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Arrestato killer della «strage di Brescia»

Rino Giacalone il . Sicilia

Da Paceco andarono a Brescia un giorno di agosto di cinque anni fa, volevano indietro i loro soldi dal loro ex socio, al rifiuto uccisero sgozzandola l’intera famiglia.

A Brescia pensarono che tutta quella crudeltà non poteva essere opera di italiani, pensarono agli albanesi, agli extracomunitari, e invece fu opera di due cugini che venivano da Paceco, centro agricolo della Provincia di Trapani.

Vito e Salvatore Marino non andarono per il sottile con Angelo Cottarelli, dapprima lo svegliarono di buon mattino, poi fecero alzare dal letto anche sua moglie, Marzenne, quarantenne, e il loro unico figlio, Luca, diciassettenne. Vito Marino e Angelo Cottarelli facevano parte assieme ad altri soggetti di una maxi truffa allo Stato e all’Unione Europea. Vito Marino ne era il capofila, Cottarelli aveva il solo compito di garantire fatture false,  così che la banda potesse dimostrare al patto territoriale che gestiva le somme di avere raggiunto i livelli di investimento privato per ottenere la parte di fondi pubblici.

Il trucco operò presto venne scoperto, quando Polizia e Guardia di Finanza cominciarono a mettere il naso dentro le aziende realizzate con fondi pubblici: dovevano esserci attrezzature nell’ordine dei 20 milioni di euro, e invece ce ne erano meno della metà, e una grossa fetta di soldi pubblici erano spariti. Vito Marino fu costretto a fermare la macchina della truffa, e però Cottarelli era rimasto in possesso di alcune somme, un milione di euro, forse di più.

Per questa ragione quel giorno di fine agosto del 2006 Vito e Salvatore Marino andarono a casa Cottarelli, rivolevano quei soldi indietro, Angelo cercò di resistere, e fece una orrenda fine lui e la sua famiglia, davanti ai suoi occhi vide sgozzare la moglie e il figlio, poi toccò anche a lui, i due Marino cercarono di finirlo anche sparandogli addosso, e poi scapparono via. Quando i soccorso arrivarono nella villetta di Cottarelli, a Urago Mellia, periferia di Brescia, trovarono Angelo Cottarelli agonizzante, con la gola taglia, incapace di parlare, morì in ambulanza.

Le indagini presto portarono verso Paceco e i Marino, le prove saltarono fuori dalle tracce di polvere da sparo trovate sull’auto che Vito Marino aveva preso a noleggio all’aeroporto di Milano, poi c’erano i riscontri che arrivavano dalla indagini sulle truffe condotte dalla Procura di Trapani, in poco tempo la Procura di Brescia ottenne l’arresto dei due cugini, ma il processo in Corte di Assise in  primo grado si concluse con una clamorosa assoluzione, il testimone di accusa, un altro faccendiere, Dino Grusovin, che aveva detto di avere accompagnato i due Marino a casa Cottarelli e di essere stato lui stesso minacciato, non venne creduto, e i Marino tornarono liberi. Tornarono alle loro attività.

Vito Marino non è uno qualsiasi a Paceco, è figlio di Girolamo, boss mafioso degli anni 70, detto “Mommo u nanu” a causa della sua altezza, ma era un ntiso e pensava addirittura di potere girare le spalle a Matteo Messina Denaro che all’epoca muoveva i suoi primi passi. Fu il giovane Messina Denaro a farlo uccidere, lui stesso fece parte del commando omicida, lo ammazzarono nel suo podere, crivellandolo di colpi. Suio figlio Vito pian piano riprese il controllo del territorio come aveva fatto il padre, solo che invece di gestire terreni, presto ha cominciato a gestire aziende e fondi pubblici, cantine, società olearie e cerealicole, molte scatole vuote, capace addirittura di stringere accordi importanti, un filo sarebbe esistito tra lui e l’allora potente governatore della Sicilia, Totò Cuffaro. Con altri aveva messo su una catena di produzione vinicola, i vini venivano commercializzati con etichette particolari, “Donna Carmela”, “Baciamo le Mani”, per citarne alcune.

Uscito con suo cugino Salvatore dal carcere, assolto per la strage di Brescia non perse tempo a tornare ai suoi affari, cominciando ad interessarsi di supermercati, sebbene il suo patrimonio restava sequestrato, e l’indagine sulle truffe continuava. Vito e Salvatore Marino però sapoevano che quella sentenza di assoluzione poteva essere ribaltata in secondo grado, e questo accadde, il giorno in cui fu pronunciata sentenza di ergastolo nei loro confronti, loro da Paceco, dalle loro case , riuscirono ad allontanarsi per tempo, fuggiti via. Una fuga durata pochi mesi, almeno per Salvatore Marino. Quello che materialmente usò il coltello per sgozzare la famiglia Cottarelli, con quelle mani possenti con le quali era abituato a tenere a bada il suo gregge di pecore, faceva il pastore, è stato catturato nelle isole dorate di Tenerife,

Questo è successo la notte dellì’ultimo dell’anno il 31 dicembre, la Squadra Mobile di Trapani ha chiuso l’anno nel migliore dei modi, con i suoi migliori investigatori che non hanno perso un minuto da quanto i Marino si sonoi dati latitanti per individuarli ed arrestarli. Un pool di poliziotti che si è dimostrato ancora eccezionale, perfetto, sotto la guida del suo capo il neo promosso primo dirigente Giuseppe Linares che si appresta dopo oltre un decennio a lasciare l’ufficio investigativo, meritando molto di più di quello cjhe il ministero per adesso ha deciso di fare di lui, destinandolo alla guida dell’ufficio che si occupa delle misure di prevenzione della questura di Trapani.

Dalla caccia ai latitanti alla caccia ai patrimoni. Salvatore Marino è stato preso mentre si preparava ad organizzare la serata dell’ultimo dell’anno, è rimasto basito quando gli agenti della Mobile, dello Sco, la Polizia di Tenerife si sono presentati davanti a lui sbarrandogli il passo. Tra qualche ora se ne saprà di più su questa cattura, ma si ha l’impressione che l’arresto di Salvatore Marino mette in difficoltà l’altro suo cugino, Vito nel proseguire la sua latitanza. Li attende l’ergastolo per quella strage efferata, crudele, per quella pietà che non hanno avuto dinanzi a quella donna e a quel ragazzino inerme.

Nel frattempo la storia dei Cottarelli è sparita dai mass media, quando si scoprì che non erano stati gli albanesi, i rumeni o gli extracomunitari, ma due siciliani circondanti dall’alone mafioso, la notizia è svanita, dissolta. Il ravo Angelo Sortino, ha provato una sera a ricordarcela mettendola in scena su la 7, gli altri network se ne sono disinteressati. Torna d’attualità oggi, sperando che serva anche a rendere merito a quegli investigatori della Polizia di Trapani che non da ora ma da tantissimi anni non conoscono giorni di festa, domeniche e feste comandate per dare la caccia ai criminali.

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