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E’ morto Giulio Andreotti

di redazione il . Brevi

La notizia la dà l’agenzia di stampa Agi e la confermano i familiari: il politico Giulio Andreotti è morto. Senatore a vita, aveva 94 anni, ha ricoperto numerosi incarichi di governo e istituzionali, fra gli altri è stato sette volte presidente del Consiglio dei ministri. E’ stato il simbolo del potere democristiano, soprattutto per la sua corrente in Sicilia.

Al centro di numerosi misteri e passaggi storici delicati della nostra Repubblica. E’ stato sotto processo  con l’accusa di aver avuto rapporti con la mafia, Cosa nostra, contatti confermati nella sentenza in cui a causa della prescrizione per i reati commessi sino al 1980 non si procedette a confermare la corrispondente condanna. La sentenza di appello che arriva dopo l’assoluzione in primo grado, emessa nel maggio del 2003, distinguendo il giudizio tra i fatti fino al 1980 e quelli successivi, stabilì che Andreotti aveva «commesso» il «reato di partecipazione all’associazione per delinquere»  «concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980», reato però «estinto per prescrizione». Per i fatti successivi alla primavera del 1980 Andreotti è stato invece assolto. Hanno raccontato dei suoi rapporti con Cosa nostra fra l’altro i collaboratori di giustizia, da Tommaso Buscetta ad Antonino Calderone, da Leonardo Messina a Gaspare Mutolo.  Con riferimenti precisi anche ai “delitti eccellenti” commessi da Cosa nostra a Palermo: uomini delle istituzioni, magistrati e politici.

 Il servizio di Rainews24

 

Cronistoria del processo di Palermo. Il 27 marzo del 1993, vent’anni fa,  la Procura di Palermo, guidata da Giancarlo Caselli, inoltrava al Senato della Repubblica l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Giulio Andreotti. L’accusa era di  concorso esterno in associazione mafiosa, che successivamente nel 1995 verrà trasformata in associazione mafiosa. L’autorizzazione a procedere venne concessa il 30 giugno del 1994. Le indagini lo individuavano come «uno dei principali canali di collegamento tra Cosa nostra e il mondo politico romano era stato Salvo Lima». Secondo i magistrati si sarebbe trattato proprio di Andreotti, in quegli anni già  sette volte Presidente del Consiglio. Ebbe così inizio un processo centrale nella storia dei rapporti mafia e politica, che durò quattro anni e milioni di pagine di atti, documenti, dichiarazioni, accuse. Il processo iniziò il 26 settembre 1995. Fece notizia, più di altri, fra le tante testimonianze rese nelle indagini e confermate nel processo quella del collaboratore di giustizia, Balduccio Di Maggio. Agli inquirenti, infatti, aveva raccontato di un  bacio che si sarebbero scambiati lo stesso Andreotti e il boss dei boss Totò Riina durante un incontro chiesto, secondo Di Maggio, da parte di Cosa nostra con l’intento di far “aggiustare” il maxiprocesso. In primo grado da corte della Quinta sezione del Tribunale di Palermo, il  il 23 ottobre del 1999 accogliendo la richieste della difesa di Andreotti, dichiarò l’assoluzione per non aver commesso il fatto. L’iter giudiziario, però, era solo all’inizio. La procura fece ricorso e davanti alla Corte d’Appello di Palermo, ricominciò il processo, che portò al verdetto il 2 maggio 2003. Nella sentenza d’Appello i magistrati misero nero su bianco i contatti fra il politico e alcuni esponenti di Cosa nostra. Il verdetto per Andreotti fu di prescrizione per  i reati accertati e anteriori al 1980 e assoluzione solo per i reati successivi al 1980. La Cassazione confermò questa impostazione  il 15 ottobre 2004.

 Caselli: prescrizione non è assoluzione, contatti confermati con Cosa nostra

 

I documenti integrali:

Sentenza d’Appello 

Sentenza della Cassazione

 

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