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Evade il boss del narcotraffico era stato detenuto in via Burla

Da Repubblica.it il . Emilia-Romagna

Il principe del narcotraffico è evaso dalla clinica romana dove era stato ricoverato. Dal 21 febbraio 2009 Roberto Pannunzi, 64 anni, ritenuto il mediatore tra la ‘ndrangheta e i narcotrafficanti di droga colombiani, era detenuto nel centro clinico di via Burla in regime di sorveglianza speciale. Poi lo scorso 22 maggio aveva ottenuto dal tribunale di sorveglianza di Bologna, competente anche su Parma, l’ammissione alla detenzione domiciliare per un anno a causa delle gravi condizioni di salute. La documentazione medica, redatta sulla base di una perizia della casa circondariale di Parma, parla di ”gravissima insufficienza coronarica in soggetto che ha già avuto un infarto e che si manifesta con episodi di angina mista”.   Il Tribunale di sorveglianza indicò come luogo idoneo agli arresti domiciliari il Policlinico di Tor Vergata a Roma, adatto per un’osservazione in sicurezza di un soggetto con caratteristiche di pericolosità sociale ”pur scemata dalla grave malattia”. Il boss era stato in un primo tempo ricoverato in una clinica di Nemi, in provincia di Roma, con una diagnosi di ”cardiopatia ischemica postinfartuale”, e in seguito, quando gli atti per la concessione dei domiciliari erano già stati trasferiti al tribunale di sorveglianza di Roma, scelse di spostarsi nella clinica privata Villa Sandra, da cui è fuggito tre settimane fa. Per Pannunzi non era stato disposto un piantonamento perché non previsto nel caso di arresti domiciliari, quindi la sua fuga è stata scoperta dalle forze dell’ordine per caso, solo durante uno dei controlli periodici, il 15 marzo scorso.  ”E’ il sistema giudiziario, il sistema detentivo, l’ordinamento penitenziario che consentono certe cose”, ha commentato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e coordinatore delle indagini che portarono, nell’aprile 2004, all’arresto in Spagna di Pannunzi. “Le indagini su Pannunzi – ricorda il magistrato – si sono basate su intercettazioni ambientali e telefoniche e sul sequestro di cocaina per centinaia di chili. Nel momento in cui dimostro con la viva voce dei protagonisti che questi importavano tonnellate di cocaina in Europa, il sistema penale e processuale non deve consentire una condanna a 16 anni, ma a 30. E se il detenuto sta male si cura in carcere. Per questa tipologia di reati e di persone il ravvedimento è un’ipocrisia”.  “Pannunzi – ha detto Gratteri – è legato alla cosca Macrì di Siderno, ma in realtà era un broker al di sopra dei locali di ‘ndrangheta. Non era affiliato ad una famiglia, ma lavorava per più famiglie. Era uno dei grossi broker che la ‘ndrangheta ha in Colombia e in Sud America e comprava partite di cocaina per più famiglie. Era su un livello superiore e aveva rapporti con la mafia, con i capi mandamento siciliani. A Palermo era di casa”. Il sospetto, adesso è che il boss sia già volato all’estero dove, dice Gratteri, ”gode di numerosissimi appoggi. Uomini come Pannunzi sono cittadini del mondo, gente che gira anche due o tre Stati nella stessa giornata. Fa parte di quella schiera di persone dove i soldi non si contano, si pesano”.

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