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Dal Piemonte a Napoli
In viaggio contro le mafie

Di Simone Bauducco il . Dai territori, Piemonte

“Per amore
del mio popolo non tacerò”. Queste erano le parole di don Peppe Diana
stampate sulle magliette che 1400 giovani dal Piemonte hanno indossato
nel loro viaggio verso Napoli, sede della XIV giornata della memoria
e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia.

Tutto è iniziato
venerdì pomeriggio in uno dei luoghi storici di Torino: il teatro Carignano. Simbolo di
quella bellezza che è stata proprio lo slogan del 21 marzo. Dentro a questo
scrigno, tra specchi e luccichii, le istituzioni hanno salutato i ragazzi
in partenza, ma non solo: il “subsonico” Max Casacci ha presentato
il video “la mafia non paga la crisi”. Un clip sul narcotraffico
realizzato da alcuni artisti che girerà nei locali notturni della città
per sensibilizzare il popolo della notte sul legame mafia-cocaina. Sono tanti
i cittadini, giovani e non, che affollano la platea e i palchi del teatro.

Mai prima d’ora
una spedizione così numerosa tant’è che non è bastato un treno
speciale per contenere tutti i partecipanti, ma si è dovuti ricorrere
ad altri pullman aggiuntivi. Nessuno dei
ragazzi che è partito si trova lì per caso, ma ognuno fa parte di
realtà che percorrono sul proprio territorio gli stessi percorsi di
antimafia sociale seppur con modalità differenti. A far da padroni
di casa ci sono i presidi di Libera: una rete che abbraccia ormai tutto
il territorio piemontese e che lavora nelle scuole e non solo, cercando
di educare alla responsabilità.

Ci sono i collettivi
universitari, protagonisti della lotta contro il tentativo di distruzione
dell’istruzione pubblica, a difesa del diritto allo studio. Tra le cuccette
del treno, spuntano, poi, una marea di divise blu degli scout che ritornano
sulle strade della Campania per ricordare don Peppe Diana. Un uomo che
ha deciso di non voltarsi dall’altra parte e di non tacere. Si arriva a
Napoli alla mattina presto; la piazza di fronte al lungomare è ancora
mezza vuota. Nell’aria, il vento muove le bandiere di Libera con il
mare a far da sfondo. Col tempo iniziano
ad arrivare tutti: due navi dalla Sicilia, il treno da Milano, i pullman
da ogni parte d’Italia oltre alle migliaia di bambini e ragazzi delle
scuole campane.

Alla testa
del corteo, i famigliari delle vittime tengono lo striscione di apertura:
“l’etica libera la bellezza”. Una bellezza
che caratterizza il profondo azzurro del mare e l’imponente Vesuvio
che si erge sullo sfondo. Mentre il serpente
di persone si allunga sempre più lungo la costa, vengono scanditi nell’aria
i nomi delle oltre novecento vittime di mafia. 

Tra questi
c’è un ragazzo di Scampia Antonio Landieri. Da quando l’hanno
ammazzato con una raffica di mitra, suo cugino Rosario Esposito La Rossa
ha iniziato una dura lotta per ricordarlo e per cercare di migliorare
la propria terra. Così è nata Vo.di.Sca. – Voci di Scampia che lavora
con i ragazzi del quartiere. Volti e sguardi
che vengono narrati nelle pagine dei due libri che Rosario ha pubblicato. La sua resistenza
attraverso la scrittura è stata condivisa con i ragazzi del Piemonte
che sono andati a trovarlo più volte. Un legame che si manifesta anche
nella scelta dell’autore di destinare i proventi del secondo libro
alla ristrutturazione di una cascina confiscata a Volvera, in provincia
di Torino.

Oggi, sul lungomare
napoletano i ragazzi napoletani e piemontesi marciano gli uni affianco
agli altri, indossando le magliette con il volto di Antonio Landieri. Nel frattempo,
si abbandona la vista del lungomare e si entra nella gigantesca piazza
del Plebiscito. Quando la testa
del corteo arriva sotto il palco, la coda è ancora alla partenza. Sono
tantissime infatti le persone che hanno marciato sul lungomare per testimoniare
il proprio impegno nella lotta alla mafia. Da tutta Italia, da nord
a sud , perché nessun territorio puo’ sentirsi esente dal rischio
di infiltrazione mafiosa. Lo testimoniano
proprio le parole dal palco di Anastasia, una ragazza che ha deciso
di vivere in una cascina confiscata all’ndrangheta a San Sebastiano
da Po, in Piemonte: «L’edificio apparteneva alla famiglia dei Belfiore,
i mandanti dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia. Ora
il bene, intitolato a lui e a sua moglie Carla, è stato riconsegnato
alla comunità e presto inizieremo a coltivare nocciole e a produrre
il miele». 

Dopo di lei,
ecco le parole di uno dei ragazzi nigeriani di Castel Volturno; è in
piazza insieme a molti altri migranti per ricordare i sei compagni uccisi
lo scorso anno da un commando camorrista. I ragazzi,
poi, applaudono e ascoltano attentamente le parole di Ilya, il figlio
della giornalista russa Anna Politovskaya; è felice di vedere in piazza
così tante persone che lottano contro la criminalità organizzata,
«in Russia – dice – questa manifestazione non sarebbe permessa». Anna cercava
la verità e per questo è stata uccisa. Come lei, tanti altri giornalisti
hanno rischiano quotidianamente la propria vita. In piazza,
spunta la telecamera di Pino Maniaci, direttore di telejato, mentre
sul palco Roberto Saviano legge i nomi delle vittime di mafia. 

A concludere
la giornata sono le parole di don Luigi Ciotti. «Migliaia e migliaia
di persone sono qui oggi per un abbraccio alla citta’ – dice il presidente
nazionale di Libera – e’ un segno di attenzione a chi si impegna tutti
i giorni contro la criminalita’ organizzata. Oggi siamo qui per ripetere
che occorrono meno parole e piu’ fatti». I ragazzi di
Torino ascoltano e comprendono l’importanza di questi concetti. Torneranno
in Piemonte consapevoli che la giornata di Napoli non sia stata un punto
di arrivo, ma piuttosto un punto di partenza per l’impegno nel proprio
territorio. 

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