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Il tramonto del cartello messicano dei “Los hermanos Arellano”

di Piero Innocenti il . Internazionale

La cattura, un paio di giorni fa, a La Mesa, una frazione di Tjiuana, di Fernando Sanchez Arellano (El Ingeniero), capo del cartello dei “Los hermanos Arellano”, è stato un altro durissimo colpo alla organizzazione dei narcos. “El Ingeniero” era ricercato da tempo anche dalla Dea (l’agenzia antidroga americana)per alcuni conti in sospeso negli Usa. Lo hanno ammanettato i federali mentre seguiva in televisione la partita Messico-Croazia. L’organizzazione, nota anche come il “cartello di Tjiuana”, ha controllato, per lungo tempo, buona parte dei tremila chilometri di confine con gli Usa.

Un altro duro colpo era stato inferto nel 2013,il 19 ottobre, quando nell’hotel Marbella di Cabo San Lucas ( Messico, Bassa California), alcuni sicari avevano assassinato Francisco Rafael Arellano Felix, ex boss del narcotraffico. I sette fratelli Arellano furono accusati, tra l’altro, dell’omicidio, avvenuto  ventuno anni fa, forse per errore, di Juan Jesus Posadas Campos, cardinale di Guadalajara, durante un conflitto a fuoco con appartenenti al rivale cartello di Sinaloa. Gli Arellano hanno pagato cifre milionarie per corrompere magistrati, politici locali e poliziotti. Emblematica la vicenda che risale al novembre 2008 quando il Governo centrale dovette inviare a Tijuana reparti dell’esercito e della polizia federale per “rimpiazzare” circa cinquecento agenti della locale polizia che furono disarmati e sottoposti ad un’inchiesta per verificare le denunce di collusioni e condizionamenti con la criminalità. Il (vero) leader del cartello probabilmente ha continuato ad essere, nonostante la detenzione a vita in un carcere di alta sicurezza californiano, Francisco Javier Arellano Felix, meglio noto come El Tigrillo. La stessa sorte è toccata a Eduardo Arellano Felix (El Doctor), arrestato nell’ottobre del 2008 a Chapultepec dopo un conflitto a fuoco con i federali e militari dell’esercito, poi estradato negli Usa dove sta scontando una condanna a 15 anni di carcere.Era andata male anche ad un altro fratello, Ramon Arellano, ucciso nel 2002 in una sparatoria con la polizia, mentre, sempre quell’anno, il quarto componente della famiglia, Benjamin Arellano, veniva arrestato ed estradato successivamente negli Usa dove, nel 2012, ha patteggiato la pena a 25 anni di reclusione innanzi alla Corte di San Diego (California). Tra i vertici del cartello figurava anche “El Teo” (Teodoro Garcia Simental), un narcotrafficante violento, accusato di diversi omicidi, che verrà catturato dalla polizia federale nel gennaio 2010 dopo che nei dintorni diTijuana, erano stati commessi una quarantina di omicidi e molte persone erano scomparse senza lasciare traccia. Il mistero delle centinaia di casi di “lupara bianca” verrà risolto con l’arresto, a gennaio del 2009, di uno squallido personaggio, Santiago Meza Lopez, al soldo di El Teo per sciogliere nell’acido i corpi delle vittime e per questo conosciuto nel mondo criminale come “El Pozolero del Teo”. La polizia accerterà, dai ritrovamenti dei reperti biologici in alcuni fusti metallici, che circa trecento persone avevano subito questo trattamento. “Un lavoro come qualunque altro!”, dichiarerà “El Pozolero” il cui salario settimanale garantito era di 600 dollari.

L’azione repressiva continuerà anche negli anni seguenti con la cattura di capi e gregari. L’azionedella Dea porterà a giugno del 2010 (operazione “Luz Verde”), all’arresto di una quarantina di collaboratori del cartello di Tijuana, tra cui sei donne ed un funzionario di alto livello della Procura Generale della Bassa California accusato di aver fornito informazioni riservate ai narcos in cambio di consistenti somme di denaro. Per tutto il 2011 il cartello aveva mantenuto un bassissimo profilo e, comunque, non era stato oggetto di speciale attività investigativa dalle forze di polizia. Nel 2012 si erano registrati soltanto tre arresti di un certo peso e, tra questi, quello avvenuto a settembre, a Tijuana, di Cesar Alfredo Meza Garcia (El Tachuelas), capo cellula della piazza locale. I 30 anni di carcere inflitti a dicembre 2013 negli Usa dove si trova recluso, ad Armando Villareal Heredia (El Gordo), altro leader del cartello, hanno rappresentato un altro momento di probabile definitiva disarticolazione del cartello.

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