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Operazione Golem, la messaggeria di Matteo Messina Denaro

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Uno dei principali
protagonisti dell’operazione Golem finito in manette è un killer
di Cosa Nostra, Francesco Luppino, cinquantenne di Campobello, finito
scarcerato due anni addietro grazie all’indulto. Era accusato di un
delitto, ma all’epoca in cui fu condannato non c’era la previsione
del 416 bis, era un delitto di mafia, ma non si poteva contestare l’associazione
mafiosa. E non risultando la contestazione del 416 bis, al momento dell’indulto
è stato beneficiato. Ma altrettanto importanti sono gli altri 12 finiti
in manette. A cominciare dal capo mafia di Campobello di Mazara, l’anziano
settantenne Leonardo Bonafede. Campobello è il Comune del Belice più
vicino a Castelvetrano. Geograficamente ma non solo, anche per le dinamiche
e le alleanze mafiose. Campobello di Mazara è “terra” di Matteo
Messina Denaro, non per nulla suo fratello, l’ex preposto di banca,
Salvatore Messina Denaro, è qui a Campobello che abita. 

L’operazione
odierna rientra in un più ampio dispositivo predisposto dal Dipartimento
della Pubblica Sicurezza per il contrasto alla criminalità organizzata
di tipo mafioso,  le cui conseguenti linee operative sono affidate
alla Divisione Centrale Anticrimine che agisce attraverso il Servizio
Centrale Operativo e le strutture investigative territoriali della Polizia
di Stato.  In altre parole, per non usare solo quelle del comunicato
del Viminale, gli arresti scaturiscono da una attività di intelligence
condotta da quello speciale gruppo investigativo, composto da poliziotti
delle Squadre Mobile di Trapani e Palermo, e dagli agenti dello Sco, 
per dare la caccia al latitante Matteo Messina Denaro.   A
cadere nella rete sono stati in particolari i “postini” del capo
mafia latitante. La sua “messaggeria” personale è finita in cella. 

Gli arrestati
del blitz antimafia Golem sono:
 

  1. BARRUZZA Vito Angelo,
    nato a Baden (Svizzera) il 6 ottobre 1964 e residente a Piacenza, pregiudicato;
  2. BONAFEDE Leonardo,
    nato a Campobello di Mazara il 1° febbraio 1932, ivi residente,
  3. BONETTO Giuseppe,
    nato a Marsala (TP) il 24 aprile 1955 e residente a Castelvetrano, imprenditore;
  4. CATALDO Lea, nata
    a Campobello di Mazara il 9.9.1962 ed ivi residente;
  5. DELL’AQUILA Salvatore,
    nato a Campobello di Mazara il 1° luglio 1961, ivi residente;
  6. FERRANTE Leonardo,
    nato a Trapani il 20 novembre 1944 e residente a Partanna nella c.da
    Vallesecco;
  7. INDELICATO Franco,
    nato a Campobello di Mazara (TP) il 15 febbraio 1969 ed ivi residente;
  8. INDELICATO Giuseppe,
    nato a Castelvetrano (TP) il 19 aprile 1973 ed ivi residente
  9. LUPPINO Aldo, nato
    a Campobello di Mazara (TP) il 16.04.1947 ed ivi residente, imprenditore
    ;
  10. LUPPINO Francesco,
    nato a Campobello di Mazara (TP) il 6 gennaio 1956 ed ivi residente
    , pregiudicato, sorvegliato speciale di P.S.;
  11. MADONIA Giovanni
    Salvatore, nato a Castelvetrano (TP) il 5 marzo 1965 ed ivi residente;
  12. MESSINA DENARO
    Mario, nato a Castelvetrano (TP) il 21 luglio 1952 ed ivi residente
    , imprenditore caseario;
  13. NARDO Domenico,
    nato a Roma il 18 marzo 1959, detto “Mimmo”, ivi domiciliato, pregiudicato.

