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0.11 Usura, l’economia delle mafie inodore

Di Norma Ferrara il . Umbria

E’ da anni diventato un affare altamente remunerativo, anche qui in Umbria. Ha caratteristiche pervasive e costanti. Colpisce individui singoli, imprenditori di piccole e medie imprese. Si tratta dell’usura, ovvero prestiti illeciti di denaro a tassi spropositati. Dietro molto spesso i soldi e gli uomini della criminalità organizzata che direttamente o indirettamente nelle regioni del centro Italia, hanno trovato un varco che consente loro di drogare l’economia legale.

“In Umbria il fenomeno usura è sicuramente più esteso di quanto le denunce e gli arresti dimostrino” – dichiarava qualche anno fa l’allora questore di Perugia, Gianni Carnevale, “una manovra che consente – commenta oggi il procuratore Fausto Cardella di riciclare anche il denaro sporco proveniente da attività illegali magari compiute in altre regioni”. E ancora oggi è così. “il fenomeno è diffuso in Umbria come in tutto il resto dell’Italia – dichiara Marcello Cozzi dell’ufficio di presidenza FAI”.

Alcune particolari occasioni come quella del post sisma possono poi averne accentuato i contorni. In quegli anni in molti hanno avuto accesso a crediti, alcuni a quello alternativo e gli indebitamenti ci sono stati, il ricorso ad altre fonti non legali, è ipotizzabile”. Negli ultimi quindici anni però l’Usura ha cambiato pelle, anche qui in Umbria. Gradualmente da terreno di “cravattai” come si chiamavano in gergo gli usurai, il prestito stozzino è diventato gradualmente  affare delle mafie, Camorra in testa.

A differenza delle altre manovre mafiose, l’ingresso attraverso l’usura delle organizzazioni criminali su un territorio è impalpabile, invisibile, inodore. Questo consente loro con il minimo rischio un massimo risultato. Talvolta anche imprenditoriale, laddove nel ridurre al lastrico un imprenditore oggi per le mafie si presenta l’opportunità di entrare in possesso dell’impresa della vittima di turno”. Sos impresa nel suo rapporto annuale calcola che il 36% dei ricavi sia in mano ai clan, e che ad essere colpiti da questo fenomeno siano ben 150.000 commercianti; in Umbria nel 2006 sono stati denunciate per estorsione 51 persone, solo 4 per Usura.

“Nel cuore dell’Umbria – si legge nel rapporto –  a Perugia, l’usura ha il volto perbene dei colletti bianchi, personaggi in vista che intrecciano legami usurai ed affaristici cementati dalla comune fede massonica. Nei piccoli centri di provincia, per vergogna e per evitare pettegolezzi, si preferisce approvvigionarsi tra gli anonimi palazzoni della capitale”. Così mafie e cravattari si incontrano nel mercato della domanda e dell’offerta messo in piedi nel back stage dell’economia e oggi – come conferma Marcello Cozzi – è in atto una nuova sfida: i clan campani ad esempio offrono oggi prestiti ad interessi molto simili a quelle delle banche, rivolgendosi anche a singole famiglie e individui.

Questo comporta un maggiore ingresso nel tessuto sociale e anche un maggior guadagno in termini complessivi per l’organizzazione. Con un margine così diventa difficile anche per gli inquirenti scoprire queste infiltrazioni, tanto più che come conferma Ugo Antinolfi, volontario della Fondazione Antiusura di Perugia, su cento assistiti sono tre decidono di denunciare. E questo perché “in molti hanno paura”. La difficile situazione in cui versa l’Umbria sotto l’aspetto del contrasto all’usura e della diffusione del fenomeno criminale è data anche dagli ultimi episodi di cronaca.

La stessa Fondazione che da anni si occupa di fare tutoraggio delle vittime, di assistere le famiglie in difficoltà ma soprattutto di fare prevenzione e informazione sul fenomeno, pochi mesi fa si è trovata al centro di uno scandalo finanziario e giudiziario. Una collaboratrice della Fondazione ha provocato un ammanco di danaro dai fondi della Fondazione – che come ricorda Ugo Antinolfi –  “da 5 anni non è più finanziata da contributi statali”.

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