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Sicilia, una cava nel mirino dei boss

di Rosario Sardella il . Sicilia

—di Rosario Sardella —–/// Un patto di ferro, quello tra imprenditoria e mafia nel territorio nisseno, che stenta a rompersi. E’ quanto emerge dagli ultimi sequestri eseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta. Imprese, quote societarie, beni mobili, immobili e rapporti bancari, per un valore di circa 3 milioni di euro sono stati sequestrati a Francesco Cammarata, 54enne di Gela, ritenuto dagli inquirenti vicino alla famiglia mafiosa gelese riconducibile al boss Giuseppe “Piddu” Madonia. Il Cammarata, titolare a Gela di una cava di estrazione di materiali inerti e di un’impresa per il trasporto, secondo gli investigatori, avrebbe fatto affari con l’organizzazione mafiosa, trasferendo a favore di quest’ultima ingenti somme finanziarie attraverso il sistema delle sovrafatturazioni di forniture e del trasporto. In cambio Cosa Nostra gelese avrebbe garantito al Cammarata, attraverso la forza di intimidazione del sodalizio mafioso, una posizione dominante e di esclusivo controllo nel settore delle forniture e del trasporto dei materiali inerti impiegati per la realizzazione di opere pubbliche e private anche al di fuori della provincia nissena. Sempre al Cammarata sono state sequestrate una società con sede a Gela, titolare di un istituto di bellezza, due fabbricati siti nel comune di Gela e quattro facenti parte di un complesso turistico nell’isola di Lipari e 45 terreni siti nel territorio gelese.

Questi sequestri arrivano pochi giorni dopo l’operazione antimafia “Fenice” eseguita dagli agenti della Squadra Mobile di Caltanissetta, su ordine della Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo nisseno. Sei arresti, tra Gela e Niscemi, a rimarcare il patto tra Cosa Nostra gelese e il clan niscemese guidato da Giancarlo Giugno, finito in manette lo scorso febbraio nell’ambito dell’operazione antimafia “Rewind”. A ereditare il timone un giovanissimo studente universitario, Alberto Musto, 28 anni. Era lui che comandava a Niscemi, sotto il bene placito del capo mandamento Alessandro Barberi, 62 anni, consuocero di “Piddu” Madonia, ritenuto, dagli inquirenti, uomo d’onore della famiglia di Gela. Sono finiti in carcere anche i niscemesi Luciano Albanelli, 36 anni, Fabrizio Rizzo di 41; Salvatore Blanco, 49 anni e Alessandro Ficicchia di 37 anni. L’accusa per tutti è di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, danneggiamento aggravato, porto illegale in luogo pubblico e detenzione illegale di armi e di ordigno esplosivo.

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