largo del panoramico litorale otrantino, oggi appaiono parte di un passato remoto, la vergogna delle migliaia di migranti sfruttati nei campi dai caporali e pagati pochi euro al giorno per lavorare in condizioni di schiavitù è l’amaro presente con cui la Puglia deve fare i conti e il motivo per cui la storia dei “fantasmi” di Portopalo ha bisogno di germogliare proprio lungo queste campagne assolate.

Le tappe in Puglia. “La nostra prima tappa è stata San Severo, nel foggiano. Ad ospitarci l’Art Village, spazio di servizio realizzato in uno stabile della ASL di zona nonché sede del Presidio cittadino di Libera, intitolato alla memoria di Francesco Marcone, funzionario dell’Ufficio del Registro di Foggia, ucciso dalla criminalità organizzata il 31 marzo del 1995. Il centro, affianco alla supervisione di Libera, è autogestito dai migranti e l’esperienza educativa messa a punto è sul modello venezuelano: da una parte si combatte solitudine e devianza, facendo convergere esperienze socio – sanitarie e realtà associative, dall’altra si favoriscono integrazione e incontro attraverso progetti artistici, laboratori, percorsi partecipati e d’inclusione”.  Ed è proprio grazie ad Art Village che Gaia fa la conoscenza di Hervè e Mbaye, animatori dell’associazione “Ghetto Out”, nata per contrastare il fenomeno dei villaggi della vergogna sorti nelle campagne della Capitanata, come quello di Rignano Garganico, dove centinaia di uomini e donne subiscono la schiavitù fisica e psicologica imposta dai caporali: 14/15 ore di lavoro al giorno retribuite con pochi euro, per sette giorni su sette e a condizioni durissime. I ragazzi di ‘Ghetto Out’ cercano di informare i migranti sui loro diritti, forniscono assistenza e aiuto di vario tipo, ma soprattutto lottano, anche al prezzo di minacce e intimidazioni, affinché si creino nuove opportunità e momenti di inclusione che strappino i migranti a schiavitù ed emarginazione.  Di volti provati dal duro lavoro, di aggregazione e legalità parla anche la storia di Casa Sakarà: albergo diffuso che ospita, attualmente, 61 migranti, tra cui molti appena arrivati in Italia, è un’esperienza oggi collaudata e gestita dai ragazzi di Ghetto Out, con un progetto per la produzione di tessuti batik e la coltivazione di ortaggi destinati all’autoconsumo. “L’associazione – spiega Gaia – punta ad implementare la lavorazione della terra prendendo in gestione alcuni terreni comunali oggi incolti, ma i tempi della burocrazia, nonostante la tenacia dei ragazzi, non vanno di pari passo con la fame di lavoro e la voglia di costruire qualcosa di bello e importante che anima i migranti ospiti della struttura”.

“E!state Liberi“. Il viaggio prosegue con tappa a Cerignola dove, ad attendere Gaia, ci sono i ragazzi della cooperativa “Pietra di scarto”: alle porte del paese, Pietro e Giuseppe, insieme ad altri volontari, si occupano di un terreno con fabbricato confiscato alla mafia. Un luogo – simbolo, che da pochi giorni ospita il campo di volontariato E!state Liberi, in collaborazione con Arci, Spi e Flai CGIL.  “I ragazzi del campo erano curiosissimi di conoscere il progetto della biciclettata e la storia dei migranti di Portopalo, inoltre – commenta Gaia – abbiamo preso parte ad una conferenza stampa, nel corso della quale Davide Pati, responsabile del settore beni confiscati di Libera, ha spiegato ai volontari l’importanza di memoria e legalità, parlando di questo viaggio e lodando il progetto. La testimonianza più intensa, però, ce l’ha regalata Magda, ragazza polacca che 15 anni fa è venuta in Italia pensando di trovare un lavoretto per l’estate e, invece, come tanti e troppi, è finita nelle mani dei caporali. Sfruttata e minacciata, ha poi trovato il coraggio di scappare dal campo e denunciare quando si è accorta che uno dei suoi aguzzini, otre ad obbligare alcune donne della struttura a prostituirsi, aveva tentato di stuprare la sorella minore, che, come lei, era venuta in Italia in cerca di lavoro. Magda ha imparato l’italiano, e ha scelto di restare in questo Paese e impegnarsi, lavorando presso la Cgil di Cerignola per il settore migranti”.

Da Cerignola a Taranto. Il viaggio di Gaia in Puglia non si fermerà però qui: Trani, Polignano, Mola, Putignano e infine Taranto, altro luogo simbolo del crocevia di migranti, sono le prossime tappe del percorso. Alcune associazioni hanno deciso di prendere parte, anche se per pochi chilometri o per un solo break, all’iniziativa: staffette, incontri, dibattiti, ospitalità. “Ero alla ricerca di storie positive, testimonianze di cambiamenti possibili, e credo di aver trovato tutto questo – conclude Gaia, mentre torna in sella alla bici. La Puglia ha molte storie di resistenza da raccontare, e il senso del mio viaggio e anche questo: conoscere e portare con me segnali di speranza”.

Per seguire il viaggio di Gaia Ferrara leggi anche il diario di Giuseppe Parente realizzato quotidianamente per Libera 

[Foto a cura di Giuseppe Parente]

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