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Del consumo del territorio

Di Vittorio Giacomin il . Veneto

Non
ho ricordi di avere visto la città e la provincia così piegate
da un’alluvione tanto violenta e mi sento veramente vicino a coloro
che in questi momenti stanno soffrendo disagi pesanti anche perché 
trovo che queste situazioni siano frutto di una grave ingiustizia e
superficialità.

Noi
cittadini siamo ancora una volta costretti a subire incapacità 
evidenti di chi ci governa dall’alto.

Quanto
successo in questi giorni di fine impero -dove l’imperatore, mentre
Roma brucia, si dà alla festa, incurante della sofferenza del popolo-
offre un quadro desolante.

Questa
pesante alluvione segna il punto di quanto e come gli enti locali, primi
fra tutti i comuni (con buona pace della Lega), siano lasciati soli
a governare un territorio che si sta sgretolando.

Mancano
le risorse economiche, mancano le volontà politiche, mancano visioni
strategiche, e in questa situazione di completa anarchia e forzata autosufficienza,
sono a soccombere, per una pioggia un po’ più insistente
(non un uragano) i cittadini con le loro povere cose.

Stiamo
purtroppo pagando quarant’anni di gestione superficiale e inconcludente
di un bene non riproducibile che necessita di ben altre attenzioni.

Tutte
cose ovvie queste; trite e ritrite, scritte e ripetute una infinità
di volte, ma purtroppo sempre attuali quando le famiglie devono abbandonare
le loro case di notte o subire danni ingenti.

Mi
domando che cosa potrebbe essere successo nel nostro comune se con umiltà,
fatica, determinazione e lungimiranza non si fossero attuati a cavallo
del millennio dall’Amministrazione Pasqualetto e da quella precedente,
quegli interventi di sgrondo delle acque (attesi per decenni e finalmente
realizzati, molto costosi e nascosti sotto terra), purtroppo già fagocitati
dalla macchina della propaganda tesa ad annebbiare la memoria e più
interessata anche qui da noi ad apparire (vedasi Realtà Vicentina –
Speciale Monticello Conte Otto, Natale 2010, pagg. 4-5).

Il
territorio è un bene prezioso che deve essere costantemente monitorato,
aggiornato e mantenuto, e che solo attraverso una lungimirante opera
di prevenzione può essere tutelato.

L’aspetto
drammatico di questo ragionamento è che su questo territorio non
solo non si è capaci di fare prevenzione, ma da decenni è 
stata abbandonata qualsiasi tipo di cura (quanti fossi e scoli di vario
genere sono stati chiusi, e quanti interventi di cementificazione esagerata
eseguiti senza un minimo di controllo idraulico).

Ci
sono molti modi per farlo questo controllo e uno di questi è la
gestione urbanistica che un comune intende perseguire. Attraverso la
gestione urbanistica una Amministrazione comunale rende manifeste le
sue reali e concrete intenzioni relative alla salvaguardia, tutela e
gestione di questo patrimonio collettivo che si chiama territorio.

La
gestione di un territorio non passa solo attraverso l’attenzione,
ad esempio, alle falde acquifere (cosa molto importante), passa anche
attraverso una regolata ed equilibrata edificabilità dei suoli,
attraverso la conservazione degli ecosistemi vegetali e faunistici (si
pensi alla ricchezza delle siepi), ad una attenta calibratura della
permeabilità dei suoli (cioè ad un attento controllo della cementificazione,
alla manutenzione dei fossi), alla capacità di immaginare eventi, eccezionali
e quindi prepararsi a gestirli (per quanti anni si è parlato di realizzare
sacche di compenso ove mitigare l’afflusso delle acque dei fiumi interagendo
sia con la campagna, sia attraverso il riutilizzo di cave a monte inutilizzate,
solo parole nel vuoto).

I
nostri enti di Bonifica possono fare ben poco quando nei loro magri
bilanci l’80% dei fondi se va per pagare stipendi e indennità e in
questo contesto di tagli generalizzato i comuni possono fare ancora
meno.

Questo
che stiamo assistendo non è altro che un anticipo di quanto peseranno
sulle future generazioni i costi sociali di un modello deregolamentato
di sviluppo come quello che abbiamo avuto negli ultimi venti anni nel
nord-est. Anche questo aspetto deve essere ripensato, già la crisi
economica ci ha fatto percepire tutta la nostra fragilità; ora gli
eventi naturali ci stanno inviando un altro chiaro messaggio.

Molti
che mi leggono sanno che di mestiere faccio l’architetto, quindi anche
io intervengo sul territorio e contribuisco al suo “consumo”. Sono
consapevole di ciò e sono a dire inoltre che la mia visione urbanistica
non è mai stata quella di bloccare tutto, di non fare nulla, di avere
paura del cambiamento. Non mi appartiene questo modo di pensare; come
ho detto, serve una politica di sviluppo e di gestione allo stesso tempo
ed è per questa idea che mi sono sempre adoperato.

Tuttavia,
sono sempre stato contrario alla politica urbanistica di questa Amministrazione
che, per contro, ha attuato delle scelte molto pesanti dal punto di
vista urbanistico, di forte impatto sul territorio, procedendo senza
ritegno ad usarlo come una carta bancomat con la quale prelevare contanti,
indifferente al fatto che il territorio non è riproducibile e ripianabile
come un conto corrente.

Tra
la loro visione e la mia c’è solo questa piccola differenza, ma si
tratta di una differenza strategica.

Nel
portare a compimento le loro, credo, trenta varianti circa, ci veniva
detto a giustificazione che il modello era quello impostato da molti
altri comuni perchè solo così si possono fare le infrastrutture,
e che questo è l’unico modo vero di fare urbanistica, non chiacchiere
o immobilismo. Le immagini di oggi che vedono una parte della nostra
provincia allagata per una pioggia un po’ più abbondante, sono impietose
e da sole mostrano che serve un sincero ripensamento e che occorre cambiare
strada quanto prima.

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