NEWS

Riformare la Tv che non c’è

Di Gaetano Liardo il . Recensioni

Cos’è la Rai oggi? Come si è arrivati a un servizio pubblico talmente malridotto? Che prospettive ci possono essere per far tornare a correre il Cavallo di viale Mazzini? Questi sono alcuni degli interrogativi che vengono affrontati ne “La Tv che non c’è. Come e perchè riformare la Rai”, libro molto interessante scritto da Gilberto Squizzato, giornalista, autore, regista, memoria storica della Rai. Il servizio pubblico radiotelevisivo italiano, racconta Squizzato, è vittima di una sorta di un peccato originale: la presenza opprimente della politica partitica. Da sempre la Rai è stata vista come un premio per i vincitori delle elezioni, e gestita con logiche di spartizione soffocanti. Una situazione, questa, che è andata sempre più degenerando man mano che lostrumento televisivo si è imposto, anche in Italia, come il dominus capace di dare popolarità, e quindi voti, ad una classe politica sempre più affamata di facili consensi. 

Oltre che, naturalmente, con l’avvento del berlusconismo, che sulla mediaticità ha costruito le proprie fortune politiche. La Rai, di fatto, è stata spogliata del suo ruolo di servizio pubblico. Ha perso la sua valenza pubblica trasformandosi, a tutti gli effetti, in una struttura a servizio delle bramosie di governi e segreterie politiche. Una brutta regressione a scapito della funzione pubblica. Una televisione nata per essere di tutti i cittadini, finanziata attraverso il canone, e non una tv dei partiti. Uno strumento capace di ridare voce alla pluralità di idee, movimenti, cambiamenti che attraversano l’Italia, piuttosto che una mera passerella di politici tutto fare, onnipresenti dalla mattina alla sera. Politici che si cimentano a fare i cuochi, i cantanti, gli attori, a raccontare il proprio privato, per ottenere più voti e più potere. 
Viene in questo modo tradito lo scopo stesso della Rai, il suo essere «la pietra angolare del sistema televisivo italiano», un’azienda che «per essere al servizio di tutti i cittadini deve ambire ad essere non il più forte network audiotelevisivo italiano ma la più grande azienda culturale del sistema audiovisivo del nostro paese». Libera dalle ingerenze dei partiti e dall’ossessione di inseguire la televisione commerciale. Già perchè la Rai, imbrigliata da lacci e lacciuoli politici, ha perso non solo la propria autonomia politica, ma anche quella creativa. Mancano le idee, e in mancanza di queste si appalta la produzione ad agenzie esterne, con il duplice risultato di impoverire le capacità creative interne, il know-how aziendale, e di bloccare quel ruolo culturale innovativo proprio del servizio pubblico. Cultura e innovazione sono esternalizzate, con costi aziendali sempre maggiori. La necessità di contenere i costi, l’obiettivo del pareggio del bilancio e la rincorsa all’auditel hanno snaturato il ruolo culturale della Rai. Avere più telespettatori ad ogni costo ha portato la Rai a confrontarsi con la televisione commerciale su un terreno non suo. Sono fioriti reality e fiction banali, quando la Rai avrebbe potuto produrre programmi molto ben più strutturati. Capaci di intrattenere gli spettatori, ma anche di lanciare messaggi, stimolare interrogativi, creare cultura. Non deve essere l’auditel il motore del palinsesto del servizio pubblico, ma la qualità e la capacità innovativa dei programmi. Una sfida che con l’avvento dell’era del digitale, e la moltiplicazione delle reti televisive, la Rai non può permettersi di ignorare. La Rai “ridisegnata” da Squizzato è un progetto intrigante, ma non avveniristico. 
Una Rai proiettata verso l’Europa, capace di collaborare attivamente con le tv pubbliche degli altri paesi dell’Ue; capace di «contribuire al rafforzamento della democrazia e di rinsaldare i vincoli della solidarietà nazionale »; una Rai federalista che possa porsi come «presidio delle memorie locali», «come garanzia di un’informazione territoriale partecipata». Affiancata da canali più specifici: Memo/Rai, capace di proporre «nuove indagini sul nostro passato e sul nostro presente», Immagine/Rai, una «specifica rete multipiattaforma destinata all’innovazione e alla sperimentazione di generi, linguaggi, formati» che possa riavvicinare al servizio pubblico anche un pubblico più giovane. Sap/Rai «la rete del sapere, della conoscenza, della formazione culturale e professionale»; Cine/Rai che riproponga l’enorme quantità di film posseduti dalla Rai, ma che dia anche spazio a tutte quelle produzioni cinematografiche finanziate con soldi pubblici ma che non trovano uno spazio adeguato nel mercato. Bimbi/Rai e Rai/Young, infine, per offrire un servizio ai più giovani, con un occhio alla nuova realtà multiculturale italiana. Fantascienza? No di certo, si tratta di ideazione e creatività, proprio quello che manca alla Rai dei partiti.
Gilberto Squizzato 
La Tv che non c’è. Come e perchè riformare la Rai 
Minimun Fax 
13 euro

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link