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La camorra a Parma solo una “sparata”?

Di Stefano Fantino il . Dai territori, Emilia-Romagna

Camorra a Parma. Per molti sembra ancora impossibile, assurdo, sconveniente. Eppure aldilà di timidi sentori a infrangere il tabù sono stati dati incontrovertibili: arresti, procedimenti giudiziari, relazioni delle distrettuali antimafia. La presenza dei casalesi, gli affari, il riciclaggio nella ricca Emilia è una realtà. Non per tutti però. Dopo la recente prima serata dedicata da Rai 3 a Roberto Saviano, qualcuno,nella città ducale, ha alzato gli scudi. Si, perché lo scrittore, durante la sua ricognizione sulla camorra non ha evitato di parlare di quelle zone, del centro nord, dove i casalesi fanno affari. Parma in testa. Suscitando alcune piccate risposte, come quella di Paolo Scarpis, prefetto di Parma. L’inquilino di palazzo Rangoni ha rilasciato una intervista al quotidiano “Informazione di Parma” dove liquida la questione in maniera perentoria: «sparate di una persona che abita a 800 chilometri da qui».

La città ducale infiltrata dalla camorra?

«Sono ‘sparate’ di una persona che sta a 800 chilometri di distanza, che ha visto Parma di passaggio – si legge nell’intervista a Scarpis – Durante una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica avevo chiesto al procuratore della Repubblica un resoconto di eventuali posizioni aperte nel parmense sentendo anche la Dda di Bologna e la Dia di Firenze: la risposta è stata “non ci sono indagini di questo tipo”. Il tentativo di allarmismo è quindi del tutto fuori luogo e se qualcuno è così convinto di saperne di più dei professionisti del settore, che si faccia avanti facendo nomi e cognomi».  

Eppure nelle relazione della Direzione Nazionale Antimafia non si lesinano passaggi importanti sulla presenza di infiltrazioni mafiose in Emilia, Parma inclusa. Nel documento del 2007 leggiamo che la presenza della camorra casalese include «anche professionisti ed imprenditori emiliani, responsabili della gestione dei canali di reinvestimento speculativo individuati in società impegnate nell’acquisizione di complessi immobiliari di ingente  valore ubicati soprattutto nella città di Parma (ad assumere rilievo nelle investigazioni tecniche effettuate dalla D.D.A. partenopea sono state soprattutto quelle conversazioni con le quali si predisponevano delle vere e proprie staffette di autovetture con affiliati scelti per il trasporto da Casal di Principe a Parma delle somme di danaro che venivano affidate ai soggetti parmensi utilizzati quali gestori fiduciari delle speculazioni in corso)».  

Senza dimenticare le inchieste giornalistiche che hanno portato alla luce gli interessi economici che i fratelli Zagaria avevano nella città ducale, grazie al lavoro di alcuni giornalisti dell’Espresso.
Oppure le dichiarazioni di alcuni magistrati, come Raffaele Cantone, che in una intervista ha recentemente parlato delle infiltrazioni camorristiche (leggi l’intervista): «Non credo che ci fosse una ragione specifica oltre ovviamente a quella della grande ricchezza dei possibili destinatari di interessi camorristici. Semplicemente a Parma i casalesi avevano un punto di riferimento, un imprenditore che poi è stato condannato in primo grado per associazione a delinquere di stampo camorristico, primo caso in tutto il nord Italia».

E anche la Commissione Antimafia della scorsa legislatura nella sua relazione conclusiva  parlando dei superboss casalesi Zagaria e Iovine indicava come gli stessi stessero  sempre più trasformando i loro gruppi in imprese con una capacità di controllo di interi settori economici interloquendo con l’imprenditoria e con le istituzioni anche di altre realtà non solo campane. La relazione rimarcava «l’importante attività di indagine conclusa dalla DDA con riferimento al gruppo Zagaria, che oltre a portare all’arresto dei tre fratelli del latitante e di numerosi affiliati, ha fatto emergere infiltrazioni nel Nord Italia, dove il clan aveva investito nel settore delle costruzioni fino ad arrivare a gestire un cantiere nella centralissima zona di via S. Lucia di Milano. Nell’indagine sono stati arrestati vari imprenditori, fra cui due immobiliaristi di Parma – di recente anche condannati per partecipazione ad associazione camorristica – e sequestrate varie società immobiliari tutte operative al Centro Nord. Il gruppo Zagaria, del resto, era risultato il gestore della distribuzione, in sistema di illegale monopolio, del latte per l’intera provincia di Caserta per conto di uno dei principali gruppi italiani in esso operanti».

