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“Nel Lazio è l’ora dei boss locali”

Di Alessio Magro il . Dai territori, Lazio

La Quinta mafia l’ha vista crescere,
l’ha vissuta e l’ha combattuta. Antonio Turri, referente di Libera
per il Lazio è un profondo conoscitore della criminalità organizzata
attiva nella regione. 

La ’ndrangheta nel cuore economico
della Capitale. Ennesima conferma della pervasività
della mafia calabrese?

“La ‘ndrangheta, i clan della
camorra, i clan siciliani, la mafia cinese, la mafia russa e tutte le
mafie etniche investono i loro immensi capitali nel mercato globale,
in tutti i settori economici. E’ del tutto fuorviante ritenere che
le mafie non siano interessata a Roma e al Lazio, ai  grandi mercati
legali ed illegali della Capitale. Il sequestro a Roma di un noto ristorante
del centro storico fa seguito alle decine e decine di beni immobili,tra
cui negozi e capannoni industriali, già definitivamente confiscati
nella capitale e nella regione a ‘ndrine calabresi. Molti esponenti
di spicco della mafia calabrese risiedono da anni nel Lazio. Alcune
di queste famiglie possiedono intorno la Capitale aziende agricole con
centinaia e centinaia di ettari di terreno e riciclano denaro sporco
in particolare nel ciclo del cemento,del commercio, del turismo e nel
settore degli appalti pubblici”.  

Un ristorante in pieno centro, la
vicenda di via Veneto, i colletti bianchi attivi
a Roma, ma quanto in alto e quanto in profondità arrivano le cosche
calabresi?

“La ‘ndrangheta si è infiltrata 
nella società laziale non solo a livello economico. A Nettuno, a pochi
chilometri dal centro di Roma, il comune è stato sciolto per infiltrazioni
mafiose a causa del pesante condizionamento della ’ndrina dei Gallace-Novella.
A Fondi, centro nazionale del commercio ortofrutticolo legato saldamente
alla Capitale, è in corso la procedura per lo scioglimento, avviata
su impulso del prefetto. Da mesi le Dda laziali e campane si occupano
di quel Comune, che sarebbe infiltrato da elementi della ‘ndrangheta
stabilmente residenti in quell’area, fortemente legati ad esponenti
di spicco dell’economia e della politica regionale e nazionale. Roma,
dunque, è l’obiettivo dei clan e non solo dal punto di vista economico”.

3. Il ristorante era frequentato da
alte personalità, uomini della politica, dell’estabilishment. È
un caso, è una zona grigia?

“Il fatto che le ‘ndrine si insedino
a Roma, a pochi passi dai palazzi del potere, con un’attività di
ristorazione rende bene l’idea di quanto conti per le mafie stare
a stretto contatto con l’estabilishment della politica e dell’economia.
Sarebbe importante, a mio avviso, avviare  indagini patrimoniali
che svelino le reali partecipazioni societarie nelle proprietà dei
grandi complessi alberghieri. Chissà cosa si  scoprirebbe…”. 

Che tipo di rapporti si sono instaurati
tra calabresi e campani a Roma e nel Lazio?

“Gli affari per i clan mafiosi a
Roma e nel Lazio sono cosi consistenti che, al momento, non c’è il
pericolo di grandi contrasti. Anzi si collabora e ci si spartisce l’influenza
su questo o quell’altro mercato legale o illegale che sia. Tra l’altro,
il 30 marzo di quest’anno sulla via  Appia, a pochi chilometri
da Roma, nel comune di Cisterna, un commando sparò con dei kalashnikov
cercando di uccidere un commerciante di origine campana. La polizia
subito dopo arrestò i probabili autori del fatto che risultarono appartenere
alcuni a clan casertani, altri a ‘ndrine calabresi. Una sorta di collaborazione
militare difficilmente riscontrabile in altri territori. Sono elementi
che devono spingere a riflettere”. 

Come si legano gli affari romani alla
strage di Duisburg?

“Poche settimane dopo la strage
di Duisburg la Dia di Reggio Calabria arrestò nelle campagne delle
città di Nettuno ed Aprilia un uomo ed una donna, con l’accusa di
essere stati gli armieri ed i complici degli autori materiali degli
omicidi in Germania”. 

E’ difficile prendere alle mafie?
E quanti sono i beni che sfuggono al controllo?

“La magistratura e le forze di polizia,
nonostante le scarse risorse, tentano di arginare l’invasione di capitali
mafiosi. Ma senza capillari indagini patrimoniali sul flusso dei capitali
in settori chiave come quello del ciclo del cemento, del mercato finanziario
e del commercio, sarà difficile risalire alla reale consistenza del
fenomeno e procedere ad un suo contenimento. Sarebbe necessario, ancor
prima che reprimere, favorire l’emanazione di norme legislative che
prevedano una “tracciabilità” dei capitali impiegati nell’economia
legale. Si deve chiedere conto a chi investe. Spesso, per svelare la
rete dei prestanome, basterebbe imporre l’obbligo di presentare una
semplice dichiarazione dei redditi. E non lo si fa. 

Si sente ancora dire che a Roma le
mafie passino e non si fermino. Ma i dati giudiziari
gistificano l’uso della definizione “Quinta mafia”. A questo punto
come commentare? 

“Nel Lazio siamo, a mio avviso,
oltre il livello di infiltrazione e radicamento delle cosche. Il pericolo
vero sembra essere al momento rappresentato dalla gemmazione di mafie
autoctone composte in prevalenza da nostri corregionali. Questo tipo
di conclusione è purtroppo confermata dal fatto che  politici,
imprenditori e faccendieri, arrestati o indagati per reati di mafia
nel Lazio, vedasi i casi di Nettuno e Fondi, sono in prevalenza elementi
locali, rispetto a mafiosi “d’importazione”. E spesse volte i
primi rivestono  ruoli da boss”.

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