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Il delitto dell’imprenditore Roberto Parisi

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Non erano soltanto i boss di Palermo a chiedere «favori» ai mafiosi trapanesi per far commettere, in provincia delitti che come matrice appartenevano a «vendette» o a strategie «palermitane». Il rapporto sarebbe stato vicendevole. E c’è il delitto che lo proverebbe.  L’omicidio sarebbe quello dell’imprenditore Roberto Parisi, l’ex presidente del Palermo Calcio, ucciso a Mondello nel 1985. Il racconto è tra i verbali di interrogatorio Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo, ed è ripreso tra le pagine del libro «Don Vito» scritto da Ciancimino e dal giornalista Francesco La Licata.

Quando fu ucciso Parisi, uno dei suoi soci, Pierluigi Matta, si rivolse a Ciancimino (che era in carcere) attraverso i figli per sapere se il delitto avesse a che vedere con l’appalto da loro gestito per la pubblica illuminazione di Palermo. Vito Ciancimino fece sapere che la matrice era altra, portava in provincia di Trapani, a Marsala, ad un impianto di itticoltura che «Icemare», società dove c’entrava Parisi, gestiva sull’«Isola Grande» dello Stagnone.  Diversità di opinioni sulla gestione della società avevano portato ad armare contro Roberto Parisi la mano dei killer. E la richiesta poteva essere arrivata a Palermo da Vincenzo Virga e dai Messina Denaro, dai capi mafia di Trapani e Castelvetrano.  Roberto Parisi in questa società che gestiva l’impianto di acquacoltura nello Stagnone era socio con un altro imprenditore «importante» del palermitano, Mario Niceta. Parisi, pare, avrebbe dovuto cedere a questi tutte le sue quote, ma avrebbe chiesto un prezzo più alto di quello concordato, alemno così raccontabno La Licata e Ciancimino ne loro libro: «Era come non rispettare la parola d’onore che aveva dato», scrivono ricostruendo l’episodio Ciancimino e La Licata nel libro edito da Feltrinelli, «poteva avere anche ragione Parisi ma con questa gente non ci sono ragioni che reggono». 

La Procura di Palermo sul delitto di Roberto Parisi sta nuovamente indagando, a riscontro ha già il «filo» che unisce la famiglia dei Niceta di Palermo con i Messina Denaro, capi mafia del Belice. Un collegamento che sarebbe ancora attuale, possibile dunque l’interessamento: il nome dei Niceta infatti emerge dall’operazione «Golem», quella sui favoreggiatori del boss belicino latitante dal 1993. I Niceta sono stati indagati infatti per essere sospettati come prestanome dei Messina Denaro.

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