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Colleferro, al via il “No Ecomafie Tour” di Legambiente

Di Valeria Meta il . Lazio

Colpire l’illegalità, inasprire le sanzioni, introdurre reati ambientali nel codice penale. Questi i principali obiettivi del “No Ecomafie Tour” promosso da Legambiente, un percorso itinerante fra tutte le province del Lazio, volto a divulgare numeri, contenuti e storie di un fenomeno sempre più radicato nella regione.

La scelta di Colleferro quale sede della presentazione dell’iniziativa è tutt’altro che casuale: la cittadina in provincia di Roma è forse quella che meglio esemplifica la situazione del Lazio per quanto riguarda i reati ambientali. Come si apprende leggendo i dati contenuti nel rapporto annuale sulle ecomafie presentato da Legambiente lo scorso maggio, nella regione si commette una media di sei reati al giorno. Quanto basta per collocare il Lazio al quinto posto nella poco invidiabile classifica nazionale degli illeciti ambientali. A destare le maggiori preoccupazioni sono in particolare il ciclo dei rifiuti e quello del cemento, senza dubbio i settori più facilmente penetrabili dalle organizzazioni mafiose. Il rapporto parla di 281 infrazioni accertate nell’ambito del traffico dei rifiuti (peggio hanno fatto solo Campania, Puglia e Calabria), mentre i dati sulla cementificazione abusiva vedono raddoppiato il numero delle denunce e dei sequestri effettuati.

Emblematica in tal senso è la vicenda che ha riguardato il termovalorizzatore di Colleferro, che ha portato all’arresto di tredici persone poco più di tre mesi fa con l’accusa di aver conseguito ingiusti profitti, grazie ai minori ricavi e alle minori spese di gestione garantiti da rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come Cdr (combustibile da rifiuti) pur non avendone le caratteristiche, essendo piuttosto annoverabili fra i rifiuti speciali, anche pericolosi, e dunque non utilizzabili nei forni dei termovalorizzatori per il recupero energetico.

I reati contestati andavano dall’attività organizzata per traffico illecito di rifiuti alla truffa aggravata ai danni dello Stato, fino alla violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera; un’autentica associazione a delinquere, insomma, che ha fatto scattare le manette per i dirigenti del consorzio che gestisce l’impianto di smaltimento e alcuni responsabili dell’Ama per il ciclo dei rifiuti.

Il problema però si estende a tutta la valle del Sacco, i cui abitanti sono risultati avere nel sangue tracce di una sostanza inquinate derivante da un potente insetticida prodotto a Colleferro negli anni Ottanta. Secondo Legambiente la causa prima degli episodi di inquinamento registrati nella zona è l’eccessiva concentrazione industriale, anche in considerazione del fatto che sono 88 gli scarichi industriali che finiscono nel corpo idrico centrale, su un totale di 163, e non di rado poco controllati.

Anche per questo l’iniziativa di Legambiente rappresenta un modo per attirare l’attenzione nazionale su un problema di grande rilevanza che però solo rararmente assurge agli onori delle cronache

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