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Messico, il web insorge contro i narcos

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

«Non permetteremo che silenzino le nostre voci e che ci censurino con questi crimini». E’ riassunta in queste righe la risposta degli internauti messicani alla violenza dei narcotrafficanti. Minacce e omicidi, efferati e brutali, hanno come obiettivo quello di mettere il silenziatore all’informazione dal basso. L’unica, in questo momento, a tener testa ai narcos. Il ritrovamento del corpo decapitato di un blogger a Nuevo Laredo lo scorso 10 novembre, è stato l’ultimo atto di una lunga scia di morti. Quattro internauti uccisi in meno di due mesi nella cittadina al confine con gli Stati Uniti.

L’obiettivo dei narcos, e del gruppo dei Los Zetas in modo particolare, è quello di rompere l’ultimo baluardo dell’informazione nel paese. La stampa tradizionale, infatti, è stata praticamente azzittita. Nell’ultimo anno sono stati calcolati ben 139 intimidazioni di vario genere, e 9 giornalisti uccisi. Una mattanza che ha spinto l’informazione nazionale e locale, salvo rare eccezioni, a evitare di trattare l’argomento. «La mancanza di informazione originata dal silenzio della stampa e dei media locali – si legge nel manifesto degli internauti – delle autorità municipali a tutti i livelli, così come gli abusi costanti e la violazione dei diritti umani da parte delle forze di polizia, ha portato moltissimi cittadini a informarsi e prendere precauzioni attraverso i vari social network (Twitter, Facebook, etc) chat e blog».

Una rete capillare capace di trasmettere informazioni, spesso tutelata dall’anonimato dei suoi utenti. Spesso ma non sempre. C’è il timore, non del tutto infondato, della capacità dei grandi gruppi criminali di poter utilizzare strumenti in grado di scoprire chi si cela dietro un nickname. Questo grazie alle collusioni con le forze di polizia, o all’utilizzo di hackers. Proprio quello che si teme che sia successo nel caso degli attacchi al blog Nuevo Laredo Vivo, presente anche su twitter con l’hashtag #nuevolaredovivo. Due dei quattro blogger uccisi dai Los Zetas erano moderatori proprio di Nuevo Laredo Vivo, e operavano dietro la garanzia dell’anomimato.

«Nel nord-est del Messico – si legge nel manifesto – questi mezzi si sono trasformati in una forma di protezione, autogestita dai cittadini, per diffondere e denunciare i fatti violenti derivanti dalla lotta tra i diversi gruppi criminali e le diverse istituzioni nazionali incaricate della sicurezza». Una lotta estremamente violenta, senza esclusione di colpi. Compresa la rete, un luogo libero che i narcos non possono tollerare. «La lotta per il controllo del territorio delle zone di frontiera si trasforma in un nuovo campo di battaglia: internet e i social network». Il crimine organizzato non può permettersi un controllo sociale come quello della rete. «I gruppi criminali – scrivono gli internauti nel loro manifesto – pretendono di reprimere la nostra voce tramite l’intrusione nei nostri account e server, sequestrandoci e realizzando crimini atroci».

«Questo costituisce una flagrante minaccia all’unica libertà che ancora ci resta – aggiungono – dato che i governi locali, statali e federale si mostrano indifferenti di fronte alle nostre domande». Una situazione difficile e pericolosa quella denunciata dai bloggers messicani. Chiedono al governo di far luce sugli omicidi degli internauti di Nuevo Laredo, esigono garanzie sulla libertà di informazione e espressione, sicurezza cibernetica e una commissione indipendente per garantire la sicurezza degli utenti della rete. Infine, rivolgendosi ad una platea internazionale: «Chiediamo che non ci lasciate soli. Ne abbiamo bisogno, oggi più che mai».

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