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A 29 anni dall’uccisione di Beppe Montana, commissario della squadra mobile di Palermo

di redazione il . Sicilia

“Dobbiamo spiegare ai giovani chi sono e come vivono i mafiosi, dobbiamo convincerli perché da soli non ce la possiamo fare”.  Con queste parole Beppe Montana, commissario della squadra mobile di Palermo, ucciso il 28 luglio 1985 da Cosa nostra chiedeva alla società civile e alle istituzioni di fare la propria parte per contrastare le mafie. Una intuizione importante quella di Montana, in anni in cui l’antimafia era ancora troppo spesso relegata all’attività di magistratura e forze dell’Ordine. 29 anni sono passati da quella frase e da quell’impegno spenti dai colpi di pistola (una 357 Magnum ed una calibro 38 con proiettili ad espansione) sparati dai boss di Cosa nostra, mentre  Montana era con la fidanzata a Porticello, frazione del comune di Santa Flavia,  nei pressi del porto dove era ormeggiato il suo motoscafo.

Chi era Beppe Montana. Nato ad Agrigento e cresciuto a Catania, si era laureato in Giurisprudenza. Alcuni anni dopo, tramite concorso entrò in Polizia e divenne dirigente della sezione Catturandi della Squadra Mobile di Palermo. Montana,  aveva conosciuto e lavorato con il commissario Ninni Cassarà, e dal giugno 1984 era  alla direzione della sezione “catturandi”. Con il suo arrivo l’attività quotidiana della sezione si incrementò, cambio’ ritmi e ottenne subito numerosi risultati. Le indagini spesso, raccontano i colleghi dell’epoca, venivano portate avanti anche oltre l’orario di lavoro, talvolta gli appostamenti erano realizzati con macchine private e anche durante i giorni di riposo. La storia della catturandi e dei commissari di polizia come Montana e’ soprattutto la storia di una battaglia contro le mafie portata avanti con poche risorse ma in prima persona. Nel 1985, qualche giorno dopo il delitto Montana, venne ucciso anche il suo capo, Ninni Cassarà, insieme all’agente Roberto Antiochia.

Memoria e impegno.   A Giuseppe “Beppe” Montana è dedicata la piazza di Porticello (Santa Flavia) in cui fu ucciso e  una cooperativa nata sui beni confiscati  delle province di Catania e Siracusa. A ricordare il suo sacrificio, negli anni, il fratello Dario Montana, punto di riferimento importante per  Libera a Catania e familiare attivo nel settore Memoria dell’associazione.  “Sui terreni in cui prima la mafia ribadiva il suo potere criminale – commenta il coordinatore di Libera in Sicilia, Umberto Di Maggio – in questi giorni tanti giovani arrivati da tutta Italia ribadiscono il loro impegno contro mafie e illegalità, nel nome di Beppe Montana e di tutte le vittime delle mafie. Nel suo ricordo oggi continuiamo a rinnovare il nostro contributo quotidiano per un Paese libero dalle mafie, perché il suo sacrificio non sia stato invano. In particolare  – conclude Di Maggio – la storia di Beppe Montana è custodita in una pagina molto dolorosa della storia della Sicilia: quella di un investigatore di talento temuto (e per questo ucciso) dalle mafie, soprattutto per il suo contributo determinante nella cattura dei latitanti, cui invece lo Stato come testimoniano le cronache dell’epoca, aveva dato pochi strumenti e risorse per potere contrastare davvero i boss”.  

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