 

Nei loro confronti
le accuse a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione,
traffico di sostanze stupefacenti,   trasferimento fraudolento
di società e valori e altri gravi reati.  E’ scattato il sequestro
di beni riconducibili all’organizzazione  

I particolari.
E’ stata una telecamera piazzata davanti all’ingresso di un oleificio
di Campobello di Mazara a svelare una serie di summit di mafia che periodicamente
lì si sono svolti. Anche nelle ore notturne, ma non solo, in pieno
giorno talvolta i complici del boss si incontravano o lì si davano
appuntamento per poi raggiungere altri posti. Gli investigatori hanno
avuto a disposizione anche una serie di “pizzini”, hanno intercettato
buona parte dei contatti tra Messina denaro e Bernardo Provenzano, e
ancora tra il boss di Castelvetrano ed i padrini di Palermo, Sandro
e Salvatore Lo Piccolo quando questi soggetti erano latitanti. Proprio
intercettando i pizzini i poliziotti hanno fatto le scoperte più interessanti,
tra i coinvolti nel fare da postino ci sarebbe un funzionario dell’ispettorato
regionale all’agricoltura di Trapani, Girolamo “Mimmetto” Coppola,
fratello di un professore finito già condannato per mafia. Il nome
di “Mimmetto” Coppola si è fatto spesso nell’ambito del processo
per mafia dove è imputato l’ex vice presidente della Regione Bartolo
Pellegrino, Coppola fu uno dei componenti della sua segreteria quando
Pellegrino sedeva al Governo della Regione. Altro particolare quello
che i “Pizzini” di Messina Denaro sono giunti fin dentro le carceri,
nelle celle del 41 bis. E assieme agli arresti, la magistratura ha disposto
le perquisizioni nelle carceri ed il trasferimento di una trentina di
detenuti, spostati di carcere in particolare i boss mafiosi della provincia
di Trapani. Anche quelli che un giorno all’Ucciardone inneggiarono
a Messina Denaro mentre nella rete della giustizia cadevano i boss palermitani.
Un applauso per dire che Messina Denaro era il più forte. 

L’importante
operazione ha consentito di individuare ruoli, strategie, modalità
operative di “cosa nostra” trapanese proiettata, tra le altre cose,
a realizzare condotte illecite, funzionali alla realizzazione degli
interessi e delle attività dell’associazione medesima. I soggetti
catturati sono elementi di primo piano organici a “famiglie” mafiose
della provincia di Trapani. Le indagini della Polizia di Stato hanno
confermato l’importanza strategica delle famiglie di Castelvetrano
e di Campobello di Mazara nel sostegno alla latitanza del boss Messina
Denaro. Le indagini del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre
Mobili di Trapani e Palermo, inoltre, hanno permesso di svelare la realizzazione
di condotte dirette all’approvvigionamento di fondi e al reinvestimento
di capitali, all’acquisizione e al controllo di attività economiche
per  la realizzazione di indebiti  profitti. E’ pure emersa
l’esistenza di un traffico di stupefacenti tra la Capitale e la provincia
di Trapani, sempre finalizzato al mantenimento in vita della menzionata
organizzazione criminale.  

I viaggi
all’estero
. In questi 16 anni di latitanza il boss Matteo Messina
Denaro è riuscito a lasciare l’Italia e a recarsi all’estero. A
favorirlo fornendolo di passaporto, falso, un fine falsario romano anche
lui tra i 13 arrestati, Domenico Nardo. Messina Denaro sarebbe riuscito
a giungere anche in Venezuela, dove la mafia trapanese ha una sua “colonia”.
In quella cosca si nascondevano due mafiosi belicini arrestati dalla
Polizia di Trapani durante le indagini, Vincenzo Spezia e Francesco  

     Le
estorsioni. 
Gli investigatori della Polizia di Stato hanno,
altresì, scoperto varie attività delittuose tra le quali una pressante
azione estorsiva posta in essere dalla cosca castelvetranese nei confronti
di un imprenditore edile locale con richiesta di “pizzo” pari a
100.000 euro, per i lavori di costruzione di  numerosi immobili.

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