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Fra i compiti di Zavoli quello di non farci ripiombare in un’altra “notte della Repubblica”

Di Roberto Morrione il . Istituzioni

Sergio Zavoli per gli italiani è la memoria di grandi inchieste
televisive e innumerevoli interviste, di libri che hanno affrontato i
problemi della vita, di una calda voce che descriveva  i momenti
memorabili del Giro d’Italia e del Tour, quando il ciclismo  non era
contaminato dal doping. Un intellettuale che fu amico di Fellini,
espressione di una Romagna alla Zavattini, dai sentimenti schietti
aperti al mondo e attenti all’uomo. Un giornalista di razza della
generazione dei Biagi, dei Montanelli, dei Bocca, che ha pochi eredi in
un’epoca dell’informazione livellata sul mercato e a modelli più
modesti, in un’Italia troppo diversa.

Per noi, che abbiamo
vissuto dall’interno della Rai tante vicende e battaglie , gran parte
delle quali a fronte di un improprio dominio politico, però senza
rinunciare mai alla ricerca delle vere ragioni del servizio pubblico,
un modello professionale, uno stile, la capacità di rapportarsi  alla
società, di trovare la sintonia giusta per accrescere la capacità
critica e la memoria degli ascoltatori. Zavoli ha saputo in complesse
stagioni gestire uno dei vertici della Rai con dignità e l’autonomia
parziale che la morsa della politica consentiva, acquisendo una reale
conoscenza della macchina e delle sue possibili rotte fra i conflitti
di potere,  le spartizioni degli incarichi che hanno sempre segnato
l’uso crescente e improprio che del servizio pubblico è stato fatto
dopo l’imperfetta riforma del ’75.

Di questa saggezza temprata
sul campo Sergio Zavoli avrà uno straordinario bisogno, considerato il
quadro deprimente dal quale è emerso il suo nome, avanzato da Walter
Veltroni con uno scatto di reni che ha attinto il suo nome da un’antica
conoscenza e da una sincera identificazione con le possibilità di
sopravvivenza del servizio pubblico in un mercato dominato dal
conflitto d’interessi e dalla divorante arroganza del premier. Non si
può peraltro sottacere come da questo lungo braccio di ferro siano
emersi fattori estremamente inquietanti, dall’aggressione della
maggioranza che ha capovolto consuetudini parlamentari e diritti
dell’opposizione, con uno stile d’impronta vetero-sudamericana, fino
alla debolezza intrinseca dimostrata dalla stessa opposizione e in
particolare dal PD.

Non tanto per la conduzione delle
trattative, che l’aggressione da parte del premier, mascherato dietro i
suoi fedelissimi, ha reso di fatto obbligata, ma per avere dimostrato,
con la vergognosa disponibilità e la figura stessa del senatore
Riccardo Villari, quanto sia paurosamente carente il meccanismo di
selezione del personale politico del nuovo Partito Democratico e ampie
le divisioni interne al suo gruppo dirigente.

Privi come
siamo di una legge elettorale democratica, dal caso De Gregorio a
quello di Villari, il Paese vive ancora una volta, in forme diverse e
egualmente preoccupanti, la legge non scritta del voto di scambio e del
distacco fra le esigenze del territorio, i problemi drammatici dei
cittadini, i  meccanismi dei partiti, di cui la Rai  è come sempre lo
specchio. Impaniati nella legge Gasparri, che dominerà ancora la
formazione del Consiglio di Amministrazione della Rai, questa vicenda
dimostra quanto sarà duro e difficile il compito del Presidente della
Commissione di Vigilanza e irto di ostacoli il funzionamento
dell’intero sistema audiovisivo.

Sergio Zavoli ha certo
l’esperienza e la caratura giuste per intervenire con pluralismo e nei
modi corretti, ma non dovrà dimenticare che il servizio pubblico, oggi
non solo sul baratro ma oggetto delle mire di totale egemonia di chi si
sente onnipotente, può attingere la sola possibile forza nei contenuti
e nel rapporto con il territorio. La Rai, cioè coloro che saranno
scelti per dirigerla, può sopravvivere solo con un cambiamento
sostanziale di qualità, di modelli, di linguaggio, aprendo i suoi
programmi ai problemi reali degli italiani e del mondo.

Fra le
sue memorabili inchieste, Sergio Zavoli ha affrontato “la notte della
Repubblica”, documentando il dramma, ma anche la resistenza al
terrorismo e all’eversione anticostituzionale. Oggi e domani, per
quanto di sua responsabilità e competenza, dovrà cercare di evitare che
sulla Rai, quindi sul Paese, avanzi una seconda “notte”, più
strisciante, ma ancora più scura e pericolosa.

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