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La mafia fattura 130 miliardi di euro. Lo rivela un rapporto di Sos Impresa. In crescita il settore dell’usura

Fonte Ansa il . Lazio

Con un fatturato di 130 miliardi di euro e un utile che sfiora i 70 miliardi la mafia ‘spa’ minaccia l’economia del paese, indebolita dal difficile momento che sta vivendo. I dati sono contenuti nel rapporto di Sos Impresa ‘Le mani della criminalità sulle imprese’, giunto alla sua undicesima edizione, che vuole offrire una panoramica più ampia su tutte le attività illegali delle organizzazioni mafiose. Lo scopo è quello di evidenziarne la potenza finanziaria, la grande liquidità di denaro disponibile e, di conseguenza i rischi che ne derivano per l’economia italiana, e non solo, in questa particolare, difficile congiuntura economica.

Il solo ramo commerciale della criminalità mafiosa e non, che incide direttamente sul mondo dell’impresa ed è oggetto specifico della ricerca, ha ampiamente superato i 92 miliardi di euro, una cifra intorno al 6% del pil nazionale. Ogni giorno una massa enorme di denaro, si sottolinea nel rapporto, passa dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori italiani a quelle dei mafiosi, qualcosa come 250 milioni di euro al giorno, 10 milioni l’ora, 160 mila euro al minuto.

Il Rapporto analizza il peso crescente della cosiddetta mafia imprenditrice, ormai presente in ogni comparto economico e finanziario del sistema Paese, e si sofferma ampiamente sui settori di maggiore spessore criminale, sia per quanto riguarda l’attività predatoria, rappresentate dal racket delle estorsioni e all’usura, sia per quella del reinvestimento, con particolare attenzione, oltre al commercio e al turismo, all’industria del divertimento, alla ristorazione, agli autosaloni, al settore della moda e persino dello sport, ai comparti dell’intermediazione e delle forniture.

 Il settore maggiormente in crescita è quello dell’usura. Questo reato segnala un aumento degli imprenditori colpiti, della media del capitale prestato e degli interessi restituiti, dei tassi di interesse applicati, facendo lievitare il numero dei commercianti colpiti ad oltre 180.000, con un giro d’affari che oscilla intorno ai 15 miliardi di euro. In Campania, Lazio e Sicilia si concentra un terzo dei commercianti coinvolti.

Preoccupa anche il dato della Calabria il più alto nel rapporto attivi/coinvolti. La Campania detiene il record degli importi protestati (736.085.901 euro) seguita dalla Lombardia e dal Lazio. Il Lazio e’ invece in testa alla classifica per numero dei protesti lavati. Lo stesso Lazio (5,34%), la Campania (4,46%) e la Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto numero di protesti in rapporto alla popolazione residente.

Napoli è la città nella quale lo scorso anno si sono registrati più fallimenti (7,2%) che rappresenta il 15% del totale nazionale. Tutti sintomi di una fragilità e debolezza che colpisce innanzitutto i negozi, grandi o piccoli che siano.

Alle aziende coinvolte vanno aggiunti gli altri piccoli imprenditori, artigiani in primo luogo, ma anche dipendenti pubblici, operai, pensionati, facendo giungere ad oltre 600.000 le persone invischiate in patti usurari, a cui vanno aggiunte non meno di 15000 persone immigrate impantanate tra attività parabancarie ed usura vera e propria.

Di altro segno il racket delle estorsioni, dove rimane sostanzialmente invariato il numero dei commercianti taglieggiati con una lieve contrazione dovuta al calo degli esercizi commerciali e all’aumento di quelli di proprietà mafiosa. Cala anche il contrabbando, in parte sostituito da altri traffici. Mentre cresce il peso economico della contraffazione, del gioco clandestino e delle scommesse.

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