A quanto pare la situazione non è proprio quella descritta da Scarpis, che in una intervista a Parma Tv ha poi parzialmente aggiustato il tiro precisando che in città ci sono realtà di criminalità organizzata ma non infiltrazioni di stampo mafioso, che presuppongono il controllo del territorio tramite infiltrazioni negli organi che lo governano: non gli risultano indagini di alcun tipo che riguardino mafia, camorra e ‘ndrangheta.

Le interrogazioni parlamentari

A dimostrazione del fatto che il problema è vivo, due interrogazioni parlamentari, una in Senato e una alla Camera, sono state inoltrate al ministero dell’Interno da parte di senatori e deputati emiliani affinché il ministro Maroni risponda sui metodi e le strategie per affrontare la problematica delle mafie al Nord, in Emilia nello specifico. In un incontro a Parma sono state oggi presentate dal Pd, che le ha promosse: la firma è dei senatori Solani, Pignedoli e Barbolini, e dei deputati Marchi, Motta, Ghizzoni e Miglioli.

Il ministro è chiamato ad esprimere, come leggiamo nel documento, «quale sia la valutazione  in  riferimento alla dinamiche di crescita della presenza e del radicamento delle organizzazioni mafiose nel Nord e nel Centro Italia», «quali siano le misure penali ed economiche con le quali […] contrastare questa crescita e, soprattutto […] sostenere le imprese locali, piccole e grandi, impedendo che la crisi economica o i vantaggi illegali le asservano ai criminali» e in conclusione «quali siano le iniziative […] per sostenere l’impegno istituzionale e civile delle città dell’Emilia Romagna, unitamente alla Regione,  e per aiutare le imprese, i commercianti, i cittadini a non avere paura e mantenere alta la fiducia nella legalità».

Nelle premesse all’interrogazione si fa riferimento a dati importanti che hanno evidenziato la infiltrazione mafiosa in Emilia e alla possibilità in questo periodo di crisi di favorire l’ingresso di capitale mafioso nei circuiti legali dell’economia regionale. Ad esempio, nel rapporto Sos Impresa del 2008 dove, mutuando una espressione già usata nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia  l’Emilia Romagna è stata definita  la “Gomorra del Nord” perchè  «Modena, Parma e Reggio hanno il triste primato per le proiezioni camorristiche legate al clan di Francesco Schiavone, che si sta localizzando a sostegno della penetrazione finanziaria nei mercati immobiliari e nelle imprese della regione».

I primi passi di Libera a Parma

Proprio in questi giorni a Parma sta prendendo corpo il coordinamento territoriale di Libera. «Siamo ancora agli inizi- racconta a Libera Informazione Giuseppe La Pietra, referente del comitato promotore- ma la città e la provincia tutta stanno rispondendo bene». Il percorso associativo ha già mosso i suoi primi passi e il 12 marzo le associazioni “storiche” che aderiscono a Libera (Agesci, Arci, Uisp) hanno effettuato un piccolo incontro che verrà replicato il 23 aprile dove sarà certa la presenza e l’adesione per un primo confronto di altre realtà locali. «Il dato più significativo è quello che ci arriva dalle persone-
continua La Pietra- vogliono essere informate e hanno voglia di strumenti per poterlo fare. Indicativi anche gli incontri che due scuole ci hanno chiesto per dare ai ragazzi degli spunti per approcciare questa tematica». E in un territorio come quello della provincia di Parma fanno ben sperare anche i contatti che aziende locali e cooperative hanno voluto intessere con la costituenda associazione: «cooperative e anche aziende vogliono dare una mano a Libera a Parma per veicolarne l’impegno e utilizzarne gli strumenti anche come risorse di formazione interna» conclude La Pietra.  Segno che la presenza mafiosa, sebbene subdola e poco appariscente, da qualcuno è stata notata. E ci si comincia ad attrezzare per non farsi prendere in contropiede.


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