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I “Cento Passi” di Formia

di Graziella Di Mambro il . Lazio, Senza categoria

Lei è lì, in uno storico palazzo del centro dove vive la borghesia buona e ha un tenore di vita alto, forse più di quanto si potrebbe permettere.  Lui è qui nella immediata periferia dentro una delle molte lottizzazioni dubbie ma dignitose che affacciano sull’Appia.  Tra la casa di Katia Bidognetti, figlia di Francesco «Cicciotto e mezzanotte» e quella di Massimiliano Noviello figlio di Domenico, una delle vittime più note di Francesco Bidognetti, corrono si è no un paio di chilometri e se li fai di corsa sono pochi passi. I centopassi di Formia.


Stare nella stessa città, con in figli nelle stesse scuole di danza, lavorare in negozi che quasi si guardano, frequentare parrocchie attigue e fare finta che tutto fluisca come se nulla fosse, nell’abituale caos ovattato della città di mare dove la camorra ha il suo buen retiro e cerca di non sparare se non è necessario perché l’importante non è apparire ma fare soldi.  Eppure le vite della figlia del carnefice e del figlio della vittima, alla fine, giocoforza, si sfiorano perché Formia è tanto piccola e sta in una lingua di terra di cinque chilometri e se non è al bar è al supermercato ma alla fine i tuoi amici e nemici li incontri.  Katia Bidognetti il padre non lo ha mai rinnegato, anzi dalle intercettazioni dei fascicoli della Dda emergono tra i due colloqui di una normale famiglia del centro Italia. «Cicciotto e’ mezzanotte» ha un curriculum criminale lungo mezzo metro, condannato all’ergastolo dopo il processo Spartacus per i reati di associazione camorristica e delitti collegati, sentenza divenuta esecutiva nel 2010. In carcere gli sono stare notificate altre ordinanze di custodia per ulteriori delitti.

A novembre è stato condannato a 20 anni, con giudizio abbreviato, per inquinamento delle acque e disastro ambientale nella Terra dei Fuochi. Nell’ambiente il suo è un nome «pesantissimo» in quanto è stato un «capo camorrista» nella confederazione dei casalesi (insieme a Francesco Schiavone), attualmente è al regime del 41 bis.   Nel maggio del 2008 impartì l’ordine di uccidere Domenico Noviello che 7 anni prima aveva denunciato un  tentativo di estorsione ai suoi danni da parte di un gruppo di affiliati al clan capeggiato appunto da  Francesco Bidognetti; in seguito a quella denuncia furono arrestati e condannati gli autori del tentativo di estorsione, tra cui i fratelli Alessandro e Francesco Cirillo, poi scarcerati e riarrestati per altre estorsioni nella stessa zona del casertano in cui operava Noviello. Il quale oggi viene considerato la vittima di un gesto «dimostrativo» di Bidognetti verso chiunque osasse sfidare il potere della camorra. L’imprenditore gestiva un’autoscuola e dopo la sua morte anche il figlio Massimiliano ne aveva aperta una al centro di Formia; all’inaugurazione partecipò anche il Prefetto di Latina per supportare oltremodo l’idea che le famiglie vittime delle intimidazioni di camorra potevano trovare in provincia di Latina un modo per ripartire con il sostegno delle istituzioni.


 In quegli stessi giorni, forse in quelle stesse ore, Katia Bidognetti lavorava in un negozio che dista in linea d’aria meno di mezzo chilometro, sempre in pieno centro a Formia. Lei, la figlia che tutte le cronache descrivono come la prediletta di Francesco, moglie di Giovanni Lubello, anch’egli arrestato quando i due già si erano trasferiti a Formia, conduce un tenore di vita molto alto e il padre la asseconda. A dirlo è la madre, divenuta  collaboratrice di giustizia. Quando dopo il 2008 le entrate della famiglia Bidognetti diminuiscono Katia dice: «… non posso dormire perché è l’onore di mio padre; io non posso permettere che mio padre non ha una lira per pagare gli avvocati…».  A Formia Katia è piuttosto conosciuta, un po’ il nome la precede e un po’ (appunto) per il suo tenore di vita. A renderla ancora più famosa è stata comunque una foto scattata in un locale di Formia dove compariva insieme all’ex consigliere comunale del Pdl Erasmo Merenna, il quale per il tramite del suo avvocato ha fatto sapere da subito che quella sera della festa aveva scattato varie foto con molti altri ospiti, anche con chi non conosceva, compresa la stessa Katia. Un episodio, acqua passata. 
 Poi Katia Bidognetti ha continuato a stare nella sua città di elezione, in via Vitruvio. E Massimiliano Noviello a starle poco distante, sull’Appia. Biografie opposte e parallele, «condannati» a coabitare dentro uno spazio così piccolo che ci si sfiora. E che rimanda di Formia quello che è, il «rifugio» per molti, per tutti. Ciò che resta di molto radicato del clan dei casalesi e del ruolo di Bidognetti è tutto negli atti giudiziari; ciò che resta della battaglia di Domenico Noviello è nella sua testimonianza che, dopo la morte, ha cambiato molte cose nella sensibilizzazione verso il fenomeno del racket. E nella breve distanza che separa questi due trentenni così lontani  puoi trovare tutto ciò che li divide, tutto ciò che li racconta. Appia, poco più in là della casa di Massimiliano: due sale slot, l’ultimo grande affare della camorra; la parrocchia dell’Immacolata dove assistono i rifugiati politici e, a volte, l’oratorio accoglie anche i disperati vittime di usura ed estorsioni; i negozi  pretenziosi e le sedi delle nuove associazioni che assistono (in silenzio e spesso gratis) i commercianti «strozzati»; di nuovo la parrocchia che accoglie tutti senza guardare al reddito; e poi il bar frequentato da Katia, dove il venerdì c’è l’apericena più ambito della Formia  da bere.


 E sono finiti già i centopassi.

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