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Coltivare per estirpare la mala pianta

Di Stefano Fantino il . Calabria, Recensioni

Ha presente “Delirio a due”, capolavoro emblema del teatro dell’assurdo di Eugène Ionesco? Nicola Gratteri, probabilmente risponderebbe anche a me in questo modo interrogato sulla strategia antimafia che lo Stato italiano, in decenni ha portato avanti. Solo utilizzerebbe il “voi”, da calabrese educato a mostrare deferenza verso chi non conosce. Ma la sostanza non cambierebbe: la denuncia della chiusura e dell’incomunicabilità tra due amanti i quali, preoccupati solo delle loro beghe meschine, non s’accorgono della morte che li circonda, sarebbe ancora un esempio calzante per tratteggiare quella scelta di discutere di altro, piuttosto che affrontare un nodo come quello mafia-politica. 

Un nodo centrale anche per la lotta alla ‘ndrangheta, la mafia che Gratteri, magistrato cinquantunenne originario di Gerace, alta Locride, conosce meglio. Un mondo che torna ad affrontare ne “La malapianta”, frutto di una conversazione con lo storico e scrittore Antonio Nicaso, che già lo aveva affiancato qualche anno fa in “Fratelli di Sangue”, alla scoperta del potere delle ‘ndrine. Se il volume precedente voleva tracciareuna analisi storica e fare una mappatura della pervasività della ‘ndrangheta in tutto lo stivale, questo libro approccia la materia in modo nettamente più personale, a partire dalla forma, quella del dialogo, serrato e coinvolgente, tra due esperti del tema, partendo da domande e quesiti anche basilari. 
Cos’è la ‘ndrangheta? Come ha fatto a diventare la mafia più potente d’ Europa? E a diventare la regina del narcotraffico? Interrogativi che sarebbero risuonati come arcane pagine scritte in un linguaggio sconosciuto fino a pochi anni fa, ma che dopo il boom mediatico dettato dalla strage di Duisburg sono riusciti a uscire dal recinto del locale. E che vanno la pena di essere ancora analizzati e discussi, forse perché la storia della ‘ndrangheta e del suo potere si gioca sempre su una forte dualismo che spesso impedisce di coglierne la potenza. Il rapporto tra arcaico e moderno, ad esempio, che solo riesce a far convivere la struttura chiusa, familistica, tradizionale delle ‘ndrine con lo spirito imprenditoriale che ha permesso alle cosche di investire ovunque in Europa. Gratteri delinea la storia di grandi ed evidenti contraddizioni che danno la cifra del potere delle ‘ndrine, capaci di fatturare miliardi di euro, di sfruttare professionisti per trattare direttamente coi cartelli colombiani per la cocaina e poi di non dare nulla al territorio.
Una malapianta che infesta la Calabria, la prosciuga, la “desertifica”, la spoglia della democrazia, lasciandola tra le regione più povere d’Italia. Calabria dove ha le sue radici Gratteri, capace di confrontarsi con il suo passato e le sue dure scelte di vita, in un capitolo che dà al libro stesso qualcosa in più: saperlo chino sul terreno vicino casa, a Gerace, a coltivare i campi («la passione per l’agricoltura l’ho ereditata da mio padre» dice) dà la cifra di una persona onesta e lavoratrice che nel libro fa scontrare le sue scelte e le sue esperienze di vita con la sua vita in prima linea; due campi che ha voluto rimanessero vicini. Nel lungo percorso che dalle origini, passando per i sequestri e il traffico di droga, delinea l’avvenuto radicamento dei calabresi al Nord, la capacità di gestire ingenti capitali di cui dispone, infiltrarsi e corrompere, il libro mantiene intatto anche uno spirito insieme propositivo e di denuncia. Incalzato da Nicaso, Gratteri oltre a trovare parole di speranza per la sua terra, invoca una radicale serie di riforme continuative per combattere davvero la mafia. Certezza della pena per i mafiosi, testo unico antimafia per perseguire le cosche, mezzi per la indagini giudiziarie: un fermo no, ad esempio, Gratteri indirizza al Ddl che limita le intercettazioni, giudicato un mezzo fortemente debilitante del sistema giuridico italiano. E al fianco di questa precisa volontà politica individua l’unica arma di riscatto di un paese intero nella cultura, come ben sottolineato nella prefazione. Lui che insieme all’agricoltura, ora, sotto scorta da vent’anni, riesce a coltivare una sola altra grande passione: quella di andare nelle scuole, spesso sacrificando le ferie. Un modo per sensibilizzare, per creare coscienza e voglia di lottare. Un po’ come coltivare la terra direbbe Gratteri, coltivare le nuove generazioni, nell’attesa che arrivino i frutti.

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