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Operazione Appennino,
rifiuti illegali e truffa all’Ue

Da La nuova ecologia il . Marche

LA SCOPERTA. Odori
nauseabondi e malsani nell’aria delle campagne di Camerino, comune di
6.858 abitanti, in provincia di Macerata. Dopo l’estate dello scorso
anno, quando il caldo ha reso ancora più intollerabile la situazione,
sono iniziate le segnalazioni ai carabinieri. Siamo in contrada
Tuseggia, zona agricola del Comune maceratese, dove risiedono circa 150
abitanti, per i quali aprire le finestra per areare le proprie villette
era diventato impossibile. Dietro quella puzza si nascondeva un giro
illecito di rifiuti speciali, circa 16.000 tonnellate, con conseguente
lucro di almeno 1.000.000 euro. A rivelarlo sono le indagini condotte
dal nucleo operativo ecologico di Ancona.

IL BLITZ. In base all’attività degli inquirenti
11 sarebbero le persone ieri coinvolte e denunciate all’autorità
giudiziaria per attività organizzata finalizzata al traffico illecito
di rifiuti, malversazione a danno dello Stato, gestione di allevamento
di bovini con modalità illecite, somministrando rifiuti speciali come
sostanze alimentari. Unitamente alle attività condotte dai Carabinieri
del Comando Provinciale di macerata, il Gip di Camerino ha emesso
un’ordinanza di custodia cautelare reale nei confronti di un impianto
di compostaggio della zona, di un’industria agricola e zootecnica, di
50 ettari di terreni nella disponibilità della stessa azienda e di
circa 5.000 tonnellate di rifiuti.
FANGHI TRUCCATI. «A causa delle segnalazioni degli
abitanti – ha dichiarato ieri il tenente colonnello Antonio Menga al
termine delle conferenza stampa – si era attivata anche l’Arpa. Quindi
sono scattate le più approfondite indagini dell’operazione denominata
“Appennino”. Le prime attività sono state mirate alla verifica e
all’accertamento che l’impianto di compostaggio di Camerino funzionasse
come previsto dalla legge». Le indagini hanno invece constatato che nel
centro di compostaggio avveniva solo un recupero “fittizio” di grossi
flussi di rifiuti speciali. Si tratta di fanghi di industrie
agroalimentari, residui della produzione e lavorazione di prodotti
caseari, pomodoro, bevande, ortaggi e miscele varie di rifiuti,
provenienti da importanti industrie agroalimentari della Campania, del
Lazio, della Marche e dell’Abruzzo. Parte di questi materiali venivano
anche semplicemente abbandonati così come erano neiterreni nella
disponibilità dell’azienda di Camerino. «Questi materiali – ha spiegato
ancora Menga – che sono semplicemente scarti di produzione agricola,
dovevano essere gestiti in maniera diversa, tenendo conto dei tempi,
circa 90 giorni, per diventare compost di qualità che non emana cattivi
odori».
 
INDAGINI IN CORSO. Contestualmente, nelle
province di Pesaro-Urbino, Roma, Napoli, Ferrara, Latina ed Arezzo, il
personale dei Noe di Ancona, Roma, Napoli, Bologna e Firenze, ha
eseguito numerose perquisizioni, acquisizioni e sequestro di
documentazione ritenuta utile alle indagini. «Nelle altre regioni
abbiamo individuato delle società di intermediazione della gestione dei
rifiuti – ha puntualizzato il colonnello Menga, evitando di rivelare
altri dettagli – Al momento posso solo dire che sono incorso ulteriori
accertamenti»
 
I PROFITTI. I profitti illeciti consistenti
venuti alla luce sono stati ottenuti attraverso l’elusione dei costi
destinati alla produzione e alla lavorazione del compost e allo
smaltimento dei rifiuti. A ciò bisogna poi aggiungere il guadagno
illecito dovuto alla gestione parallela di un allevamento di bovini. I
terreni adibiti al pascolo ed a coltivazioni agricole venivano invece
utilizzati in maniera illecita per interrare, spandere i rifiuti e
somministrare ai bovini rifiuti speciali costituiti da sostanze
alimentari. Non sono però stati rilevati pericoli per la salute
pubblica. Lo stesso colonnello che ha coordinato le indagini ci ha
tranquillizzato in tal senso. «Si tratta sempre di sostanze organiche
provenienti da industrie agroalimentari che non sono state smaltite
così come previsto dalle leggi, in modo da ridurre i costi di
smaltimento, far realizzare profitti illeciti anche cambiando
destinazione d’uso ai contributi dell’Unione Europea. Non si tratta di
sostanze chimiche o inquinanti».
 
TRUFFA ALL’UE. Altri reati contestati sono stati
infatti  getto pericoloso di cose, per aver cagionato, con
l’interramento dei rifiuti sui terreni, l’emissione di odori
nauseabondi in danno della popolazione locale e quello di malversazione
ai danni dello Stato, attraverso l’illecita destinazione a scopi
diversi dalla loro destinazione istituzionale di erogazioni e
contributi dell’Unione Europea per almeno 35.000 euro.

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