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Operazione Turnover: criminalità nigeriana e droga

di Fabrizio Ricci il . Umbria

di Fabrizio Ricci/// “Da tempo si è registrata la presenza in questa provincia di gruppi criminali nigeriani che, di fatto, hanno conseguito una posizione dominante come grossisti di stupefacenti (eroina e cocaina) che introducono in Italia e smistano capillarmente sul territorio nazionale”. La provincia di cui si parla è quella di Perugia e a farlo è il giudice per le indagini preliminari Lidia Brutti, che ha emesso 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere per altrettanti soggetti, quasi tutti di nazionalità nigeriana e di etnia “Igbo”, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla importazione, trasporto, raffinazione e commercio di stupefacente del tipo cocaina, ed eroina.

Una fitta rete di smercio in Italia
Una grossa operazione quella partita da Perugia e denominata “Turnover”, coordinata dalla procura di Perugia e condotta dalla prima sezione criminalità organizzata della squadra mobile in collaborazione con il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato e la Direzione centrale Servizi antidroga (Dcsa). Con l’indagine che dal capoluogo umbro si è poi allargata a mezza Italia, svelando una fitta rete di trafficanti che operavano, oltre che nel capoluogo umbro, a Torino, Padova, Modena, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Caserta.

Complici in mezzo mondo
Ma l’organizzazione scoperta dall’operazione “Turnover” travalicava ampiamente i confini nazionali, potendo contare su complici dislocati in quasi tutti i continenti: Europa, Asia e Sudamerica e Africa. Nel continente nero d’altronde – ricorda il Gip nell’ordinanza – la Nigeria gioca ormai un ruolo preminente come punto di riferimento per gli stupefacenti provenienti da Brasile, Colombia, Venezuela ed Ecuador per quanto riguarda la cocaina e da Pakistan, India e Thailandia per quanto riguarda l’eroina, con destinazione finale Europa.

Sistema verticistico rigido
Le organizzazioni criminali nigeriane – scrive il Gip nell’ordinanza – si distinguono da altre strutture criminali straniere poiché hanno una costruzione verticistica rigida, dalla quale emerge la figura di uno o due capi, rigorosamente nigeriani, i quali gestiscono a livello internazionale i rapporti tra i vari gruppi.

Il sistema degli ovulatori
Il metodo di trasporto della droga dall’Africa all’Europa e poi anche all’interno dell’Italia, è quello, ben noto, dei “corrieri/ovulatori”. Soggetti – si spiega nell’ordinanza emessa dal tribunale di Perugia – di diverse nazionalità, spesso di sesso femminile, tutti in regola con i documenti di viaggio e i permessi di soggiorno e solitamente privi di precedenti penali. I corrieri, che arrivano ad ingerire fino a 100 ovuli alla volta (più di un chilo di droga) mantengono rapporti diretti sia con chi predispone il viaggio in madrepatria, quindi i vertici nigeriani dell’organizzazione, sia con chi li attende sul luogo di destinazione.
Nell’ordinanza si parla comunque anche di “corrieri non ingoiatori” di razza bianca, utili a far arrivare grossi carichi di stupefacenti, con l’utilizzo di containers, soprattutto in Olanda e Inghilterra, occultando la droga insieme ad altra merce.

Modus operandi consolidato nel tempo
L’operazione “Turnover” non rappresenta comunque una novità assoluta. Come scrive il Gip infatti, gli episodi accertati sono “sintomatici di un modus operandi sperimentato e risalente nel tempo, non già riferibile ad occasionali accordi tra più soggetti, bensì ad una preventiva e generica programmazione criminosa, riconducibile ad una struttura organizzata, dotata di uomini, con ruoli determinati, e mezzi, in grado di assicurare nel tempo reiterate condotto nel campo del narcotraffico”.

La storia si ripete
E in effetti, andando un po’ a ritroso nel tempo, con l’aiuto di uno strumento fresco di pubblicazione come il dossier “La droga in Umbria” – che Libera ha curato insieme alla Regione e presentato con don Luigi Ciotti lo scorso 30 aprile a Perugia (Umbria e droga, Ciotti: “Dossier coraggioso”) – ci si imbatte subito in un’altra operazione partita sempre da Perugia e simile nei suoi contorni: l’operazione Black Passenger. Era il 2010 e in quell’occasione il Tribunale di Perugia emise un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 25 nigeriani accusati anche di associazione finalizzata al traffico. Anche allora, l’indagine indicò che i capi dell’organizzazione erano di stanza in Nigeria e dirigevano una rete di affiliati operativa in Italia, in particolare a Padova e Perugia, da dove rispettivamente venivano riforniti il Nord-Est e il Centro. Il sistema di trasporto della droga era sempre quello dei corrieri/ovulatori.
Andando ancora più indietro nel tempo ci si imbatte in un’altra operazione importante. Era il 2002 e a Perugia veniva scoperta un’altra organizzazione dedita al traffico di cocaina e al riciclaggio dei proventi. Anche allora furono svelate connessioni tra Colombia, Nigeria, Spagna, Olanda, Austria, Campania e infine Perugia. Quanto al riciclaggio, venne fuori (come anche nella recentissima operazione “Turnover”) che una parte dei proventi incassati grazie allo spaccio venivano lavati, con piccoli ma continui versamenti, attraverso agenzie di money transfer.

Niente legami familiari, ma forte coesione interna
Nel dossier curato da Libera Umbria una fonte di polizia descrive così la criminalità nigeriana presente sul territori: “I gruppi nigeriani – dice la fonte – sono formati da appartenenti al ceppo degli Igbo o degli Yoruba. La loro organizzazione interna non è contraddistinta da legami familiari, come nel caso degli albanesi. Malgrado questo, c’è una forte coesione interna, derivante dal fatto che i nigeriani, quando si tratta di mettere in piedi un traffico di droga, non si fidano della collaborazione con gli autoctoni. Ci è capitato raramente, diversamente dalle operazioni di contrasto nei confronti dei tunisini, di rilevare legami tra nigeriani e cittadini italiani. I nigeriani, agli italiani, non affidano neanche il ruolo di corriere. Preferiscono fare da soli. Tanto che anche a livello di relazioni personali, è raro vedere coppie miste. I nigeriani si legano quasi esclusivamente alle donne della loro comunità”.

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