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Droga, don Marcello Cozzi lancia grido d’allarme dopo ennesima morte di una giovane lucana

Di Don Marcello Cozzi il . Basilicata

Avevi solo 19 anni, Sefora; pochi, ma alla droga e ai suoi mercanti questo non interessa.
Ti
hanno calpestata, ti hanno rubato il sorriso, i sogni di bambina, la
speranza di giovane donna. Nelle vene ti hanno fatto scorrere
l’inverno, il gelo di giornate troppo corte, il buio che ti entra
dentro già dalla mattina.
Il tuo fiore, insomma, non ha visto il sole e non ha avuto il tempo di sbocciare.
Perdonami Sefora. Perdonaci. È anche colpa mia. È anche colpa nostra.
Forse
non abbiamo alzato abbastanza la voce per denunciare che a strappare
lentamente i petali del tuo cuore non erano solo i custodi dell’inferno
di Scampia, ma anche certe Istituzioni che qui in Basilicata non stanno
muovendo un dito per riorganizzare il Sistema di Assistenza ai
tossicodipendenti, per emanare i nuovi Requisiti minimi standard per
l’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento dei servizi
privati di assistenza, per decidere come utilizzare i soldi del Fondo
Ministeriale di Lotta alla droga. Insomma, non siamo capaci di far
capire loro che non c’è più tempo.
Ma non siamo neanche riusciti a
far comprendere a certi Dirigenti di certe Amministrazioni locali che
non ti avremmo mai incontrato dinanzi ai bar alle sette di sera, e che
non ti avremmo mai incrociato negli sportelli informativi sui giovani,
come invece loro ci chiedevano di fare.
Non siamo stati
sufficientemente credibili quando dicevamo che per strada, solo per
strada, ti avremmo conosciuto. Non abbiamo alzato la voce quando
dicevamo che tagliarci i servizi sulla strada significava non avere più
la possibilità di incontrarti. Siamo stati zitti quando in questo
ultimo mese le nostre strade le abbiamo viste affollarsi da tante facce
sorridenti, messe le une accanto alle altre in modo talmente
asfissiante e opprimente che alla fine non ci siamo più chiesti dove
avremmo potuto incrociare il tuo volto, il tuo sguardo, e magari, anche
il tuo sorriso.
Ed infine, io prete non sono stato abbastanza
convincente a far capire alla mia Chiesa che se ora l’Eterno Padre ti
sta spalancando i portoni d’oro della sua Casa, a maggior ragione
avremmo dovuto fare di più per aprirti le porte spesso cigolanti delle
nostre comunità.
Hai un nome stupendo, Sefora; è biblico, viene
dall’ebraico: significa “uccellino che porta la pace”. La terra ti ha
spezzato le ali, ma ora che hai preso a volare per il più alto dei
cieli, non fermarti più, inebriati di quella pace che qui hai tanto
cercato, e se ti è possibile, appena hai un po’ di tempo per noi,
portaci un po’ di quella Pace.
Perché questa nostra regione, che
sta diventando sempre più un cimitero di giovani vite, torni a
diventare un giardino nel quale veder crescere i nostri fiori più belli.

da Libera.it

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